"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



venerdì 31 agosto 2012

PERLE MEDIATICHE 9 – IL PUNK NON È APPROSSIMAZIONE

PERLE MEDIATICHE 9 – IL PUNK NON È APPROSSIMAZIONE
 
Una ala del punk è nota come “DIY”, cioè do it yourself: fallo da solo.
Nessuno si permetterebbe di criticare la fanzine di Mark P., Sniffin’ Glue, per un errore: era il 1976, i PC (e i Mac) non esistevano come prodotto di massa, e a parte lo sbaglio tipografico (sempre in agguato) le informazioni non abbondavano.
36 anni dopo è diverso.
Quindi oggi se sbaglio: non ho ricontrollato, magari non ho in precedenza verificato, chi mi pubblica ci mette anche la sua di faccia.
 
Chi pensa che il punk sia approssimazione, si sbaglia di grosso: chiedete ad Adam Ant o a Siouxsie Sioux.
 
Ecco perché sono rimasto molto male quando ho letto, su una pagina Facebook, le note di copertina dell’inserto – aggiunto – allo split album Jumpers/198X, intitolato Palach Memorial, che quindi si sommano alle note di copertina originarie (quelle definitive sono in questo blog).
Le note dell’inserto sono scritte da Tony Fischer, ma evidentemente la faccia ce la mette anche chi ha pubblicato il fonogramma e dette note, cioè Rave Up Records.
Preciso che non sto criticando il contenuto di queste seconde note, ma confuto due informazioni ivi riportate.
 
Innanzitutto mi trovo Jan Palach dato per morto nel 1968 ([1]): non 19 gennaio 1969 come è in realtà (e scritto nelle mie note, anche).
 
In secondo luogo, Francesco D’Abramo viene, more solito, descritto come a metà fra un santo e il John Peel milanese.
La verità è che lui (D’Abramo) avrebbe potuto, se avesse voluto, contribuire a rendere più ricco (e quindi vivo) ciò che oggi è disponibile in termini di registrazioni audio dell’epoca.
Nessuno è mai riuscito ad avere da lui copia delle registrazioni audio che realizzava ai concerti. Mi fermo qui. Non sarà una colpa, ma certo nemmeno un merito ([2]).
 
Questo è quanto, per la precisione, sia essa punk o meno.
Per una cronaca milanese che diverrà storia, così come per una storia che non deve essere distorta.
 
 
                                                                                                                      Steg
 
 
 
© 2012 Steg, Milano, Italia.
Tutti i diritti riservati/All rights reserved. Nessuna parte di questa opera e/o la medesima nella sua interezza può essere riprodotta e/od archiviata (anche su sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/od archiviata per il pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso scritto dell’autore.
 


[1] Non mi pare un errore tipografico: l’impressione è che sia trattato da casualty dell’occupazione militare sovietica.
[2] Anche Clinton Heylin si lamentava di qualcuno che “sedeva” sopra una montagna di registrazioni realizzate al CBGB’s all’inizio della scena punk newyorkese. Evidentemente, è una sorta di tic diffuso.

mercoledì 29 agosto 2012

NICO (or how fans are – mostly – still the same as thirty years ago and worth very little)

NICO
(or how fans are – mostly – still the same as thirty years ago
and worth very little)
 
Today, it’s 2012 not 1967, I’ve been hit by another sad truth: fans are still just fans, most of them are worth very little.
This is not something new, to be honest, but I thought times changed (for better). The late John McGeoch told me not to bother about Siouxsie and the Banshees average fans, while we were leaving on a van the London Hammersmith Odeon: it was the summer of 1981, we were heading for the Cunard Hotel where it would’ve been held the “End of the Ju-ju Tour party”.
 
So they are releasing a 6 discs “super deluxe edition” of The Velvet Underground & Nico album in two months time.
You check the web for reviews and further information about this boxed set (you know I am not very happy about this never ending deluge of expensive editions of records we already own sometimes in multiple copies and formats) and you find almost insulting words for Nico. Sad and stupid opinions.
 
Nico opened for Siouxsie and the Banshees during the autumn tour of 1978. She opened for Bauhaus too, in October 1981.
Nico acted in La dolce vita: you fans like “blindly” Federico Fellini (I don’t).
Nico had the guts to have relationships, inter alia, with Iggy Pop (you fans may not like him) and with Jim Morrison (you fans probably liked him).
 
You average fans of Velvet Underground are just fans.
You fans maybe do not even know what were Nico’s relationships with “saint” Lou Reed and “I do not like him but have to kneel before him” John Cale.
 
You fans behave just like Alain Delon, who had a son with Nico but not the guts to legally acknowledge him – Ari – his son.
 
You fans, little janitors of pretentiousness.
 
I do not believe that such little and selfish people will get better.
So they can just stay within their little world, in which Velvet Underground were a boy band (Moe Tucker notwithstanding).
 
 
                                                                                                                      Steg
 
 
 
© 2012 Steg, Milano, Italia.
All rights reserved/Tutti i diritti riservati. No part of this work and/or the same in its entirety can be reproduced and/or filed (including by means of electronic systems) for private uses and/or reproduced and/or filed (including by means of electronic systems) for the public without previously obtaining in each and any case, the explicit consent from the author.

