“AIN’T IT FUN”
(Song series - 1)
Ho capito che
non sarei mai – non solo “stato”, ma nemmeno – diventato “uno dei molti” quando
ascoltai “Ain’t It Fun” nella versione originale, quella di Peter Laughner, “dedicated to” Jane Scott ([1]).
La sua struttura
parzialmente anaforica quasi costringe ad un ascolto del testo molto attento,
ascolto spesso non naturale quando la lingua delle liriche non è quella natia.
Poi (poi non in
senso assoluto bensì meramente soggettivo e percettivo) sono arrivate le altre
interpretazioni: quella prima e definitiva dei Rocket From The Tombs
(inizialmente in vinile ([2]) e
poi in CD); quella che già giaceva nella mia discoteca dei reietti e vituperati
Dead Boys (a quando la loro revisione e – con scuse – reintegrazione?); infine
la inevitabile, se non la vuoi conoscere è un tuo problema, pia ma non pietosa,
scolastica (appunto: “bambini cantiamo
insieme la vita schifa che ci spetta”), cignesca (morte del), rilettura dei
Guns ‘n’ Roses nel loro mai abbastanza laudato per le finalità caritatevoli ([3])
album The Spaghetti Incident.
No, divertente
non è. Non lo sarà mai.
Steg
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[1] L’aneddoto
curioso, forse macabro, è il seguente: Jane Scott (May 3, 1919 – July 4, 2011),
ovvero il ventenne Peter dedica la canzone a una signora che potrebbe essere la
sua prozia.
[2] Diligentemente
avevamo annotato quanto “ci” scriveva Clinton Heylin, il Sapegno del punk
statunitense, nella discografia consigliata: roba per profanatori di sepolcri,
appunto, altro che consigli per un presente natalizio.
[3] Come
spesso annoto: “guadagna chi scrive, non
chi suona”.
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