"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



mercoledì 10 giugno 2020

1984: ET NOUS REPARLERONS DE “PEZZI DI BUIO” ([1]) UN ANNO LUNGO) (Steg about Steg Series - 5)


1984: ET NOUS REPARLERONS DE “PEZZI DI BUIO” ([1])
(UN ANNO LUNGO)
(Steg about Steg Series - 5)

Possibile prosieguo del post della stessa serie “Hamburger e altro” ([2]), qui a costo di andare un poco sul personale vorrei riordinare le idee.

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Un anno lungo: certo: per me cominciò nella notte già del 7 settembre 1983, sdraiato sulla panchina della stazione ferroviaria nell’attesa di un treno che da Modena mi portasse a Milano.
Riflettevo sul fatto che dovevo dare uno strattone alla tesi di laurea, o meglio alla sua scrittura, se volevo, almeno, laurearmi nella successiva sessione di aprile.
Tornavo da un concerto se non bellissimo molto emozionante di S&TB: visto dal palco (qualche pass era arrivato da qualche parte), poi a fare da interprete per le interviste, poi al ristorante con Siouxsie che mi imboccava con la sua forchetta perché anche io mangiassi qualche tortellino.

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Tesi, raso e bansheeiana
Cambio di passo, dunque, ma non di abitudini milanesi: quindi sempre la routine delle riviste musicali britanniche e i dischi (i CD - cioè il formato - quell’anno erano limitati a Miles Davis e quelli di David Bowie si sapeva che “suonavano male”).
A fatica consegno nei tempi la tesi di laurea e contemporaneamente mi preparo per il concerto di S&TB di Milano, del 29 marzo al Teatro Tenda. Ed ecco verificarsi due eventi inaspettati nel corso di un pre-concerto in due fasi: l’amico Tony Selinger ([3]) mi porge una copia del rough mix di Hyaena nelle ore fra il soundcheck e il concerto. L’altro è una ragazza bionda, vestita quasi come una figurina da torta nunziale (nel ruolo di damigella), amica di Robert Smith con cui comincio a scambiare due parole nel fango circostante il Teatro Tenda: io ho dei boots (probabilmente dei Johnson’s) lei delle scarpine di raso; si chiama Heidi.

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Ottengo un lavoro a Londra, in uno studio di “solicitors”, col senno di poi molto interessante sotto il profilo umano e con grandi possibilità di vivere la città.

In quell’anno, una bella estate, nella capitale era ancora possibile sentirsi come nel paese dei balocchi.

 

La sera del 9 giugno dopo il secondo concerto di S&TB alla Brixton Academy si finisce tutti al private party presso il pub King’s Head (nella City): chiuso per l’occasione, è gestito da un amico della band.
Vengo presentato al nuovo chitarrista: John Valentine Carruthers.



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Valigie e i Pezzi di buio
Rientrai a Milano, riportando anche un po’ di quanto già avevo comprato, per le elezioni europee del 17 giugno 1984.
Ripartii per Londra subito dopo, mi pare da Malpensa, nella mattina del 18. In attesa del volo notai 5 ragazze, sicuramente più giovani di me di qualche anno: fresche ed affiatate, qualcuna pareva anche carina.
Le ritrovai a qualche posto da me, dietro o di fianco, sull’aereo e si cominciò a chiacchierare: confesso che esibii il mio “AAA” laminato dello Hyæna Tour per rompere il ghiaccio e si passò all’argomento musica. Tutte simpatiche, genovesi, diciottenni nel 1984 prima o poi: Patty, Irene, Antonella, Paola e Giovanna; ma con le prime due legai subito, soprattutto con Patrizia quando mi dichiarò che le piacevano Adam and the Ants e le chiesi: “hai una frusta in valigia?”.
Diedi loro mio indirizzo e numero di telefono, ma il mio landlord si dimenticò (sic) di dirmi che avevano telefonato: ci si rincontrò per caso in King’s Road con Patty ed Irene e si combinò di vederci una sera.
Rammento che andai a casa loro, dalle parti di Brompton Road, forse, quei bei mattoni rossicci. Mi accolse una stanza grande che mi rammentò subito il rifugio di Paul e Elisabeth ne Les Enfants terribles: ma qui era stesa sul filo ad asciugare la coloratissima biancheria delle ragazze.

Poi si andò da qualche parte, quella volta od un’altra a Covent Garden.
Ricordo però che Irene mi disse che lei si sentiva un “Pezzo di buio” e me lo raccontò mentre scendevamo a rotta di collo io e lei la scala a chiocciola di una stazione di metropolitana, gli altri dietro (magari usando l’ascensore).




