MARC
ALMOND
Il fatto che io
non ami molto le esecuzioni dal vivo, anche quando si tratti di Thelonious Monk
o di Miles Davis, credo sia una garanzia.
Per Marc Almond
posso affermare che talune sue esecuzioni in pubblico sono essenziali.
Ma forse il
dettaglio non sorprende se si considera la dimensione eminentemente “da palco”
di questo artista, nella quale appena i riflettori si spengono le pietre
preziose tornano ad essere solo lustrini.
Il che spiega
anche quella fascinazione per la Spagna di Almond: lui ragiona con quella
serietà e quella drammaticità di chi si espone alla gloria e al rischio con
indosso solo un traje de luces: il
torero.
Cosi nel suo
bagaglio di note aveva non solo il punk e i suoi post(-umi), ma anche gli echi
del Wigan Casino e dei soul boys dalle mani
sporche di talco per rotare in pista come dervisci elettrici nella tenebra del
fine settimana.
Le illazioni
sugli orientamenti sessuali di Marc Almond provvide lui stesso a dissiparle, in
maniera sempre più manifesta, man mano che il successo (davvero inspiegabile)
del floor filler “Tainted Love”
scemava pur rivelandosi un long seller
da primato.
Intanto, con il
loro manager Stevo i Soft Cell affrontavano schizofrenicamente la scena
musicale: album non facili (anche il primo) e singoli da pista da ballo (ma che
dire di “Say Hello, Wave Goodbye” o della monumentale ([1]) e
totemica “Torch”?).
In effetti, ho problemi a indicare una scelta di partenza al neofita, in quanto almeno una decina di album si presentano siccome imprescindibili ([2]).
Anzi,
addirittura la raccolta in triplo CD delle extended
version di canzoni dei Soft Cell si rivela importante.
In una visione
artistica di kitchen sink drama, Morrissey
lascia in sottofondo scontato il fatto che il rubinetto del lavandino
sgocciola.
Ebbene Marc
Almond riesce – anche – a raccontarvi quel rubinetto. Ma egli riesce, altresì,
a rendervi partecipe di serate effimere epperò piacevoli.
Insomma per me
(e senza fare paragoni ulteriori) Almond è un artista molto completo capace di
avventurarsi in generi che solo la sua voce, che voce!, può affrontare con
impegno ma senza timori reverenziali superflui.
Per una volta,
mi concedo una sintesi, proprio perché è una contraddizione in termini, ma
prevede, appunto, la conoscenza dell’intera sua carriera: se volete ascoltare
una sola canzone di Almond (e Ball), allora affidatevi a “Youth” dei Soft Cell,
con testo in contemporanea lettura.
Poi ne
riparliamo.
©
2012 Steg, Milano, Italia.
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archiviata per il pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso,
dell’espresso consenso scritto dell’autore.
[1] È uno
di quei casi in cui la versione del 12”
è quella che conta.
[2] La
campata degli album e dei singoli che si presenta al mio sguardo è
impressionante, ma gli scarti sono minimi. In modo assolutamente parziale,
rammento per esempio che Open Up All
Night del 1999 (ristampato tempo fa in versione di doppio CD) contiene un
duetto con Siouxsie. Della sua passione per Jacques Brel già ho scritto.
Purtroppo per il neofita la
pletora di versioni disponibili - in quello che rimane il formato di
riferimento, il Compact Disc – può sconcertare (più che con The Associates)
anche perché la “regola del più recente” – che comunque consiglio di seguire -
può confliggere con le scelte dell’artista, che osteggiò alcune riedizioni.
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