"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



giovedì 29 settembre 2022

TRIESTE

 TRIESTE

 

Secondo Daniele Del Giudice ([1]) (ne Lo stadio di Wimbledon) Trieste ha un mare che finisce: in effetti guardandolo, ad esempio dal molo Audace ([2]), sembra che esso finisca a sinistra, dove si trova quella che una volta era la Jugoslavia.

 

Ho conosciuto Trieste da scolaro delle elementari (sette anni e la seconda classe finita: allora c’era l’esame di ammissione per la classe terza).

Mi ricordo del Pinguino Marco all’Acquario, post mortem è un simbolo ([3]), e di questo lungomare in effetti un poco particolare.

 

C’è Trieste in alcune “storie” di Giorgio Scerbanenco, due hanno il nome della città nel titolo, ma non ho censito tutto ([4]).

 

Non scrivo della città della Bora (il vento) e di Umberto Saba, Italo Svevo, James Joyce o altri, in quanto non scriverei miei pensieri.

Ogni tanto affronto Claudio Magris, e allora magari indico il Caffè San Marco (dove però l’ultima volta quello che per me è il rito del Martini Dry ([5]) – o Martini Cocktail se preferite – è stato un supplizio pari a quello di chi vede il chirurgo incapace che lo stato operando, nonostante l’anestesia) che è il suo preferito.

 

Cerco di seguire un ordine circa cronologico per quel che mi riguarda, e quindi cito – sebbene non essenziali – i romanzi gialli di Veit Heinicken, ambientati solitamente a Trieste, appunto, da questo expat tedesco un po’ troppo politicamente corretto, cioè sempre filo-noglobal ([6]), , ma a casa d’altri dove – non occorre essere Silvio D’Arzo – bisognerebbe essere più educati.

 

Per un curioso gioco di “sponde” in un ideale biliardo intellettuale, da Emilio Salgari sono ritornato a una presentazione di Giampiero Mughini che già conoscevo e quindi al suo libro, il cui titolo dice tutto, In una città atta agli eroi e ai suicidi. Trieste e il “caso” Svevo ([7]).

Ho così scoperto Renzo Rosso, scrittore ([8]) – purtroppo (per le ricerche) omonimo dell’imprenditore – anch’egli nato nel capoluogo giuliano.

 

E poi quello “sconosciuto-conosciuto” di Roberto Bazlen, evocato da Mughini e già romanzato da Del Giudice nel suo Stadio …, forse soggetto di un numero eccessivo di biografie, che invece da Trieste cercò sempre di andarsene per sempre ([9]), riuscì a morire a Milano.

 

Siccome al lettore medio piacciono le figurine, troverete la firma di Mauro Covacich, ma non da copia del suo volume su Trieste ([10]).

Volume che mi fa concludere nel senso che non serve leggere di Trieste se non ci si è stati, quindi c’è chi non avrebbe dovuto leggermi.

 

 

Dedica dell'autore, forse sprecata

                                                                                                                      Steg

 

 

 

© 2022 Steg E HTTP://STEG-SPEAKERSCORNER.BLOGSPOT.COM/, Milano, Italia.

Tutti i diritti riservati/All rights reserved. Nessuna parte – compreso il suo titolo – di questa opera e/o la medesima nella sua interezza può essere riprodotta e/od archiviata (anche su sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/od archiviata per il pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso scritto dell’autore/degli autori.

 



[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Daniele_Del_Giudice.

Avvertenza: due titoli in prosa dell’Autore risultano ridondanti: quelli contenuti ne Mania e quello intitolato Nel museo di Reims sono tutti compresi ne I racconti che quindi soddisfa i non bibliofili.

Per le opere narrative di più lungo respiro, ogni critico ha la sua opinione, a parte l’esordio wimbledoniano (molto ambientato a Trieste, evidentemente) Staccando l’ombra da terra (finta antologia di racconti) mi pare molto interessante, e evidentemente può far pensare al pittore Roberto Crippa: https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Crippa.

Per i più curiosi: è poco citata, ma Ida Zilio Grandi è la vedova di Del Giudice.

[4] Altro romanzo ha un protagonista friulano (Al servizio di chi mi vuole): non confondete mai friulani e giuliani.

Scerbanenco, che triestino non era e italiano di nascita solo per madre, visse negli ultimi anni a Lignano Sabbiadoro (Udine).