 

lunedì 27 agosto 2012

TONITO MEMORIAL (To live and die in Milano – note sul punk e oltre)


 

bella foto, non in posa, di ignota provenienza che daterei intorno al 1980 (fine?)

 


TONITO MEMORIAL
(To live and die in Milano – note sul punk e oltre)

 

 

1. Ragioni di un tributo.

Ci sono le persone che nella vita ti segnano: spesso sono quelle frequentate poco, e così esse mantengono un’aura inscalfibile che invece è negata a coloro che sono l’abituale, o anche il solo soventemente, incontrare.
 

Nel novero di questi pochi che per sempre si ricorderanno, è la regola che si tratti di persone ammirate, anche invidiate.
Difficile eccezione è invece quando negli scranni più alti della memoria siedono, fra le altre, figure oscure o comunque figure che non rientrano (più? ([1])) nella norma, la cui alterità non è però (come invece si “dovrebbe fare” per non rischiare) respinta da chiunque.

 

Io vedo i giovani di oggi, e sono ormai tutti come quelli che venticinque anni fa o giù di lì si “facevano il codino” di capelli: per me sono indistintamente impiegati-del-piercing, travet-del-mohawk, tatuati-a-reddito-fisso. Trasgressione dopolavoristica insomma ([2]).
Ovvero nessuno è più in grado di offrire una immagine che sia capace di scontrarsi con il resto e, quindi, che sia utilizzabile come riferimento per chi si scopre non allineato, ma si sente ancora indefinito. Il punk, quello originale, ha infatti fornito ed esaurito l’ultima chance di conflittualità ([3]).

Oggi niente è ancora in grado di – almeno – epater le bourgeois perché, appunto, come sempre si è lamentato da parte nostra, intorno al 1979/1980 tutto si è organizzato in modo da poter sempre massificare ogni indicatore di ribellione giovanile per trasformarlo rapidamente in commodity; nel frattempo si sono create generazioni in cui non ci sono più i kid che si oppongono agli adulti, bensì i primi semplicemente si defilano ed i secondi invece tentano di fare gruppo.

 

Questo scritto ([4]) invece è il tributo a un kid che si era messo contro, e a un certo punto dal contro è finito nella road to ruin, senza possibilità di uscirne più fuori. E infatti è morto, nel 1996, il 26 settembre a meno di cento giorni dal suo trentasettesimo compleanno ([5]).
Ma era brillante, e intelligente, e tagliente, oh! come tagliava. Così non è mai stato noioso perché pure nel grigio sempre più grigio, del quale vedevi via via rivestire la sua vita e poi anche il suo incarnato, saltava fuori una frase che non ti aspettavi oppure una nuova curiosità che era la espressione della sua ansia intellettuale combinata con l’indubbia sua propensione ad essere al centro della attenzione. Dunque un artista.
 
Questo è il mio omaggio a Tonito ([6]), con un’ultima considerazione introduttiva: qualche mese dopo aver cominciato questo scritto ho focalizzato chi mi ricorda letterariamente Tonito, sebbene senza le ambivalenze sessuali del personaggio: il Dargelos che si incontra ne Les Enfants Terribles ([7]).
Per il resto: “but the truth is only known by guttersnipes” ([8]).
 

 

 

2. Incontro.

Premetto che quella faccia io la avevo già vista, forse un lustro e più prima. Era quella del ragazzino con cui si poteva – appunto – aver paura di finire a fare a botte, nella strada; quello da cui i genitori ti dicevano di stare lontano, anche se magari non veniva da una famiglia povera, ma sembrava “come se” e le apparenze bastavano ai giudizi parentali ([9]).

Oppure si trattava di fugaci “incroci” di sguardi fra schieramenti politici diversi?

Altezza media, longilineo, capelli castano chiari, naso sottile, lobi delle orecchie quasi assenti, occhi grigi e un sorriso da The Joker ([10]) che non prometteva nulla di buono.

 

Conosco Tonito nel settembre/ottobre del 1977: fuori dalla chiesa sconsacrata di Largo Formentini, in zona Brera ([11]), prima di un concerto dei Trancefusion.

Poco ricordo di quell’incontro fra noi due diciassettenni, parte di una scena punk pressoché invisibile a Milano ([12]) che sbriciola anche le fazioni rosse e nere ([13]), ma una sua frase mi resta attaccata: “la mia fidanzata assomiglia a David Bowie, ha i capelli rossi come lui” ([14]) ([15]).

Tonito è un bowiano e sempre lo sarà, di quelli ricompresi fra Ziggy e Halloween Jack ([16]) piuttosto che accodati alla svolta del Sottile Duca Bianco, e forse una definizione per lui potrebbe essere “A lad inSane”.

 

 

 

 

3. Tonito.

Tonito ha studiato sassofono ([17]) (e anche violino ([18]), pare), ma le sue scelte musicali lo portano alla chitarra elettrica (basso incluso) e alla voce.
Dopo qualche esperienza senza nome ([19]) milita innanzitutto ([20]) nei T.V. Vampire nel 1978, cui seguiranno a cavallo delle due decadi i Borstal Dampers, i Mittageisen, i Chaos Brothers e i 198X ([21]).

