CLOCKWORK SUPPORTERS E ALTRE AMENITÀ
(contro
il tifo obbligatorio)
Premessa 1:
trovo il calcio noiosissimo, sport lento.
Ho provato a
giocarlo qualche volta, sotto i 10 anni, ho smesso subito.
Premessa 2: tifo
Milan, non indotto, pur essendo di famiglia milanista.
Ciononostante, sento
più mia la scelta di tifare i New York Yankees nel baseball.
Premessa 3:
significativamente il giornalista Giuseppe (ma ama farsi chiamare Beppe)
Severgnini tifoso dell’Inter, che notoriamente ha un numero esiguo di giocatori
italiani se non unitario, “ci” scrive (nella sua rubrica su Sette del 29 giugno 2012) e dice che si
deve tifare Italia agli europei. Non è il Barcellona, evidentemente (quanto a
numero di giocatori nazionali), l’Inter, quindi perché dovrei ascoltarlo?
Premessa 4: mi
ha dato molto fastidio vedere Pirlo (ex milanista) giocare nelle fila della
Juventus, ma contemporaneamente – da dichiarato incompetente quale sono – mi chiedo
se nella “nazionale di Prandelli” ci sia chi tira le punizioni meglio di Alessandro
Del Piero.
Premessa 5:
rugginosi giornalisti che sono pagati da noi che paghiamo il canone RAI ([1])
spiegano nella tarda serata del 1 luglio 2012 che alle squadre di club
calcistiche italiane non interessa nulla della nazionale.
Ecco, allora,
perché non capisco questo obbligo di tifare Italia.
Dove si vede la
nazione? Non si vede.
Per lo meno io
non la vedo.
Posso avere una
vena di simpatia per un capitano, il portiere Gianluigi Buffon, che ha sofferto
di depressione, ma non vedo una nazionale.
Mancano le “bandiere
in campo”, mancano cioè i grandi giocatori simbolo.
Allora questi
tifosi che si disinteressano di tutto, incluso il costo dei carburanti, che
festeggiano le vittorie della squadra dell’Italia strombazzando per le strade
cittadine mi fanno contemporaneamente tristezza e fastidio, come coloro che
tifano Ferrari ad oltranza.
Io ho tifato
Germania, e poi Spagna.
Per un motivo
molto semplice: io non ho nulla a che vedere con una squadra assemblata quasi
per caso, cosi come non capisco perché dovrei identificarmi con tifosi che
durante l’anno sputano veleno sui giocatori delle squadre rivali (salvo poi
trovarli nella nazionale).
Dunque io non mi
mischio con questi “tifosi a orologeria”.
Ma non nel senso
deflagrante di Anthony Burgess, bensì in quello di un sostegno che finisce e
scade appena si sentirà la suoneria.
Infatti, oggi
sono già tutti a criticare.
Mi rendo conto
che questo post è intellettualmente
modesto, ma l’argomento è quello che è.
Steg
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2012 Steg, Milano, Italia.
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archiviata (anche su sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/o
archiviata per il pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso,
dell’espresso consenso scritto dell’autore.
[1] Ma
non sono convinto che il canone sia giusto “in sé”.
Sono decenni che conosco il
dubbioso brocardo latino per cui, declinato in Italiano: “è legge ciò che è
giusto o è giusto ciò che è legge?”
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