Metroplex, Transmat e KMS sono la trimurti di una delle
più interessanti, ma poco note, correnti musicali dell’ultimo quarto del secolo
scorso.
La splendida ignoranza della massa fa sì che la Techno
sia considerata come musica da macelleria danzereccia confezionata a BPM
infartuali “gabber” da qualche parte nei Paesi Bassi ([2]).
Una sorella “minore e minorata” della House, della quale
già nemmeno ci si preoccupa di svolgere considerazioni.
Ebbene almeno diciamo che la sorella/stra maggiore è di
Chicago mentre la sua giovane germana nasce anch’ella in quel midwest lontano dalle due coste e che
quindi soffre di inferiorità rispetto alle due capitali della musica
riconosciute mondialmente ([3])
([4]).
Tre le etichette e tre i nomi fondamentali: Derrick May,
Kevin Saunderson e Juan Atkins.
Ragazzi che amano la musica elettronica, riconoscono
valore sia ai Kraftwerk, sia ai Depeche Mode.
Nulla di strano se non fosse che l’asse fra la città dei
motori e Düsseldorf ([5])
è tracciato da artisti di colore.
Dodici pollici pressati su vinile quasi butterato che si
esportano in Europa (da pronunciare
quindi “Oiropa”).
Un album fantasma per anni per un omonimo gruppo
fantasma, Cybotron.
L’azzeramento visuale aumenta il mistero ([6]).
Che fare? Evidentemente ascoltare la musica assicurandosi
di non incappare in derivazioni.
Si stagliano, quasi ad ogni costo, due antologie: Retrotechno-Detroit Definitive e Techno One and
Two ([7])
e poi il l’espanso Motor City Machine
dei Cybotron e l’assoluto Classics
dei Model 500.
Dopodiché, ognuno potrà muoversi con le proprie gambe e,
magari, cercarsi qualche antica antologia della berlinese etichetta Tresor.
Steg
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privati e/o riprodotta e/o archiviata per il pubblico senza il preventivo
ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso scritto dell’autore.
[1]
Troppo facile intitolare il post
“Techno por favor”, canzone da cui è tratta la citazione.
[2]
Rispetto ai quali altra ignoranza garantisce soggiorni opachi fra un manifesto
arrotolato di Van Gogh e velleità edonistiche comprate a poco prezzo per
squallide escursioni tabagistiche o veneree. Rispettivamente: la prima prassi
riferita prevalentemente alle donne, la seconda ad entrambi i sessi e la terza
agli uomini.
[3]
Nashville è snobbata, ma tre, ancora, sono le legislazioni statali fondamentali
per la musica negli USA: California, Tennessee e New York.
[4] Ma
come sanno i conoscitori, nella Città dei motori hanno avuto: i natali la
Motown – crasi – e risonanza MC5 e The Stooges.
Aggiungo “Panic in Detroit”
per il buon intenditore.
[5] Con
una frangia berlinese. Posto che una influenza significativa, sebbene ancora
meno nota, è data dalle Liaisons Dangereuses, compagine che nella formazione a
trio ha creato “Los Niños Del Parque”.
Ebbene se Chrislo Haas
arrivava dai non ancora cruciali Deutsch Amerikanische Freundschaft, Beate
Bartel proveniva dalla all girl band
nativa di Metropolis Mania D (vedi Malaria! per le sue compagne d’avventura).
[6] Un
dato interessante è che questo genere musicale rimane assolutamente senza
volto, a differenza dell’iconografia che la “costola hip hop” della House in qualche modo offre.
Anche per questo motivo,
scrivo meno del solito.
[7] Si
tratta dell’assemblaggio di due album in vinile in un doppio CD.
Fruscia il vinile in
qualche traccia dell’altra compilation citata, a riprova del valore anche
amatoriale (ma non dilettantesco: conferma ne sono le corpose note di
copertina) del release.
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