 

È sicuramente, stante anche Rosso Veleno promotrice di questo raro evento spartiacque post-1977, fra coloro che con coscienza di causa (davvero pochi specialmente la prima sera) sono al X-Cine di Milano per i due concerti di Adam And The Ants del 16 e 17 ottobre 1978 ([22]).

 

Ed è in quell’anno in cui il punk si cristallizza ([23]), dopo frequentazioni alternate, che lo ritrovo iscritto a Giurisprudenza alla Università Statale: “faccio legge per diventare un perfetto fuorilegge”, testuale, mi dichiara a pochi minuti da una lezione pomeridiana in aula 208 (o 201) avvolto in un impermeabile grigioverde ([24]) già poco bastevole ad arginare le brume autunnali.
Lì nasce ovviamente il personaggio: con la sua scostanza affascina le compagne di facoltà (cui magari gli altri ragazzi fanno la corte senza successo): battute come “quella si è truccata con il ragù” facendo riferimento ad un fard mal applicato, oppure “ha le scarpe a punta per schiacciare le formiche negli angoli” ([25]) rivolta a un compagno non fanno ridere molti dei presenti (i quali però a noi fanno pena).
Con fatica Tonito frequenta la prima lezione del mattino di Diritto Costituzionale; non è inusuale che durante le ore di corso, chino sul banco, egli disegni scenette e simili su piccoli fogli a quadretti ([26]). Fra i denti mi dichiara la sua stima per il Professor Trimarchi, seconda ora del mattino dal lunedì al mercoledì, docente di Istituzioni di Diritto Privato.
Qualche volta, se c’era lezione anche al pomeriggio, si andava a mangiare insieme in Piazza Santo Stefano, in un locale che non esiste più: Palma Focacce e mi ricordo una sua frase curiosa, perché probabilmente essa era a cavallo fra realtà ed invenzione letteraria ([27]): commentando chi ci ([28]) serviva – per noi era vecchio, avrà avuto una cinquantina di anni capelli grigi e viso segnato – disse che dai muscoli e dai tendini, in evidenza nel portare cibo e bevande ad un altro tavolo, era chiaro che si trattasse di un ex pugile.

 
Si compera gli stencil per scrivere gli slogan sui capi di abbigliamento, come facevano The Clash.
 
Nella stagione fredda del 1978/1979 – quella in cui gli argomenti di discussione erano, direi, gli album di esordio di Siouxsie And The Banshees e Public Image Ltd. nonché il secondo di The Clash – dal frequentarci quotidiano saltavano fuori anche proposte che si trasformavano in suoi bidoni: un concerto di sassofonisti jazz al Cineteatro Ciak, per esempio dove non si fece vedere; ma è anche grazie a lui che, stessa venue, vidi: Freaks di Todd Browning ([29]) preceduto da un recital di Leopoldo Mastelloni (meglio di così avrebbe potuto essere solo un cartellone inverso dove a seguire il film ci fosse stato Carmelo Bene, direi) e The Man Who Fell To Earth con protagonista David Bowie (ovviamente …).
Tonito è un grande appassionato di cinema: anche Vanishing Point ([30]) lo devo a lui.

 

Per adiacenza climatica, registro qui un aneddoto che risale a quell’epoca da matricole: Tonito diceva che a furia di andare in giro comunque vestiti di poco (tipici i suoi T-shirt e leather jacket, l’aggiunta dell’impermeabile in inverno non variava il risultato) noi avremmo avuto i reumatismi a quarant’anni.
Talvolta penso che così lui si è schivato i reumatismi.

 

Risale ancora all’anno accademico 1978/1979, inverno, un lunedì mattina in università a chiederci reciprocamente a mezza voce se “hai visto quel servizio in TV su Vicki del South Bronx?”.

 

In un altro pomeriggio di quei primi mesi da universitari, in sala prove: Tonito comincia a suonare un giro di basso, e tutti dicono “che bello” convinti che sia suo; noi due ci guardiamo con un grin a fior di labbra come per dire “che ignoranti questi!”. Era evidente che nessuno aveva riconosciuto “Belsen Was A Gas”.

 

Dopo l’abitudine di chiudere le conversazioni telefoniche con un “ciaociaociaociao” che va in dissolvenza, diventa un marchio di fabbrica anche la sua risata speedata; che da posa dei primordi poi sarà inevitabile conseguenza di quello che assume.

 

Che dire del concerto dei Mittageisen – reduci dalla registrazione del loro unico singolo per il quale Tonito fornirà anche l’immagine della copertina – al Liceo Beccaria il 1 marzo 1979, con il cuoio a celargli la sua “Destroy” ([31])?
Tutti tirati da morire, il pubblico che li seppellisce di insulti, Tonito che strapazza le corde del basso in un’accelerazione nervosa della citata “Belsen” ([32]).

 

Nella primavera di quello stesso anno lascerà la Statale per lo IULM (abbandonato anche quello, a un certo punto, credo).

 

Delle proprie doti nel disegno Tonito fa uso nelle sue collaborazioni a Xerox.

 

Lo ricordo insofferente e strafottente fuori dal Palalido di Milano prima del concerto di Iggy Pop ([33]) il 29 maggio del 1979.

 

Gli compero a Londra una T-shirt da Seditionaries: è il Natale del 1979 ([34]), e si tratta di “She's Dead I'm Alive I'm Yours”. Del resto, pare sia stato uno dei pochissimi a Milano – con me – a lamentare la morte di Sid Vicious nel febbraio precedente.
 

