I libri a loro dedicati ([3]) sono difficili da reperire, e a che prezzo poi?
E allora “a studiare!” Bela e Walter Gropius ([5]), ché non siamo mai stati pigri o apatici.
mia copia originale del singolo del Fan Club (fronte di copertina tutto nero) |
I Bauhaus
rischiano l’estinzione, per lo meno visuale.
I due DVD
ufficiali commercializzati tempo fa hanno una qualità audio e/o video al limite
del sufficiente. Mi chiedo se non sia possibile un loro restauro.I libri a loro dedicati ([3]) sono difficili da reperire, e a che prezzo poi?
Certo sto
occupandomi di artisti in ambito musicale, ma l’aspetto visuale è
oggettivamente confermato sin dall’ispirazione del loro nome, mentre i loro
riferimenti d’esibizione dal vivo sono, come da loro ribadito (sebbene in
posizione quasi ossimorica rispetto all’essenzialità dei riferimenti alla
scuola germanica, nata a Weimar, ispiratrice) anche fonograficamente, taluni
capisaldi glam che richiedono non
solo orecchie ma anche occhi per apprezzarli appieno.
C’è questo
piccolo mistero: perché io e Daniele dobbiamo contattarci telefonicamente quella
sera mi pare a cavallo fra 1981 e 1982? Non ricordo proprio.
Rammento, però,
che è una mia telefonata proficua ([4]). Argomento
della conversazione il fan club, o meglio il materiale del fan club gestito
dalla sempre paziente Stella Watts.
Un fattore
cruciale e scriminante nella musica dal punk in poi è il seguente: se l’artista
si conosce attraverso il singolo di esordio oppure a motivo del successivo
album.
Per i Bauhaus il
problema non mi si pone, poiché me li fa conoscere Daniele e, quindi, assommo
(e compro) i formati vinilici nei primi mesi del 1981: questo dettaglio è
certo, perché a Bologna, all’ex Manifattura Tabacchi, arrivai al concerto di
luglio (venerdì 17, per i superstiziosi) con tutte le dotazioni del caso: non
poche.
Nove minuti e
oltre di “Bela Lugosi’s Dead” sono l’esordio indelebile.
Sorta di
contraddizione in termini, convivono le linee nette promesse dalla ditta
musicale del quartetto di Northampton con gli svolazzi gotici della loro
celebrazione del Principe delle tenebre ematiche (o meglio del suo massimo
interprete).E allora “a studiare!” Bela e Walter Gropius ([5]), ché non siamo mai stati pigri o apatici.
Ma poi si vira di
formato, abbandonando il 12” ,
con il per me (anche oggi) cruciale dialogo fra amore ([6]) e –
al finale ultimo fra loro congiunte – morte di “Dark Entries”: non più liquido
cadere bensì urlo accelerato avvolto in quella copertina la cui tinta di fondo
è inequivocabilmente il colore del sangue secco.
Immacolata è,
contraddittoriamente, la tela a sette pollici di “Terror Couple Kill Colonel”, dove la band si avvale di un piccolo fatto di
cronaca quale fonte di ispirazione.
Tralasciando le
varianti più o meno rare dei singoli, in ottobre del 1980 si arriva all’album di
debutto: In The Flat Field che non
contiene alcunché di déjà entendu, proprio come si faceva (o
si doveva fare? ([7])) ai tempi del punk.
Un disco che
dimostra una raffinatezza di potenza assolutamente inequivocabile e
inconfondibile, tale da rendere povera e senza scopo la muscolarità dei
contemporanei Killing Joke.
È quindi
inevitabile la diaspora dei delusi ascoltatori (e non fedeli seguaci) di basso
rango, i quali non si ritrovano nel successivo percorso artistico, davvero
eclettico, dei Bauhaus: non che sia tutto oro quel che riluce, ma fermarsi al
primo ostacolo non giova.
Ecco quindi che –
volutamente io abbandono la cronologia – anche solo sforzarsi su “un” Antonin
Artaud non è mai energia sprecata, mentre i croon-ismi
dedicati all’uccisione del Signor Chiarodiluna (ammiccamenti futuristici,
anche?! Oppure hanno letto l’episodio di Ranxerox con Mister Volare?)
anticipano future strade (Love And Rockets ([8])).
Al solito io mi
fermo su quel manifesto dudovich-iano (oltre che bowiano) dai colori caldi eppur tenui che è l’impenetrabile
“King Volcano” dai tratti, inevitabili, del miglior incrocio fra Mangiafuoco e
Nettuno.
Anche oggi, in fondo “all we ever wanted was everything” ([9]).
Steg
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pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore.
[1] Da molto tempo avevo
voglia di riscrivere la mia visione a proposito di questa band.
Il primo post si intitola “Bauhaus: considerazioni su una band e oltre”.
Ovviamente, esiste una sorta di gioco di parole, posto che inizialmente si chiamavano Bauhaus 1919.
[2] Non so se questa serie avrà un seguito. Il suo titolo si riferisce a una canzone dei Roxy Music: “Re-make/Re-model” contenuta nel loro album d’esordio, omonimo.
Se un pittore può
interpretare più volte un tema, perché non dovrebbe essere possibile anche in
ambito di scrittura? Il primo post si intitola “Bauhaus: considerazioni su una band e oltre”.
Ovviamente, esiste una sorta di gioco di parole, posto che inizialmente si chiamavano Bauhaus 1919.
[2] Non so se questa serie avrà un seguito. Il suo titolo si riferisce a una canzone dei Roxy Music: “Re-make/Re-model” contenuta nel loro album d’esordio, omonimo.
[3]
Essenzialmente due: quello di di Ian Shirley, Dark Entries - Bauhaus And Beyond, e quello di Andrew J Brooksbank,
Bauhaus: Beneath The Mask.
[4] Dalla
cabina di un ristorante ben noto (non alla moda) di Milano: Romani (o Tre
stelle da Romani) in una traversa di Corso Sempione.
[5] Scoprendo
che quel Mies van der Rohe di cui ti parlava al liceo l’architetto Ivo
Ceccarini ti aveva, in fondo, già reso angolare e non allineato.
Questa probabilmente ha il
premio come nota più personale del blog,
molto bene.
[6] In
quanto è la sintesi di come vedo un rapporto amoroso leale: il reciproco
abbattimento del proprio “orgoglio scudato” (“shielded pride”, appunto) per vedere con reciproca fiducia il
proprio lato oscuro (“until exposed
became my darker side”: in una prosa piuttosto barocca per la Lingua del
Bardo).
[7] Sex
Pistols, The Clash e Damned, infatti, tutti volenti o nolenti non offrirono un
primo (o unico) album così.
[8] Con
tutto il fumetto che ne consegue, vero?
[9] Strofa e titolo di una loro canzone. E poi anche titolo di un mio post: https://steg-speakerscorner.blogspot.com/2019/02/e-pensare-che-non-volevamo-alcunche.html.
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