HUGO
PRATT: QUANTO ANCORA C’È DA RASCHIARE?
(e qualche mio
aneddoto,
con un pensiero
alla “grande belga” Anne Frognier)
L’impressione è che il barile
prattiano sia ormai raschiato anche sui lati.
È stato
pubblicato in queste settimane (autunno 2012) un volume intitolato Capitan Cormorant che contiene il solo
episodio, il primo, disegnato da Hugo Pratt: ma non sono stati usati gli
originali perché essi sono stati dispersi fra i collezionisti tanti anni fa.
Se quando si
ripubblicano registrazioni audio si parla delle rimasterizzazioni, sarebbe
corretto anche in caso di fumetti (che non
sono libri tradizionali) spiegare “da dove si parte”.
Mortificante
anche il volume Wheeling pubblicato sempre nel 2012: infatti, il
libro contiene come extra quella serie di tavole intitolate Leggende indiane, unico modo per far
comprare quel volume da chi altrimenti non lo comprerebbe.
Ciò perché
questo Wheeling soffre un formato che
non è di ampio respiro, con anche gli acquerelli d’accompagnamento “impiccati”.
Un rimpianto, un
altro, per il “totemico tomo” edito a Genova da Ivaldi nel 1972: quale che sia
l’edizione che riuscite a reperire ([1]), un
gioiello e basta (tutte le successive edizioni sono pochissima cosa).
Bel volume di
Laura Scarpa, intitolato Hugo Pratt - Le
lezioni perdute, uscito sempre in questo autunno 2012, ma alla fine anch’esso
si dimostra incompleto e molto di parte ([2]).
O meglio: esso
si risolve in una sorta di visione dal buco della serratura, come già in
passato accadde.
Del resto un
venditore di bandes dessinée parigino,
dalle parti della Gare du Nord, mi sibilò che era lui a prestare a Dominique
Petitfaux gli albi poco comuni riprodotti nelle due, fondamentali, opere
dedicate a Pratt da questo autorevole scrittore francese ([3]).
Nel libro della
Scarpa sono riprodotte pagine di grande interesse, ma tutto è ancora (e
sempre?) parziale e paralizzato.
La ragione
principale è nota: sull’opera di Pratt il controllo è massimo, i soci di
controllo ([4]), appunto, della elvetica Società
Anonima Cong non perdonano.
Quindi ci si
muove entro quello che gli anglosassoni chiamano “fair use” e esercitando il diritto a parlare almeno di sé, diritti
che a nessuno si possono negare, inclusi gli oggetti che fanno parte della propria storia. Anche la figlia Silvina
nel proprio bel libro ([5]) non
ha, è mia opinione, potuto o voluto raccontare papà Hugo come si poteva pensare
e comunque quanto lei ha raccontato ha un retrogusto di soggezione che stona ([6]).
Meno
comprensibile è – lo ritengo un dato oggettivo poiché anni fa mi vennero
offerte (non le acquistai) “matite” dove era evidente anche il suo tratto – il relegare
da parte della Scarpa Mario Faustinelli a nulla o quasi come apporto grafico (“altri disegnatori” (pagina 14)) ([7]),
mentre – diversi collezionisti possono smentire l’assunto di questo fumettista
– Stelio Fenzo non è il solo a disporre di disegni prattiani ([8]) del
periodo iniziale della sua carriera.
Ebbene, con un
po’ di tenerezza ricordo me stesso: circa 7 lustri fa: consultando l’elenco
telefonico di Venezia, alla stazione ferroviaria, incappai nell’indirizzo di
Malamocco di Hugo Pratt. Cioè lo trovai facilmente ma ... Piccolo segreto.
Un quarto di
secolo dopo, abbastanza facilmente trovai un altro indirizzo, cui scrissi; in
Francia.
Allora volevo
scrivere il mio libro sul padre di Corto Maltese.
Ricevetti da
quell’indirizzo una qualche risposta, per posta elettronica mi pare.
Finì che andai a
Malamocco a quell’indirizzo dell’elenco telefonico, due volte in due splendidi
giorni di estate.
La seconda
mangiammo – io, la mia fidanzata e Anne (o Ana, o Anna) Frognier ([9]) –
degli ottimi scampi preparati dalla padrona di casa su una terrazza deliziosa.