 

Ascolta molta musica di generi diversi, e così ci troviamo ad apprezzare nel 1980 i Dexys Midnight Runners nell’esordio eponimo in LP quasi in contemporanea con Kaleidoscope di Siouxsie and the Banshees, discutendo fra i muri di Bonaparte Dischi di Via Marghera.

Lui pronuncia “keltic”, ancora distinguendosi, il titolo di una canzone dei DMR e probabilmente avrebbe dichiarato di possedere i due album di Jobriath anche se ciò non fosse stato vero.
 

 

Fra gli aneddoti dei primi anni ottanta c’è quello dell’album No Sleep ‘til Hammersmith dei Motörhead impiegato, così lui dice, quale suoneria della sua radiosveglia.
 

 

Verso il 1984 le cose per Tonito cominciano a mettersi piuttosto male. Abita al Casoretto ([35]) in quel periodo, in Via Casoretto 50 per la precisione.
In più di una occasione, sicuramente due, forse tre, mi telefona nel tardo pomeriggio di domeniche già autunnali: ha bisogno di soldi e quindi vende: dischi e magliette. Con il ricavato, è evidente, deve comperarsi droga. Nelle sue telefonate l’entusiasmo della voce non c’è più.
Eppure il corpo gli regge abbastanza bene, nonostante i tentativi di detox non lo portino da nessuna parte.

 

 

 

Gli altri ricordi sono tutti brandelli, in mente mi restano:

-       un madornale disastro di capelli e sopracciglia tinti di biondo nell’estate del 1982, durati qualche decina di ore dopo essere apparso da Tape Art, negozio di dischi, con evidenti perplessità senza che nemmeno dovessimo dirglielo noi;

-       oppure anni dopo, una sera, verso mezzanotte, lo incrociamo al Bar Quadronno, praticamente in pigiama e Converse perché non aveva sonno ed era sceso ([36]) a bersi qualche cosa e comperarsi le sigarette;

-       ancora, forse tornato nelle sue zone di gioventù, lo incontrai per caso una sera al cinema Ducale di Piazza Napoli, a vedere uno di quei film che interessavano solo noi;

-       un concerto dei Ramones al Rolling Stone, in balcony: io, lui e Tiberio.

 

 

 

 

4. “Cuoio e czarniani”. Brandelli.

Gli interessi sono quelli. Come me aveva una copia del Hell’s Angels di Hunter S. Thompson: da lì gli organigrammi delle bike gang scribacchiati a lezione aspettando “l’ora di Trimarchi”.
E sempre quella è fonte di citazione delle élite cabalistico percentuali, ovvero il suo leggendario pin badge di metallo a recitare “Lucky 13 1%” che racchiudeva l’essenza degli Angeli ([37]).
Tonito aveva dei leather jacket che parevano forgiati solo per lui: il dettaglio li rendeva inconfondibili, anche se magari quello che gli si vedeva indosso era frutto di uno scambio. Allo stencil di “198X Palach Memorial” ([38]) si abbina sulla manica il patch del Mickey Mouse fan club ([39]): amo pensare che quel patch possa essere un regalo di un viaggio altrui, addirittura parte del tesoro infantile del piccolo Antonio ([40]).

 



Forse l’ultima volta che lo vidi, un sabato pomeriggio, fu in un negozio di fumetti di comune frequentazione.
E mi diede una dritta finale: nel casco da moto (che poi era una vespa grigia) che aveva al polso come un cestino da spesa teneva alcuni albi di Lobo, un personaggio cattivo, extraterrestre biker proveniente dal pianeta Czarnia, un incrocio fra Lemmy (Kilmister, leader dei Motörhead) e Zodiac Mindwarp ([41]).
Si andò poi a bere in un bar vicino, in Via Lecco, ricordo che ordinò un Negroni.
 

 

E poi?
Nulla, sino a faticose ricerche, per scoprire solo quel pochissimo: trasferitosi fuori Milano, apparentemente sposato (lui?) e il decesso poco dopo le ore una di notte.

 

 

 

 

5. “Epilogo”.

Ci si può porre due ipotesi, alternative, per il futuro di Tonito: “tanto sarebbe morto presto lo stesso”, “invecchiando sarebbe diventato un nulla”.

 

Vedo in giro uomini per i quali la propria paternità pare metadone, rispetto ad una vita che altrimenti li distruggerebbe. Un figlio non gli avrebbe cambiato niente.

 

Il suo antagonismo non lo avrebbe portato a inventarsi una professione fortunata, come è capitato ad alcuni.

 

Alla fine, si può concludere che “poteva morire meglio” ([42]).
 
Avete visto Sherlock ([43]), in particolare l’episodio finale della Seconda Stagione?
Indipendentemente da ciò, il dato inequivocabile è che Tonito non era un cinico gratuito.
Solo che lui non poteva che difendersi da un prossimo stupido in un solo modo: prima analizzandolo e poi versandogli addosso i difetti, le meschinità, le limitazioni di quel prossimo. Tutto materiale invisibile per quelle persone modeste che ben vivevano e vivono nella propria mediocrità esistenziale.
 
