"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



giovedì 16 maggio 2019

HAMBURGER E ALTRO (Steg about Steg Series - 1)



HAMBURGER E ALTRO
(Steg about Steg Series - 1)

Titolo decettizio per questo primo post, inizio di un tentativo di una autobiografia per temi.
Nello specifico, qui è Londra estate 1978.
Ma gli hamburger mi sono balzati alla mente quando ai primi di maggio 2019 mi si è stretto il cuore vedendo che a breve apriranno un “certo” locale vicino a Piccadilly Circus, mentre sul legno delle palizzate si invitano i turisti a visitare “the original”. Durerà l’originale?


Steg Question: come arrivi a Londra nel 1978?
Steg Answer: con un diploma di maturità in tasca, 49/60 al Liceo Scientifico Alessandro Volta. Ma soprattutto con le stimmate del punk, lasciatemi l’estate precedente dal mio soggiorno a Edinburgh e qualche puntata a Londra; però i famosi quattro singoli in valigia li avevo comprati tutti nella capitale delle Higlands: esordio de The Rezillos “I Can’t Stand My Baby”, “Something Better Change” di The Stranglers, “Prove It” dei Television – in vinile verde formato 12”, “God Save The Queen” dei Sex Pistols ([1]).

SQ: e dopo quei quattro singoli?
SA: Beh a memoria arrivarono primo e terzo singolo dei Sex Pistols, sicuramente “White Riot” di The Clash, “New Rose” di The Damned, … e a seguire gli album che si trovavano e compatibilmente con i propri budget ([2]).

SQ: tornavi a Londra dopo circa un anno?
SA: non esattamente: ero stato di nuovo là a novembre 1977 (un lavoretto di accompagnatore che mi fruttò abbastanza sterline per tornare con in valigia altri singoli e altri album comprati una mattina allo HMV di Bond Street e al Virgin di Marble Arch ([3])); poi di nuovo dopo il Natale del medesimo anno: partii imbottito di Aspirina (influenza mai dichiarata in famiglia) e tornai con anche fanzine e due libri “sul” punk, i primi due quelli di Caroline Coon (prima, e dico prima) edizione e di Julie Davis (una unica edizione) nonché con sulla schiena la scimmia della visita per il servizio militare ([4]).  

SQ: dunque parti a testa alta e…
SA: “e” niente di preciso: concerti cui assistere, dischi da comprare, fanzine da scovare e quellibrido editoriale fantastico che era Zigzag; una lista di negozi e di indirizzi di “etichette” ([5]).
Tutto in base alle nostre “Baedecker” (Record Mirror in Italia non ha mai avuto grande presa): New Musical Express e Melody Maker. Sounds era meno “affidabile” diciamo così e tre settimanali incidevano su quante sterline avevamo in tasca.
Ma soprattutto, io avevo diligentemente conservato gli inserti della NME Guide comparsa nei numeri faticosamente recuperati nei mesi a precedere: divisa per argomenti, forse ispirò addirittura quelle di Time Out (ancora a venire, credo), rivista settimanale che magari in una occasione anche comprai.

SQ: e gli hamburger?
SA: ecco in quella guida compariva il nome di un locale che in Italia non conosceva quasi nessuno, e ancora nell’estate 1984 ([6]) lo feci scoprire agli amici milanesi. Lo Hard Rock Cafè.
Da soli si mangiava al banco, e sopra le teste nostre e delle cameriere (le due più famose Rita e Regina: rispettivamente la più brava e la più bella) stavano le due insegne di una impresa di pompe funebri ([7]).
Quell’estate, o ci arrivavi in taxi (certo non io) oppure dovevi quasi scoprirlo, per la semplice ragione che l’indirizzo civico non era proprio evidente rispetto alla sua ubicazione.
Dopo la prima volta, decisi che potevo permettermelo una volta ogni 7-10 giorni; menu sempre il medesimo: hamburger (cheese o bacon-cheese) e, in alternanza, o pannocchia di antipasto oppure apple-pie di dolce, Coca-Cola o birra, fra le 3,50 e le 4,00 Sterline. Insomma il doppio circa di una catena dove altrimenti mi cibavo ([8]).
Un altro mondo, sebbene di punk sound nemmeno l’ombra.

SQ: mentre il cosiddetto “altro”?
SA: beh, materiale per post separati in certi casi, a partire dal concerto di Siouxsie and the Banshees allo Edinburgh Clouds ([9]). Tornai decidendo che avrei avuto le registrazioni di tutti i loro concerti: non fu così, ma mi applicai abbastanza alla materia, direi.
Un altro concerto cui sono molto affezionato fu quello de The Slits al Music Machine di Mornington Crescent, ancora con Palmolive alla batteria. Incontrai prima degli Svedesi e, mesi dopo, mi inviarono una foto scattata dalla galleria: in prima fila ci sono anche io, le mani aggrappate al palco.
Ma le sorprese non mancavano: andai a vedere The Rezillos ([10]) e per loro apriva The Human League ([11]).





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[2] Quelli che dicono di avere dal 1976 l’album di eponimo esordio dei Ramones raccontano qualche storiella, a meno che non si chiamino Maurizio Bianchi, forse.
E quelli che lo hanno dal 1977 si chiamano Paolo Mazzanti e Klaus e forse Daniele Petrini.
[3] Il primo dei due credo sia stato l’ultimo negozio di musica a chiudere lungo Oxford Street.
[4] La seconda mi lasciò a maggio 1978, mentre preparavo la maturità.
[5] Ringrazio Paolo Mazzanti per qualche dritta, ricambiata con Damned memorabilia.
[6] Già a dicembre 1979 le code cominciavano a divenire quasi critiche.
[7] Quelle con “Love all/serve all” arrivarono anni dopo.
[8] I pub con cibo, diverso da crisp e noccioline, erano molto di là da venire.
[10] Nel frattempo era uscito il loro album di esordio: copia autografata, al Virgin di New Oxford Street, se ben ricordo.