Alla fine della nostra seconda conversazione (non le ho mai sbobinate) si andò
in auto (la Signora Frognier era già “nonna volante”, come lei amava definirsi
con sottile charme mascherato da una
sincera genuinità ([10]) “a trovare Ivo” (Pavone). Lì incontrai
anche Roberto Reali: letteralmente un motore di ricerche e scoperte e
iniziative prattiane, strappato qualche anno dopo alla vita da un tumore, un
vero gentleman ([11]).
Non vidi più
Madame Frognier, con cui (e con Silvina Pratt) ebbi ancora qualche cordiale
corrispondenza, incontrai qualche volta Roberto Reali e in un paio di occasioni
Ivo Pavone.
Da tutto ciò
trasse giovamento e sollievo la mia passione collezionistica; ma, soprattutto,
decisi che il mio libro su Pratt poteva aspettare, forse per sempre perché
qualche aneddoto preferisco ancora tenerlo per me.
Io continuo
strenuamente, faziosamente e univocamente a considerare i colori “di Anne” per
le storie di Corto Maltese i più belli ed inimitabili e Anne Frognier, cui
rivolgo un ennesimo saluto e un altro infinito ringraziamento per il tempo
dedicatomi, una donna eccezionale e affascinante.
Andate a leggere
Anna della giungla, ascoltate poi quel che volete (“Sweet 16” , “Little Wing”, “A Question
of Time”, ...) e forse capirete cosa provò Pratt a Buenos Aires per questa
ragazzina bionda e lentigginosa.
Hugo e Anne
vivevano fianco a fianco, ripeto fianco a fianco, lì a Malamocco con Silvina e
Giona.
Tutto il resto
rischia di essere solo fatto di dimensionalmente grandi e qualitativamente
modeste, inutili, vecchie e retoriche, monate
([12])!
Steg
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sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/od archiviata per il
pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore.
[1] E
potete permettervela.
Certo leggere questo
fumettista dal 1973 mi
ha aiutato nel creare una biblioteca delle sue opere a prezzi normali. Il tempo
della ricerca ovviamente ha un valore, ma era collezionismo (e alla libreria Il
Sileno di Genova i numeri de Il Sergente
Kirk, sempre Ivaldi, pochi li consideravano e lo stesso accadeva alla
Milano Libri dove comprai anche, appunto, Wheeling).
[2]
Prevalentemente da esso prende spunto questo secondo post su Hugo Pratt.
[3] Si
tratta di De l’autre coté de Corto e Le Desir D’Etre Inutile.
Entrambi editi anche in
Italia.
[4] Non è
ozioso ricordare come Silvina e il fratello Jonas, figli di Hugo Pratt e Anne
Frognier, abbiano fondato un comitato per tutelare i propri diritti: http://comitepratt.canalblog.com.
[5] Avec Hugo. Un’edizione anche qui da noi,
la quale credo abbia venduto qualche decina di copie, purtroppo.
[6] Le
foto di famiglia dove tutti ridono, a Malamocco, sono (o erano?) altra cosa.
[7]
Questa riscrittura, comune a David Bowie, della propria carriera mi rattrista
in quanto essa è soprattutto post
Pratt (e Faustinelli) mortem, ma non
solo: come dichiara Ivo Pavone a pagina 35 del libro di Scarpa.
[8] Se li
firmava, allora era con Ugo senza la h e il cognome prima del nome, magari
anche con “Davide” vicino, che era lo pseudonimo di Mario Faustinelli.
[9]
Seconda – unica vera? – moglie di Hugo Pratt.
Sono polemico? Ma certo che
lo sono. E ricordo anche Gisela Dexter.
Quelli erano i due volti
femminili su cui costruivo le scorrerie porteñe di Hugo narrate da Alberto Ongaro e quelli rimangono anche oggi.
[10] Come
talune donne della pampa argentina.
[11]
Conservo ancora anche certe sue buste e certi suoi piccoli appunti.
[12]
Anche perché della santificazione di Pratt, Vincenzo Mollica docet, io sono stufo.
Possibile che nemmeno oggi,
che sono entrambi disponibili, non sappiano i cultori di Pratt leggere
l’aspetto ribelle e ruthless di cui a
Le pulci penetranti e a Un romanzo d’avventura?
Eppure Corto Maltese
avvisava: “Fermarsi nel passato come fa
lei… è come custodire un cimitero” (da “Una ballata del mare salato”,
tavola 131).
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