Quindi non poteva vivere – Tonito – mediocremente, come un Alex sedato dalla cura Ludovico Van ([44]) ([45]).
Ecco, allora, che questo lungo scritto non è una lapide pur se resta un memorial.
 

Grazie Tonito per il cinismo, la lucidità, gli spunti intellettuali e tutto quanto, anche quel tuo disprezzo difensivo. Tutto ormai capito e ben assimilato, da me.
 
So softly a Supergod dies” ([46]).
 
No, non finisce qui.
Pur sembrando come una mano che applaude da sola, qualche volta mi chiedo come commenterebbe lui certi nuovi album (ad esempio One Day I’m Going To Soar dei Dexys).


E, NEL 2022 …

Qualche ragazzo bello e andato a male [Emilio Tadini, La tempesta, Torino, Einaudi, marzo 2003, prima edizione (pubblicata nella collana Supercoralli), p. 243.]

 

                                                                                                          Steg


 

 

 

© da 2005 a 2023:  Steg E HTTP://STEG-SPEAKERSCORNER.BLOGSPOT.COM/, Milano, Italia.
Tutti i diritti riservati/All rights reserved. Nessuna parte – incluso il suo titolo – di questa opera e/o la medesima nella sua interezza può essere riprodotta e/o archiviata (anche su sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/o archiviata per il pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso scritto dell’autore.


