BIG WEDNESDAY: THE MOVIE
Inizio degli
scorsi anni ’90: affacciati alla balconata del Rolling Stone di Milano,
assistendo a un concerto de The Ramones, non ci sono Matt, Jack e Leroy, ma
Tonito, Tiberio ed io. Però per me è chiaro: è (il) Grande Mercoledì e non ce
ne saranno quindi altri.
Credo che John
Milius apprezzerebbe questo prologo.
Chi si è sentito
tradito dal mio post intitolato “Big
Wednesday” sappia che il mio era un omaggio attraverso Johnny Thunders, cui si
devono alcune splendide versioni di uno dei due sommi “strumentali” della surf
music: “Pipeline” (dei Chantays, l’altro è “Wipe Out” dei Surfaris ([1])),
all’omonimo film di John Milius.
In Italia,
solitamente Big Wednesday è
classificato come “di destra” o “politicamente ambiguo”.
Sciocchezze:
ragazzi che fanno di tutto per non essere arruolati e finire in Vietnam a
combattere, un campione di surf (Matt) che non viene a patti con l’età adulta,
un veterano (Jack) tradito dalla madre patria. Che film hanno visto questi
critici?
Io gli schieramenti
politici li ho lasciati 35 anni fa.
Il capolavoro di
Milius è un cult movie per cultori:
successivo ad American Graffiti, è del 1978, richiede – appunto – che si apprezzi
una certa filmografia sullo star male (e bene) dei giovani di cui non credo di dover
indicare le pietre miliari (tanto prima o poi compaiono in questo blog).
Nel 1979 uscirà The Wanderers che è il film ([2]) –
data anche una campagna di lancio assurda per sfruttare il successo di The Warriors – meno compreso della
decade soprattutto in Italia ([3]).
John Milius, che
ricordo essere lo sceneggiatore di Apocalypse
Now, dipinge un quadro di bellezza ed imperfezione uniche, da cui nessuno
esce bene ma da cui gli eroi emergono senza più complessi di colpa non curati.
Matt, Jack e
Leroy hanno il riconoscimento – come tutti quelli come loro dovrebbero avere –
di essere stati gli originali mentre Bear ([4]) pare
un moderno Omero più scaltro di come lui si dichiari.
Uno dei punti di
forza di Big Wednesday è che non può ragionevolmente
avere un seguito in quanto esso “finisce con il proprio seguito”.
Sottolineo anche
la grande idea di John Milius di non anteporre l’articolo “the” nel titolo: il
mercoledì è così di grandezza assoluta ed incomparabile.
La colonna
sonora esiste in CD, ma senza le canzoni non originali. Un peccato soprattutto
per una shangri-lasiana “Will You Love Me Tomorrow” di Carole King e “Do You
Wanna Dance” di Bobby Freeman (ma più nota nella versione de “da brudders”
Ramones).
Che fare? Notte
insonne e quindi American Graffiti, The Wanderers e Big Wednesday.
In questo
ordine.
Steg
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archiviata per il pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso,
dell’espresso consenso scritto dell’autore.
[1] Di
quest’ultimo mi risulta soltanto una versione live eseguita da Thunders, dunque non era pare del suo – peraltro
esteso – repertorio di altrui classici.
[2]
Tratto dall’omonimo romanzo di Richard Price, autore abbastanza noto negli USA;
il film Clockers di Spike Lee è
tratto da un altro suo romanzo.
[3] Caso
vuole che nella sua colonna sonora, seppure sia ambientato a New York City, si
rinvengano i due surf instrumental
sopra citati.
[4]
Riduttiva una descrizione di questo personaggio, spiacente.
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