MANIC
STREET PREACHERS: SENZA PENTIMENTI
(anti Beatles, anti R.E.M., anti Slowdive)
Devo dire che la
sfida è impegnativa.
Innanzitutto
perché scrivere due volte dello stesso argomento comporta rischi evidenti di
ripetizione pur nell’indipendenza di ogni post.
Questo non è un blog “dedicato”.Poi perché la forma può non avere quella freschezza oppure quella lucidità di cui sono intrise – o dovrebbero esserlo – le prime righe offerte alla lettura.
Ma siccome un
gentile lettore mi ha giustamente ricordato una strofa commentando ciò che ho
scritto pochi giorni fa, è corretto stare al gioco, anche se apparentemente
duro per taluni lettori.
Io stavo
studiando per l’esame di Diritto Internazionale, di pomeriggio, in Sala B della
Biblioteca dell’Università. Entrò qualcuno con una copia di un quotidiano del
pomeriggio: titoli a caratteri di scatola di corn flakes.
Risposi a un
universitario seduto al mio stesso tavolo: “almeno
i Beatles non potranno mai riformarsi”. Era il mio primo approccio ai Manic Street Preachers: nel dicembre 1980.
Confermo la mia frase, di cui non mi pento nella sua essenza perché il santino liverpudiano è sempre stato un mio cruccio: continuo a non condividere l’opinione generale (e questa include anche artisti che ammiro molto) su The Beatles come “belli e buoni ad ogni costo”.
Colpa di Paul McCartney, naturalmente, non di J. D. Salinger ([1]).
Anche dei R.E.M.
non vedo l’essenzialità.
Pure degli
Slowdive (rei di essersi fatti scudo di una grande canzone di Siouxsie and the
Banshees per svolgere la propria attività artistica) posso fare a meno ([2]): “We will always hate Slowdive more than Hitler” dichiarò
Richey James.
Certo sputare su
John Lennon è più efficace che accanirsi su un gruppo indie ormai negletto. Soprattutto se il bersaglio grosso è il
primo.
Siete confusi?
Giustamente!
Ma i miei post non sono in una pagina di
Wikipedia, o del sito internet ufficiale e quasi inutile del gruppo sotto l’ala
Sony ([3]): sito
lugubre e burocratico, l’opposto dei siti amatoriali ma non dilettanteschi loro
dedicati, sempre ardui da rintracciare.
La strofa “Risi quando Lennon fu ‘sparato’” è
tratta da “Motown Junk”, canzone che dà il titolo al secondo singolo
(commerciale) dei Manics.
In copertina c’è
la foto di un orologio con le lancette ferme per sempre, causa bomba atomica. Benvenui nel mondo reale, con un quadrante che sarebbe impegnativo anche per il collo di Professor Griff dei Public Enemy ([4]).
L’augurio che
Michael Stipe morisse di AIDS è di Nicky Wire ([5]).
Diverso tempo dopo “ritrattato.
Ecco: propaganda
o altro poco importa.
I ministri della
dis-informazione ([6]) Richard “Richey James”
Edwards e Nicky Wire hanno sempre ben compreso la portata dei loro proclami.Né il verbo è mai stato sfumato da una musica comunque più ortodossa affidata al fuoco sonico di James Dean Bradfield e di Sean Moore.
Quindi essere
non mero ascoltatore, bensì lucido ma incondizionato estimatore di quattro Gallesi
dallo pseudonimo improbabile (avrebbero retto ugualmente se avessero optato
definitivamente per il moniker Betty Blue? Inutile
esercizio intellettuale: non accadde) riduceva le proprie frequentazioni.
Dei Manic Street
Preachers nessun pubblico di massa si accorse sino al quarto album: Everything Must Go.
In realtà quello
che molti conobbero furono i soli singoli.
Si susseguono
poi canzoni, proclami, concerti, antologie, cadute, resurrezioni, prove
soliste, famiglie, delusioni, tentativi, fallimenti, ..., Patrick Jones, Hall
Or Nothing ...
Ma la street cred ancora regge. Se si è
intelligenti quella non si perde mai: chi ti ascolta percepisce anche ciò che
sta dietro ogni tuo sforzo.
Quindi ancora
vale la pena.
Del resto con
altri argomenti e altre parole lo ho già scritto, talvolta anche non ex professo.Mi raccomando: sempre con entusiasmo del momento nell’ascolto e poi laborioso accanimento nel condividere e sviluppare citazioni e riferimenti certe volte cosi poco immediati che ci si può perdere per motivi anche generazionali ([7]).
Per i lettori
che non mi/ci capiscono – ancora! – you
love us ([8]).
Per i lettori che condividono –
ancora? – stay beautiful.
Steg
La copertina |
©
2012 Steg, Milano, Italia.
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e/o archiviata (anche su sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta
e/o archiviata per il pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun
caso, dell’espresso consenso scritto dell’autore.
[1] Credo
che l’angolo dedicato a John Lennon, al Central Park di New York City, sia una
delle idee più squallide e modeste che ci siano: in ragione di coloro che lo
visitano.
[2] Ho
uno o due loro CD, per forza di cose: da bansheeiano storico quale sono.
[3]
Verosimilmente, i ragazzi erano legalmente mal assistiti quando lasciarono la
Heavenly Records, come lo furono prima di loro The Clash.
Ma probabilmente si
tralasciò qualche dettaglio per – anche – coprire le spese del generoso
management di Philip Hall.
[4] Certo
sarebbe un’idea se qualcuno realizzasse un orologio da polso con la cassa
“replica” di quello di Hiroshima (o almeno riprodotta sul quadrante) devolvendo
– per davvero – i ricavi in favore delle vittime di quella bomba.
[5]
D’altronde gli è anche attribuita la frase: “I detest
every other musician I've ever met”.
[6] Lo
stile mio è quel che è: non perché “il
talento fa ciò che vuole e il genio quello che può” – Carmelo Bene dixit – ma perché questa resta, anche,
una fanzine, priva di periodicità.
[7] Lipstick Traces
di Greil Marcus rimane un testo ostico, che già appariva superato o ignoto a
chi non era un ‘77 rebel with a brain.
Ma il double pun, anche dollsiano,
forse piacque troppo.
In ogni caso è anche una
antologia atipica dei MSP difficilmente trascurabile.
[8] In
fondo anche un riferimento antziano.
Uuuhhhmmmm. La ritrattazione di Nicky Jones su Michael Stipe mi ricorda di una lunga conversazione con lui sotto l'uscita di 'Lifeblood' nel 2004.
RispondiEliminaGli chiedo cosa pensa di "I laughed when Lennon got shot" a anni di distanza. Lui: "Well, er......you know….I know it sounds corny but it was a stunt, it was just attention seeking". Jeez. E’ tassativamente serissimo.
Dopo gli cito un' uscita di Lydon alla conferenza stampa della PistolReunion ("Rock music today is almost as relevant as opera"). Sorride e scuote la testa: "Oh, Johnny is always good for a quote". Un minuto dopo gli suona il cellulare. Risponde, cambia espressione: "John Peel is dead, let’s check out on the net".
Alas, ci avevo visto chissà quale segno. Mai sottovalutare l’opera e i suoi effetti.