Noi ribelli ([2]) del
’77 siamo cresciuti anche grazie alla capacità di “girare” il quarantacinque
giri.
Il concetto è
curioso sotto molti aspetti:
-
innanzitutto, il formato microsolco sette
pollici ebbe un’evoluzione tale per cui non essendo più limitato il materiale ([3]), l’extended play perse di rilevanza alla
fine degli anni Sessanta del secolo scorso e poi, col passare del tempo,
addirittura un lato del vinile era divenuto poco meno che ridondante: andava
riempito in qualche modo,
-
il punk portò a un recupero non consumista del
formato singolo ([4]) rendendolo innanzitutto
fondamentale come medium per velocità
di realizzazione,
-
ma ancora il punk portava a rivalutarlo: ecco il
riempimento del b-side in forma non
superficiale. Tanto che ci furono dei tentativi di “double A-side” ([5]).
Nulla di nuovo:
di “retri” che ebbero più successo delle facciate A ce ne erano stati, ma
trattati come rarità.
Poi, ovviamente,
chi ama la musica ha girato da bambino i dischi di famiglia: io per esempio
ascoltavo con divertimento “The Madison Time”: lato B della versione italiana
di “Speedy Gonzales” cantata da Peppino di Capri.
Dunque cresciuti
con il 100% del vinile inciso nelle orecchie ([6]) e
accumulandosi i b-side (chè i
“singoli” erano di solito compresi negli album) si pose per noi il problema di
come fare per ascoltarli senza stare al fianco del giradischi.
Molte volte si
riempivano MC7 proprio per sopperire a questa esigenza.
Il formato CD
anche per questo motivo è stato salutato con entusiasmo: potendo contenere più
musica, era possibile offrire anche quello che non ci stava sull’album in
vinile, sebbene occorre ricordare come tentativi di raccogliere registrazioni
sparse ci fossero già stati: ad esempio Black
Market de The Clash ([7]).
Credo che la
grandezza di un artista possa dunque misurarsi anche sulla qualità di questi
album che all’ascoltatore occasionale dicono ben poco: le gerarchie di ascolto
ci sono, innegabili e spesso inversamente proporzionali alle vendite.
Concludo confessandovi
che questo post è stato occasionato
da una bella e lunga recensione ([8]) di Barbed Wire Kisses de The Jesus and
Mary Chain.
Io,
evidentemente, non posso mai dimenticare ([9]) il
cofanetto Downside Up di Siouxsie and
the Banshees.
Steg
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pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore.
[1] Dopo
aver deciso che il titolo suona più esatto, non meglio, in lingua inglese, mi
accorgo della valenza Who del medesimo: “talkin’
‘bout my generation” ed in effetti è esatto, si tratta di un ascolto
generazionale.
[2]
Approfitto dell’occasione per far presente come la parola ribelle per me abbia
anche una valenza filosofica e pertanto la utilizzo anche come “flag word”: mi riferisco al Trattato del ribelle di Ernst Jünger (in
Tedesco Der Waldgang, che significa
passaggio nel bosco).
[3]
L’informatica ha condotto a non considerare che i fogli di carta hanno due
lati.
Salvo poi forme masochiste
di risparmio per cui, per risparmiare, capita(va) che a qualcuno finisse fra le
mani un testo riservato perché si era usato il retro cartaceo di una sua
bozza.
[4] Che
tecnicamente non è singolo ma doppio, appunto.
[5]
Purtroppo, impossibili formalmente: il secondo lato A era indicato come AA, in
ogni caso i numeri di matrice tradivano una prevalenza.
Per di più stiamo parlando non di artisti di sicuro successo commerciale. Il “double A-side” in gergo radiofonico suggerisce di trasmettere entrambi i “lati” del singolo.
[6] Per onestà occorre ricordare che l’avvento del formato12” come aggiuntivo rispetto al
7” (e
talvolta rendendo obbligatorio l’acquisto di entrambi i formati da parte del
fan) non condusse spesso a risultati eccelsi.
Per di più stiamo parlando non di artisti di sicuro successo commerciale. Il “double A-side” in gergo radiofonico suggerisce di trasmettere entrambi i “lati” del singolo.
[6] Per onestà occorre ricordare che l’avvento del formato
[7] Ma in
CD divenne Super Black Market.
[9]
Stante anche una sua tormentata, tanto per cambiare, gestazione.
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