ORSON
WELLES: UNA VITA IN DISCESA?
Sono stato
affascinato da Orson Welles sin da quando venni a conoscenza che suo era il
film da tutti ritenuto il più grande capolavoro del cinema, il suo primo lungometraggio da regista, del
1941: Citizen Kane ([1]), e –
contemporaneamente – lo dipingevano come un fallito nella vecchiaia disposto a
recitare in quegli spot pubblicitari televisivi italiani noti come Carosello.
Dovevo essere
ancora studente di scuola media inferiore quando ebbi questa informazione
fondamentale.
Ecco, fra questi
due estremi ognuno può esplorare questa figura anche fisicamente imponente, se
non addirittura dominante.
Per me egli è (altresì)
un Ernest Hemingway “venuto meglio” ([2]), che
si scola bottiglie di champagne nell’unico livello in cui ha significato lo
Harry’s Bar di Venezia ([3]) cioè
quello che soffre dell’acqua alta ([4]).
Certo è senza un
Nobel il colosso di Kenosha, Wisconsin, ma come scrisse Niccolò Machiavelli i
titoli da soli non sono significativi delle persone al contrario sono queste
ultime che “li illustrano”.
Grandi film
realizzati e grandi film non realizzati.
Ecco per esempio
l’asse ideale fra Welles e James Dean con un The Little Prince (ché uscì prima negli USA e poi in Francia) da
entrambi sognato in versione cinematografica: cercate la sceneggiatura scritta
dal primo.
Oppure un Don Quixote non completato, ma iniziato.
E che dire, per
coloro ([5]) che
hanno nel cuore Apocalypse Now ([6]), del
progetto di una trasposizione su celluloide di Heart of Darkness di Joseph Conrad? Esiste solo qualche prova.
Tori e corrida
per Hemingway, Welles e Dean. Per inciso.
Ma prima del
capolavoro dei capolavori per il grand
ecran, c’è il gesto ancor più ribelle: forse invidiato da Guy Debord o da
Malcolm McLaren: la invasione dei marziani, nel 1938. Solo una lettura radiofonica
dalla War of the Worlds del suo quasi
omonimo, già illustre H. G. Wells: il 30 ottobre ([7])?
Ma non si vive
di sola rendita: si pensi a un successo commerciale come quello de The Lady from Shangay che vede
protagonista sua moglie Rita Hayworth.
Più sottili
forse Touch of Evil oppure The Third Man (non una sua regia) ([8]).
Poi c’è quel
progetto, ultimato, che è Confidential
Report (o Mr. Arkadin, titolo con
cui forse è più noto).
O quello strano
prodotto filmico che ricordo con uno dei suoi molti titoli: F for Fakes.
Orson Welles
aveva anche un bel tratto grafico, essenziale come quello di, suo ammiratore,
Jean Cocteau.
Se potete,
cercate il volume del 1982 di Maurice Bessy intitolato semplicemente con nome e
cognome del grandissimo regista e sceneggiatore e attore: troverete degli
splendidi esempi del disegno wellesiano.
Steg
POST SCRIPTUM
Per i più curiosi e pazienti, vale la pena di cercare su You Tube la
versione di 2 ore e 44 minuti del documentario BBC: Arena – The Orson Welles Story. Ovviamente sarebbe bello se fosse
possibile comprarne copia, ma al solito le masse assumono ben altro oppio
audiovisivo.
Steg
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ciascun caso, dell’espresso consenso scritto dell’autore.
[1] Lo
preciso per te lettore/trice, il/la più giovane del blog per cui idealmente solo/a scrivo.
[2] La
mia opinione più contraddittoria è forse su questo scrittore.
[3] Che non è il solo e storico nel mondo.
Ne esiste uno a Parigi ben
più antico, già centenario, noto anche come Harry’s New York Bar, che con la “barra”
dell’albergo Ritz di Place Vendome si contende il titolo di locale dove fu
inventato il Bloody Mary. Of cockails and
men...
[4] Dove
i tavoli arrivano al numero 12, ma sono 14.
[5] Me
incluso e una mia amica lettrice che non nomino al solito per proteggere gli
innocenti.
[6]
Degli, anche loro corpulenti, Francis Ford “Rumblefish” Coppola e John “Big
Wednesday” Milius.
[7] Molti
anni fa fu pubblicata in CD. Oggi chissà.
[8] Ennesima dimostrazione – anche – del fatto che Alida Valli
sapeva recitare.
Sulla bellezza assoluta del
viso di questa attrice, tale da rendere banale quello di Grace Kelly!,
bisognerebbe meditare ogni giorno.
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