Particolare dell'interno della copertina del singolo dei Mittageisen 


[1] Il Colonel Kurz di Apocalypse Now (dall’originario ed originale Walter Kurz – “a very remarkable person” di Heart Of Darkness di Joseph CONRAD), magari?
[2] Emuli dei “Part Time Punks” cantati dai TV Personalities sin dal 1978.
[3] Per chi non ha velleità rivoluzionarie, e anche per i rivoluzionari, l’elemento elitario rimane una costante.
[4] Realizzato partendo dalle note sparse del mio diario e altro.
[5] Il 6 dicembre.
[6] Nato Antonio (Nicola Benedetto) a Milano da famiglia di origini della Venezia Giulia, di Fiume (Fiume, Italia; non Rijeka, Croazia) per la precisione (e si veda infra), ma passato agli annali generazionali con questo alias per motivi riconducibili ad Adam And The Ants.
Siccome nulla è causale, rispetto all’epica di Fiume ricordo ex multis: F. GERRA, L’impresa di Fiume, Milano, Longanesi, 1966; G. D’ANNUNZIO, La penultima ventura. Scritti e discorsi fiumani, Milano, Mondadori, 1974; C. SALARIS, Alla festa della rivoluzione, Bologna, Il Mulino, 2008; G. MARCONI, Le stelle danzanti – Il romanzo dell’impresa fiumana, Firenze, Vallecchi, 2009.
Per chi volesse, invece, approfondire la nera pagina delle epurazioni operate dalle forze militari jugoslave e all’esilio degli italiani di Fiume potete partire da http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/fiume/4h.html e http://it.wikipedia.org/wiki/Esodo_istriano.
[7] Così nelle righe di Jean COCTEAU: “le type de tout ce qu ne s’apprend pas, ne s’enesigne pas, ne se juge pas, ne s’analyse pas, ne se punit pas, de tout ce qui singolarise un être, le premier symbole des forces sauvages, qui nous habitent, que la machine sociale essaye de tuer en nous, et qui, par- delà de bien et le mal, manœvrent les individus dont l’exemple nous console de vivre”. Ovvero “coq du collège, chef de bande, cancre impuni” prosegue Jean-Marie MAGNAN (Cahiers Jean Cocteau, n. 8, 1979).
Un altro riferimento letterario è rivenibile in un romanzo di Michael BRACEWELL: Paul, l’amico del protagonista di Perfect Tense, è una specie di Tonito più raffinato e con una più lenta caduta nell’abisso: “The City claimed him as soon as he left university and within it he saw the triumph of stupidity. He should have been a Burroughs or a Rimbaud but he thought that they were stupid as well; the black heart of his nihilism admitted no allegiance to cultural icons. He was an aesthete who could see only the enemies of beauty; he burned out his sudden enthusiasms. Johnny Rotten reminded him of Old Man Steptoe.
“I set Paul up, high on a pedestal, as a Hero Of Our Times. He reminded me of a beautiful woman who tries her best to be ugly – but I was too naïve, or too stupid, to stop and consider why that should be. But Paul has lingered as my intellectual conscience, on and off, even though I haven’t seen him for the best part of the decade” (p. 50 dell’edizione tascabile nella collana Vintage di Random House del 2002).
Troppo capo branco piuttosto che lupo solitario lo Zanardi di Andrea Pazienza per essergli simile nella quasi loro contemporaneità.
[8] The Clash, “Garageland” (di Joe Strummer e Mick Jones).
[9] Per fortuna trent’anni fa la letteratura sul disadattamento giovanile era sicuramente lombrosiana e non politicamente corretta.
[10] Volendo, un giovane Leonardo Di Caprio avrebbe potuto impersonarlo.
[11] “[…] nell’ottobre del ’77, Milano era un paesaggio da terremoto” (M. CRIPPA, Enrico Ruggeri, una certa idea dello swing, di Milano e della vita, in Il Foglio, domenica 10 marzo 2002, p. 1).
[12] Chi vuole notizie su quella scena dell’epoca può leggere quanto scrivo in altri post del blog, cui adde quanto scritto nella prossima nota 14.
[13] Il 1977 ha una lettura politica ed una musicale, con le assurde regole di inquadramento ideologico che appunto possono portare ad abbandonare orientamenti ormai fini a loro stessi. Massima sintesi è la seguente: “Da un lato c’era chi – nell’introduzione a una monografia del 1980 sui Rolling Stones – affermava: ‘Noi siamo diventati “di sinistra” sognando la faccia truce di Keith Richard e la parola roca di Mick Jagger’. […] Lo stesso Enrico Ruggeri ha ricordato quel clima: ‘Questa era l’illuminata sinistra degli anni ’70… Se amavi il rock decadente, da Lou Reed a David Bowie, per non parlare degli Sparks, influenzati da Frank Zappa, Captain Beefheart e Todd Rundgren, eri visto quanto meno con sospetto …’ Tra chi tirava di qua e chi demonizzava di là, comunque, si consolidava la vulgata che il rock e la sinistra fossero tutt’uno” (voce “Rock, Rock, Alalà” in L. LANNA e F. ROSSI, Fascisti immaginari – Tutto quello che c’è da sapere sulla destra, Firenze, Vallecchi, 2003, p. 415).
Il fatto è che io appunto ero dichiarato “non in linea” causa Sex Pistols e The Clash. Quanto poi a Mick e Keith, forse le notizie in merito ad Exile On Main Street non erano ben chiare all’ombra delle bandiere rosse?
Se i tuoi non giovani genitori sono nativi di Fiume, forse simpatia per la sinistra (ricordo come Tito per anni fu visto in Italia come la “faccia buona” del socialismo reale; delle foibe si parla diffusamente da non molti anni).
Dunque: “E chissà perché della musica del Movimento tutti si ricordano la Bologna degli Skiantos, e invece fu il punk quello che suonò la marcia funebre della politica” (M. CRIPPA, op. cit.), almeno per noi, che abbiamo mantenuto le nostre individualità ed idee, alla fine ribelli rispetto a tutto eppure elite di unici.
[14] Si rende necessaria qualche precisazione ulteriore rispetto a cosa significa essere un teen-ager a Milano a quell’epoca.
La “Fiera” (quella descritta anche da Marco Philopat, infra) a Milano è il punto di incontro per le più disparate anime tormentate dal fatto di essere giovani, ovvero dalla necessità di – almeno – poter disporre di musica per lenire la ingrata stagione generazionale che li attanaglia.