[7] Bompiani, Milano, 2011.

[9] Tutto Bazlen è pubblicato da Adelphi in un volume intitolato, a scanso di equivoci: Scritti, più volte ristampato.

Riconoscendogli per una volta merito, rinvio anche a Bobi, di Roberto Calasso (sempre Adelphi, 2021).

[10] Trieste sottosopra. Quindici passeggiate nella città del vento, Collana Contromano, Roma-Bari, Laterza, 2006 e poi ristampato.

martedì 13 settembre 2022

TCHAO PANTIN (breve storia di una “fissa” doppia)

TCHAO PANTIN

(breve storia di una “fissa” doppia)

 

Su questo argomento, ho già scritto, molti anni fa entro un post più ampio ([1]).

Per quanto qui rileva, così sintetizzavo (ometto la nota a piè pagina):

“[il film] Tchao Pantin, tutt’altro che plastificato, ma tratto da un polar (o meglio noir) peculiare del 1983 (il romanzo è dell’anno precedente, scritto da Alain Page, noto, allora, appunto come scrittore di genere).

Il protagonista è un Coluche stratosferico, drammatico (lui che era “un comico”), ci sono riferimenti alla scena musicale punk della capitale (compare il locale Le Gibus).

“La colonna musicale e sonora fu realizzata da CharlÉlie Couture in stato di grazia.

 

Tutto comincia intorno alle ore 23, una sera di estate del 2004, in una località di villeggiatura tedesca: Inseln Im Bodensee.

In camera, cambio canale televisivo alla ricerca di qualcosa di interessante (ogni tanto capita) e finisco sui titoli di coda di un film, peraltro doppiato in lingua locale: mi colpisce la colonna sonora (che allora non so essere anche musicale), i colori bluastri, ma rimane un film senza nome, tranne che per il protagonista Coluche ([2]) il cui nome scorre nei crediti (evidentemente ho perso la riga del titolo, oppure mi pareva strana e ho scritto qualcosa di simile).

Mi annoto qualcosa, e tornato a casa mi metto a cercare, e finalmente arrivo al titolo.

Quindi compro il DVD (scopro essercene una edizione in due dischi e mi rivolgo a quella) e da lì arrivo al romanzo che acquisto un paio di giorni dopo.

 

Diamo a Cesare quel che è di Cesare (se siete curiosi) ([3])

 

Eh, ma non basta!

Devo avere la colonna sonora: se ben ricordo, ho comprato il disco perché non trovavo il CD, poi ho recuperato anche quest’ultimo.

 

A questo punto, però succede che devo conoscere la discografia di CharlÉlie Couture.

Dopo una mezza dozzina di album mi trovo a comprare una sua biografia, una sua raccolta di racconti, eccetera.

 

Senza preavviso, ogni tanto riaffiora Tchao Pantin, oppure CharlÉlie Couture.

(continua?)

 

 

BONUS: testo della canzone-titolo del film:

'TCHAO' (LES NUITS SONT TROP LONGUES) (di CharlÉlie Couture)

 

Quand les nuits sont trop longues
Quand le sang tourne en rond
Dans les vapeurs d’essence
Dans les rêves qui s’embrument
Des envies qui se balancent
Et des moteurs qui fument
Besoin d’un voyage à défaut d’amour
Besoin de se perdre plutôt que souffrir
Besoin de courage à défaut de bravoure
Besoin d’exorciser la violence d’un souvenir
Besoin d’un voyage à défaut d’un détour
Besoin d’accélérer plutôt que s’enfuir

Quand les remords grillent le cœur
Quand la mort fait trop peur
Dans la ville qui se referme
Y’a de l’alcool dans les veines
Du feu sous l’épiderme
D’la poudre aux yeux qui traîne

Besoin d’une image à défaut d’un discours
Besoin de bouger plutôt que subir
Besoin d’un peu d’humour à défaut d’un message
Besoin d’se défendre plutôt que gémir
Besoin d’éclairage à défaut du jour
Besoin d’amitié plutôt qu’se démolir...

 

 

 

                                                                                                                      Steg



 

 

 

                                                                                                                      Steg

 

Immagine di 
copertina di numero della rivista con dossier
del film 

 

 

© 2022 e 2023 Steg E HTTP://STEG-SPEAKERSCORNER.BLOGSPOT.COM/, Milano, Italia e 1983 CharlÉlie Couture per la canzone.

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