"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



domenica 31 maggio 2020

FAIRIES NEVER DIE OR BANSHEEIANA – 3 (Bristol WOMAD – 1986)


FAIRIES NEVER DIE OR BANSHEEIANA – 3
(Bristol WOMAD – 1986)

Questo post, che comunque pubblico in itinere, perché non si sa mai, in realtà consisterebbe di tre parti.
Gli è che ben ricordo la prima e la terza, mentre la seconda, il concerto vero e proprio, passò in una sonora imperfezione come tutti i festival all’aperto – che ho sempre disprezzato.

Mi è tornato in mente quel concerto (numero ??) di Siouxsie and the Banshees cui assistetti perché sembrava un “last stand” personale, posto che qualche settimana dopo sarei partito per New York City per il mio LL. M. alla Columbia School of Law, e non sapevo cosa vi avrei trovato (pur ben conoscendo i corridoi della sua biblioteca sin dalla primavera del 1983).

Ma soprattutto mi è tornata in mente in questo maggio 2020 una vaga figura di cui però ancora ricordavo e ricordo, senza dover attingere (ancora) al mio diario manoscritto del tempo, la silhouette e il nome Adele: una roadie che pareva uscita dal novero delle fairy dei Kensington Gardens.
This is for you Adele, wherever you are.

CONTINUA …




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ELECTRICITY


ELECTRICITY
(Tombstone series – 57) 



Maybe androids don’t dream of electric sheep(s).
But certainly they do dream of electric swans.



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venerdì 29 maggio 2020

IL TAPPETO DI FUN HOUSE


IL TAPPETO DI FUN HOUSE


La rilevanza del tappeto, multicolore e dall’aspetto magico, mi si manifestò assistendo alla proiezione del documentario di Danny Fields ([1]), Danny Says, a Londra nel 2016.
Quel tappeto in realtà era parte dell’arredamento degli studi di registrazione in house (nessun gioco di parole) losangeleni della “etichetta” de The Stooges, e da esso il quartetto è quasi fagocitato in quella foto sghemba e piena di rosso (pur se non satura) che non guadagnò la copertina di fun house e in quell’altra immagine, più convenzionale, della stessa sessione di posa.
Il vello del tappeto assorbe parte del suono, non è un segreto.

Con tassonomica precisione, Jean-Charles Desgroux ([2]) ricorda che tre sono gli album di studio de The Stooges, altrettanti quelli accreditati a Iggy & The Stooges ([3]).
I massimi puristi peraltro discettano sulla prevalenza dell’esordio eponimo oppure su quella del suo seguito ([4]) come capolavoro ultimo della formazione originale; comunque sia, non mi pare si discuta molto del tappeto.

fun house o Fun House? La questione non è eristica come potrebbe sembrare ([5]): il primo deriva dalla seconda, cioè “a large wood-framed farmhouse at 2666 Packard, some way out of Ann Arbour toward Ypsilanti which had been spotted by Anne Asheton” ([6]) ([7]).

Mi accorgo ora che l’album de The Stooges di cui al tappeto in questo 2020 compie mezzo secolo.


Immagine dell'imballaggio esterno: copia (n. 854/3000) della prima edizione de
1970 the Cmplete fun house Sesions
- collezione privata



La foto sghemba




ANTE SCRIPTUM

A ieri, il post era questo che segue.

Il tappeto di Funhouse è il titolo di questo post, il cui contenuto è dedicato a The Stooges (e Iggy Pop).

Siccome sono molti mesi che dovrei cominciare a scriverlo, ma non ci riesco, al momento questo è, anche per tutelarne il titolo secondo la normativa sul diritto d’autore e anche come segno distintivo in generale.

Posso farvi solo una promessa: nel post non mi occuperò di Iggy Pop solista.
E ovviamente chi sa cosa sia Funhouse, sa perché parlo di un tappeto.


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[1] Banalizzando, la mente artistica di Elektra Records e una figura cruciale anche sulla Costa Est USA almeno sino ai Ramones compresi.
[2] Nel volume Iggy Pop – Shake Appeal, Francia, Le Mot et le reste, 2017, p. 485.
[3] O “and the”?.
[4] Che comunque smenrtisce la regola per cui il secondo album è sempre “difficile”.
[5] Caveat: esiste una title track, evidentemente “Fun House”.
E perché non Funhouse o funhouse?
[6] Paul TRYNKA, open up and bleed, London, Sphere, 2008, p. 78.
Cito dall’edizione tascabile siccome è quella da me annotate (il titolo è in lettere iniziali minuscole in originale).
[7] La madre degli Stooges originali Ron e Scott.

lunedì 18 maggio 2020

LA MORTE DEI LUOGHI PER SOTTRAZIONE


LA MORTE DEI LUOGHI PER SOTTRAZIONE

La morte per sottrazione di un luogo è quella del togliere senza sostituire.
Qualche volta l’eliminazione è non evidente, anche solo per ragioni generazionali.

A Milano, cominciamo prendendo il Ristorante Savini: esiste ancora, ma non c’è più.
Sparita ogni vestigia del bar di prua, quello dei Futuristi ([1]); sparita ogni traccia dei box di sinistra (oltrepassato il guardaroba) e soprattutto del primo di essi ove il più saltuario dei clienti era il più potente: Enrico Cuccia ([2]).

Ma non esistono più neanche le trattorie toscane, soprattutto di Via Fiori Chiari (sempre Milano) ([3]), e quindi di riflesso sono estinti anche il venditore – zoppo – di rose; quello di cravatte portate su un braccio sinistro rigido che a uno scolaro poteva ricordare un pirata; l’anziano strillone delle “ultimissime” dei quotidiani del pomeriggio (dure e poi uno solo); il contrabbandiere di sigarette nella borsa di cuoio ([4]).

Eccetera.
Ricordo ancora bene, io, ma fino a quando?


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[1] Che si bevevano bicchieri di acqua da caraffe colme di ghiaccio.
[2] Cfr. Giancarlo Galli, Il padrone dei padroni.
[3] Cfr. Luciano Bianciardi, La vita agra.
[4] Cfr. Renato Olivieri, 99 casi di ordinaria criminalità.

mercoledì 6 maggio 2020

IL DECLINO DEL VETERANO (Tombstone series – 56)


IL DECLINO DEL VETERANO
(Tombstone series – 56)

Il veterano, vanitoso, diviene reduce, finge di non accorgersene e – magari – dall’altrui disattenzione trae sostentamento.
D’altronde, le masse hanno inventato la religione.


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