Siccome essere giovani non ha mai significato, almeno dopo il 1971 (diamo un anno di decompressione), ascoltare The Beatles, non stupisce se gli alfieri del malessere giovanile sono – anche per più facile reperibilità, inutile negarlo (Iggy Pop da solo o con The Stooges e The Velvet Underground sono più difficilmente ascoltabili alla radio od acquistabili quanto a “dischi”) – The Rolling Stones e poi, appunto, David Bowie. Ma David Bowie va oltre, perché (“Rebel Rebel” lo spiega benissimo) egli evita la eventuale possibilità che qualche genitore possa pensare di capire i propri figli (occorre tenere presente la, mera, adiacenza temporale fra anni sessanta e settanta) e comporta in effetti una frattura fra rock e pop, o se si preferisce fra rock sudato e rock estetizzato, che già Marc Bolan con i suoi T. Rex (e per forza si rinvia a “All The Young Dudes”, cosicché il name dropping impone anche Mott The Hoople) ha conclamato.
In questo contesto, degno di nota è il fatto che alla Fiera i ragazzi si scambiano e si vendono – nel 1976/1978 – non soltanto i dischi di David Bowie, ma anche quelli, o quello: l’album Slaughter On Tenth Avenue, di Mick Ronson, molto più che il semplice chitarrista cui si affida David Bowie per alcuni anni.
Dunque David Bowie si rivela, più o meno scientemente, il ponte più pratico (non popolare o facile, ma solo più disponibile come prodotto) con il punk rock anche quale tramite di artisti della sua galassia (come del resto testimoniano Slaughter and the Dogs che in una esibizione al Roxy di Londra si presentano come “We are Slaugther and the Dogs, we are Massacre and the Cats”: Ronno per Ziggy e oltre; chi non lo capisce evidentemente è già decrepito).
Almeno due riferimenti biografici rispetto a David Bowie sono imprescindibili: scelgo quello (anche) a mio avviso più autorevole, seppur controverso: Peter e Leni GILLMAN, Alias David Bowie, London, 1986 e il volume di referenza per antonomasia: Nicholas PEGG, The Complete David Bowie, London, edizione 2011. Entrambi hanno (avuto) traduzioni in Italiano.
[15] La fidanzata dell’epoca è Rosso Veleno, sorta di vestale del punk milanese (piuttosto una ribelle in sandali stiletto patent leather di Sex/Seditionaries, scappata dal marito benestante portandosi dietro il figlio, che non una asessuata in anfibi come Patti Smith) che ti accoglie nel suo appartamento di Viale Piave con fra le dita un bicchiere di vino ed una sigaretta.
Senza di lei non ci sarebbero stati i due concerti di Adam And The Ants a Milano il 16 e 17 ottobre 1978, e quindi una buona fetta della scena musicale nata quale autentica “conseguenza” di quei gig.
Per il suo stile letterario, si veda il volume a cura anche sua pubblicato nel gennaio 1978 da Arcana, intitolato Punk (qualche avvisaglia anche nel precedente tomo Arcana: L’arcipelago pop) e i suoi mezzi proclami sulla fanzine Xerox fra i quali quello qui citato a breve. Un profilo critico, 30 anni di età nel 1977 non sono pochi …, si legge in Punk alla carbonara (a cura di ELETTRO e GLEZOS, un private printing o quasi di El Passerotto, 1998 e poi 2000).
Anna (il suo vero nome), bowiana inscalfibile e autentica frequentatrice del milieu McLaren-Westwood-Sex Pistols e a seguire di A&TA, tornata negli ultimi tempi nella sua Sicilia d’origine, morirà a Milano qualche anno dopo Tonito.
[16] I capelli rossi sono una evoluzione del periodo Ziggy Stardust e non un punto di partenza: per cui nell’album quasi eponimo David Bowie ha i capelli biondi, mentre è appunto nella fatica successiva che l’artista sfoggia una capigliatura – certamente sfumata nell’impatto dalla saetta presleyana che gli solca il volto – fiammeggiante ma già virante verso il color arancione.
[17]Come David Bowie”, ama precisare.
[18] Come Mick Ronson.
[19] Fine 1976, con Tiberio, Marcello e Franco. I riferimenti sono: Rolling Stones, New York Dolls, David Bowie, massimamente.
[20] Un poco confusi nei nomi delle formazioni – o è un’altra patente di ’77 kid autoelargita? (ce ne sono state non poche) – sembrano i ricordi del solo biografo di quell’epoca cui pare sia data dignità per la storia del punk a Milano: “All'interno della cronaca dei Sex Pistols su "Pogo" si fa cenno alla "casa più punk di Milano" – è la casa di una ragazza – Rosso Veleno – collaboratrice della punkzine – grazie ai diversi viaggi in Inghilterra era diventata punk già da tempo – è proprio lei che si fa promotrice della nuova pubblicazione – nei primi mesi del settanta[nove] esce "Xerox" la prima rivista interamente stampata con la fotocopiatrice - l'editoriale è tremendo - "a proposito di musica – dischi e punk – si - punk!!!" scritto dalla stessa Rosso Veleno – è una denuncia al provincialismo imperante in Italia – io me lo sono quasi imparato a memoria - " LA PROVOCAZIONE è ben altra cosa - non il costume del sabato o la discoteca-ghetto - E' L'ATTITUDINE - come vivi da quando apri gli occhi la mattina a
quando li richiudi di notte - non è un'etichetta che compri nè da Seditionaries di Vivienne Westwood nè da Carù - unico negozio di dischi punk- e allora chi continua a parlare di punk e perchè?? – chi ne parla è un estraneo – altrimenti avrebbe vergogna a usare una parola inventata da altri- per inscatolare e soffocare/definire chi questa cosa se la vive e basta - qualsiasi nome abbia - QUINDI IL PUNK NON E' MAI MORTO - PERCHE' - PER FORTUNA UN MOVIMENTO PUNK NON E' MAI NATO"...Rosso Veleno una tipetta elettrica vestita in pelle nera con il chiodino rosso e i capelli decolorati - l'ho conosciuta in Fiera di Senigallia insieme a Tonito dei 198X – un gruppo tipo Buzzcocks - con loro sono andato ai festini dei Chrisma – ballando il pogo nel salone – facendo le mie prime amicizie tra i punk milanesi ...” (Marco PHILOPAT, Costretti a sanguinare, Milano, Shake, prima edizione, 1997, p. 10; poi ristampato anche da Einaudi); “il momento più importante […] per me è senza dubbio il sabato pomeriggio in fiera di Senigallia – dove posso trovare un bel po’ di altri punk – tre o quattro… Tiberio Tonito e Rosso Veleno – sono giacimenti viventi di informazioni – ci scambiamo le notizie sulle band – sui vestiti – sui party dove ci si può sfogare – si fa scambio di badge – di 45 giri di importazione – di preziose punkzine londinesi – dopo qualche ora però incomincio a stufarmi e mi verrebbe anche voglia di fare qualcos’altro – no so – almeno una lattina di birra – invece questi sono delle morchie - - alle sei e mezzo se ne tornano a casa dalla mamma – solo Tonito fuma hashish – è anche l’unico con cui riesco a legare un minimo – alle 8 di sera vado in solitaria da Scoffone alla Statale […]” (idem, p. 12).