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[1] La parte francese del titolo è l’omaggio ad uno di quelli più evocativi, per me, entro la serie di storie brevi di Corto Maltese: il titolo esatto è ... Et nous reparlerons des Gentilhommes de Fortune, storia del 1970 che tratta di una specie di caccia al tesoro, ma in fondo si parla di persone un po’ speciali, non allineate, i gentiluomini di fortuna, avventurieri o pirati, anche Corto Maltese.
Per me sono echi lontani, come vederete.
[3] Che già mi aveva omaggiato del suo Pass AAA dei concerti londinesi al Royal Albert Hall della band: diverranno Nocturne: album e video.

SVANITI A MILANO – ovvero oltre la “Punta dell’Est” (Steg about Steg Series - 6)



SVANITI A MILANO – ovvero oltre la “Punta dell’Est”
(Steg about Steg Series - 6)

Oltre la Punta dell’Est, fra miti e ricordi.
Il luogo, per qualche simil giovane sede di un pugno di concerti ([1]), è la parte che riassume il tutto, cioè la Punta dell’Est si risolve(va) in una specie di centro di svago balneare con qualche campo di tennis anche,  che si specchia appunto su quel bacino d’acqua artificiale che è l’Idroscalo di Milano, dove dopo gli aerei sui pattini presero a ruggire i motoscafi (tribune in cemento antistanti la PdE, remavano fidanzati vis-a-vis con le fidanzate su barche a noleggio, i costumi da bagno sfidavano “la buoncostume”, al dancing passò a cantare Fred Buscaglione.
Lo stradone (“stradun”) per andarci è quello della canzone dove – fateci caso – le scarpe da ginnastica (solo Superga e blu) diventano “scarp del tenis”: il barbone è nobilitato.

E dopo? Lo stradone si fa dritto e ([2])e dopo l’altra curva per tutti gli anni sessanta si gioca a pallone, gli adulti. Mio padre giocava portiere, ma non aveva un soprannome buffo. Quindi penso a Luciano “il bughista” ([3]), i due Fratelli Karamazov (Giancarlo e Walter), l’Achille Tosi con la sua Giulietta verde inglese sempre impeccabile, il Tomas(sini), Oregon (in ragione di una felpa con scritta), Iena, il Luis in bicicletta perché non poteva permettersi un’auto, lo Herrera (vero cognome Ghibellini, al figlio avuto in tarda età diede il nome di Guelfo), il Francone, il Lollo decano del folber e d’estate spesso scalzo a calciare il cuoio cucito, … Con poi i giovani che portarono anche la pallavolo.
Tutte le attrezzature erano fra l’approssimativo e l’artigianale.
Un pugno di quei giovani morì di fame e sete nel Sahara, ne scrissero anche i giornali: dall’attesa del ritrovamento alla tragedia formalizzata con i poveri resti ritrovati mesi dopo.

A Ferragosto si faceva un grande picnic, dove certo non terminava nulla: dall’insalata di riso, ai salumi, alle birre, al vino nelle bottiglie spesso senza etichetta (“dov’è il cavatappi?”) però di qualità (a noi piccoli al più due sorsi di frizzante bianco. Non siamo morti).
Ma voglio chiudere con me: anni un 9-10, uno dei giovani (mi spiace non ricordo il nome) chiede ai miei genitori se poteva portarmi a fare un giro: zero casco entrambi, zero tutto. Sono seduto fra sellino e serbatoio di una Laverda 750 a gas aperto in andata e in ritorno su quel rettilineo che ancora mi pare infinito.
E voi?



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PS: se “il bughista” da Gatttullo ([4]) avesse un conto aperto per le consumazioni non lo so. Avrei dovuto chiederlo al mio “zio” ([5]) Cesare Massa che in quel bar era di casa e – commerciante di preziosi – a fine di quel decennio girava con una Jaguarmatic ([6]) nel vano porta guanti della sua Porsche.
Ma qui sento già due retrogusti: Umberto Simonetta ([7]) e Beppe Viola ([8]), ed io resto al più mascotte veterana di tutti questi ormai Svaniti a Milano.



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[1] Ricordo anni fa un modesto concerto estivo “per numeri(ni)” di Paul Weller: dimenticabile o da dimenticare in realtà.
[2] Senza scordare la povera studentessa bionda, un poco impacciata, Olga Julia Calzoni. Ma era il 1976.
[3] Da boogie-woogie. Amava il ballo. La parola bughista la si rinviene anche in un articolo di Gian Carlo Fusco.
[4] Noto bar/pasticceria milanese.
[5] Ma poi lui e la sorella di mio padre non si sposarono.
[6] Replica giocattolo di una pistola automatica. Ne avevo anche io una.