PET
SHOP BOYS O DELL’EQUIVOCO ARTISTICO
(Sketches
series – 22)
Il mio primo
contatto materiale con i Pet Shop Boys, cioè Neil Tennant e Chris Lowe, lo ebbi
nell’estate del 1987 a
Dublino: comprai il 12”
di “West End Girls”.
Nel corso dello
stesso viaggio, a Londra comprai il mio Filofax e vidi, il 25 luglio, Siouxsie
and the Banshees al Finsbury Park ([1]).
“[W]e were invited to some trendy club in Milan,
where they all liked The Cure” dichiara Tennant nell’intervista canzone per
canzone condotta da Jon Savage pubblicata nel libretto del doppio album
(formato CD, 30 canzoni ([2]))
intitolato Alternative. Si era già
oltre la metà degli anni ’80.
C’è un libro,
credo ormai quasi dimenticato, di buon contenuto ma noto ai pochi innanzitutto
per il titolo: Like Punk Never Happened
([3]) di Dave
Rimmer.
“I Pet Shop Boys sono un gruppo ([4])
dance per gay”: definizione banale e
ignorante.
Gli scorsi anni
’80 “ci” hanno dato le riviste musicali con le foto a colori.
È
un’affermazione sostanzialmente esatta poiché quasi nessuno di noi conosceva il Tedesco e “guardare le
figure” su Bravo o Sounds ([5]) o le
sole copertine di Hit Parader e Circus era nulla.
Pioniere fu The Face (1980), sebbene avessimo già dovuto comprare qualche numero di Smash Hits (e sorvegliare Record Mirror, anche) ([6]).
Ebbene Neil
Tennant prima di diventare artista musicale a tempo pieno è giornalista di
quello Smash Hits che – complice
anche “il punk” (inteso come epoca musicale) – era diventato permeabile a
certi artisti.
Si può durare 30
anni da furbi oppure con la propria intelligenza, con qualche inciampo, anche.
A Tennant e Lowe
occorre riconoscere uno staying in power
purtroppo mancato ai melodicamente geniali Tears For Fears e – anche tragicamente ([7]) – a
The Associates.
Invero, con un
quasi ossimoro preveggente, proprio il successo d’esordio “West End Girls”
dichiara “Here today, built to last” ([8]) e
sono passati ormai 31 anni dalla sua pubblicazione.
Provate a
ascoltare il testo di “Suburbia” ([9]).
Altro che dance floor!
Se mi vengono in
mente i Soft Cell, non è perché parlo di artisti-in-duo, ma in ragione di quel
nord dell’Inghilterra che ha dato i natali a tutti loro (curiosamente Ball e
Lowe sono entrambi di Blackpool ([10])) i
quali però dovevano “andare a Londra” e, ovviamente, ascoltavano inter alia David Bowie.
Per chi c’era dal
1977 ed ancora con occhi ed orecchi aperti dieci anni dopo (e The Cure non li
ascoltava più), il conto che presenta “Paninaro” ([11]) va
esaminato per bene.
Può essere
sgradito, ma d’esportazione nazionale era una style war diagonale, per generazioni e ceto, e quella canzone la ha
ben compresa.
Del resto, un
capo leggendario di C.P. Company è esibito anche dai Pet Shop Boys: la Goggle
Jacket ([12]).
La carriera di
Tennant e Lowe è lunga (comprende anche un album dedicato alla Corazzata
Potemkin), e diligentemente annotata: senza troppo clamore ([13]) hanno
raccolto molto di quanto è fuori da “facciate a” e album.
Certo c’è anche
il camp, comprensivo degli
ammiccamenti gay, ma è solo una parte.
Parafrasando
Aldo Busi, la musica di genere (come la letteratura di genere) è un àmbito in
cui le persone intelligenti non si crogiolano. Quindi i Pet Shop Boys creano
musica e basta, che essa piaccia o no.
Steg
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pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore/degli autori.
[1] Cosa c’entra? Ritengo che
questo sia un “polso globale” della Gran Bretagna, ecco.
[4]
Invero sono un duo.
[5]
Periodico della RFT, non il settimanale britannico.
[6] La
mia dieta cartacea a un certo punto era quasi insostenibile, credetemi.
[7] Si
sarebbe mai potuta ipotizzare una riappacificazione fra Alan Rankine e Billy
MacKenzie?
[10]
Blackpool: una località di quelle la cui squadra partecipa a “Giochi senza
frontiere”: https://it.wikipedia.org/wiki/Giochi_senza_frontiere.
[13]
Quanto hanno dovuto aspettare invece i fan di Siouxsie and the Banshees per il
cofanetto Downside Up?
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