Per le prime 29 pagine, il capitolo dal titolo “I capelli sono fondamentali-nascita del punk” vale la pena del prezzo, sebbene il volume sia il ricordo di chi è “affacciato verso” piuttosto che quello di chi “è dentro” la scena; poi si va a finire in una visione assolutamente distorta di tutto (ma questa non è la sede per smantellare il libro).
[21] Per una disamina accurata e non riferita al solo Tonito di queste band, rinvio al sito www.elpasserotto.it.
Rispetto ai 198X volendo si veda anche il mio post “A proposito di Jumpers e 198X”.
[22] Potendone trovare copia, si rinvia a Whip Avantgarde – Adam & The Ants in Italy, album fotografico e testuale pubblicato nel 2004 da El Passerotto (catalogo VSOP 109).
Rispetto agli “originali” A&TA, cioè le varie formazioni che precedono il successo dell’autunno 1980 (i puristi potrebbero anche chiudere con la fine del decennio precedente), il miglior sito internet rimane http://antmusic.simondaw.me.uk.
[23] Nel senso che il nuovo sarà altro: post punk per la scena britannica, no wave per quella statunitense specialmente newyorkese. Per il vecchio, invece, l’Italia.
[24] Probabile army surplus con riferimenti ad Adam Ant (l’impermeabile di Ian Curtis arriverà dopo).
[25] Nel romanzo The Wanderers di Richard PRICE dei boot sono chiamati “roach killers”: lesse il libro?
[26] Andate a vedervi i miei tre post intitolati “Tribute to Tonito- Is it coming sometimes, maybe?” dove riproduco i disegni che lui mi regalò.
[27] A me ricorda Typhoon, ancora un’opera di Joseph CONRAD, in cui c’è l’aneddoto dell’ex fuochista che, tale non essendo più, si taglia le piante dei piedi saltando sui cocci di vetro. 
[28] C’erano altri due compagni di corso: Alessandra e Marco quel giorno.
[29] Incidentalmente, fonte di ispirazione per Diamond Dogs, sia la canzone (si veda il testo) sia l’album.
[30] Film non molto conosciuto nemmeno oggi, del 1971, diretto da Richard C. Sarafian.
[31]La Destroy” – solitamente nella versione t-shirt, più raramente in quella a manica lunga (ma sempre in cotone, mai a Milano nella versione “garza” più pregiata) – è la maglietta con svastica e crocefisso capovolto realizzata da Malcolm McLaren e Vivien Westwood e divenuta il capo più noto del loro negozio di King’s Road (per quanto qui rileva, con il nome Sex prima e Seditionaries poi) attraverso i Sex Pistols.
La svastica, chiaramente, fuori dal Regno Unito poteva pressoché garantire la perseguibilità per apologia di fascismo/nazismo, il crocefisso probabilmente quella per vilipendio alla religione cattolica.
[32] Per sentire la voce di Tonito (in apertura a due canzoni dei 198X) oltre al suo suonare e gli insulti ricevuti quel primo di marzo, si veda l’album antologico curato e prodotto da El Passerotto: Le Punk c’est ça! (VSOP 105).
Per altro materiale rinvio anche ai compilatori Punk alla Scala (VSOP 106) e Sexy Ipnotico (VSOP 101), sempre di El Passerotto; in particolare il secondo di questi album contiene anche le due registrazioni costituenti quell’unico disco, un sette pollici, dei Mittageisen che è una autentica rarità.
[33] Con gli Human League ad aprire: sorta di cambio della guardia musicale.
[34] Dettaglio stilistico: io milito mod a quell’epoca, quindi Seditionaries è un bel detour.
[35] Per chi è di Milano, ha senso semplicemente attraverso la giustapposizione dei quartieri capire le traiettorie di vita delle persone: così è chiaro che non se la passa troppo bene.
[36] Allora abitava lì “sopra” in Corso di Porta Vicentina, al 34 con la sua fidanzata Paola.
[37] Tredici sono i commensali dell’ultima cena e l’identificazione è con Giuda; mentre l’uno per cento dei motociclisti USA negli anni ’50 del ventesimo secolo era qualificato come fuorilegge.
[38] Volendo indice di non allineamento politico a sinistra: vedi la voce “Praga”, in L. LANNA e F. ROSSI, op. cit., p. 385, oppure provocazione, oppure entrambi.
[39] Ben precedente al Full Metal Jacket di Stanley Kubrick.
Ma ricordo anche come in una foto in bianco e nero del periodo della collaborazione fra Iggy Pop e James Williamson (circa 1975) che portò all’album Kill City, Iggy Pop abbia sul taschino destro del suo jean jacket un badge con Winny The Poo e la scritta Disneyland.
[40] Andate invece a vedere il post “Tribute to Tonito- Is it coming sometimes, maybe? (bonus pin)” per Felix The Cat.
[41] Nonostante il personaggio sia dichiarato come ispirato ai Kiss, le vere somiglianze sono evidenti. Zodiac Mindwarp (accompagnato dai Love Reaction) era soprattutto il riferimento per Tonito: si rinvia per un ascolto all’album di esordio: Tattoed Beat Messiah.
[42]Time – he’s waiting in the wings/ He speaks of senseless things/ His script is you and me, boy […]/ Time […] demanding Billy Dolls and other friends of mine” (David Bowie, “Time”: scritta il 14 novembre 1972 ed inserita nell’album Alladin Sane dell’anno successivo).
[43] Serie televisiva BBC trasmessa dal 2010.
[44] A Clockwork Orange.
[45]Day after day/They take some brain away”: David Bowie, “All The Madmen”.
[46] David Bowie, “The Supermen” nella versione un poco contaminata e distorta di Rare And Well Done o in quella abissale di Bowie At The BEEB (in realtà esistono tre versioni registrate in sessioni BBC, per quanto mi è dato di sapere, non sono un esperto).