NOI
ERAVAMO …
…
OVVERO PRO 1977
Sono spesso
infastidito, come un rinoceronte da parte di un insetto che cerca di pungergli
la schiena (ma tant’è), da parte di quelli che – in sintesi – dicono: “eh ma che noia! Basta con voi e il punk”.
Di solito, sono persone che essendo nati pochi anni dopo di noi hanno
semplicemente mancato un momento unico: perché il grunge (o i Nirvana?) non fu
mondiale nelle proprie origini. Una piccola conferma di ciò arriva dall’album The Spaghetti Incident dei Guns n’
Roses: basta leggere titoli e artisti interpretati in questa antologia
generazionale.
Mancare il
punk, per mero dato anagrafico, ha avuto
una conseguenza piuttosto, e ulteriormente, grave: aver perso anche il
post-punk (o
after punk, o
…) che ha una
inafferrabilità assoluta (
), se
ad esempio si considera che Suicide o Neu! o Kraftwerk cavalcavano e
scavalcavano il punk (vogliamo anche metterci i Silver Apples?).
È una premessa
quella qui sopra? Alla apparenza.
Invece, forse è
una chiave di lettura, oppure una conclusione anticipata. Forse
Noi eravamo:
leggeri come Ussari.
Noi eravamo:
fedeli come la Vecchia Guardia Napoleonica (
).
Noi eravamo:
individualisti come gli Arditi in azione.
Noi eravamo:
senza patria eppure con un solo credo come i Legionari di Aubagne.
Perché? Perché
riuscivamo ad essere seri e flessibili, monolitici ed eclettici: come tutto ciò
che ornava i nostri “cuoi” (
).
Talvolta c’erano
degli incroci fantastici, come i numeri di
Vague
(con la “a”) di Tom Vague (
)):
uno dedicato “agli” Antz e uno “ai” Banshees.
Noi in Italia
per certi versi abbiamo subìto la accelerazione maggiormente: stavamo ancora
assimilando Sex Pistols, The Clash, Damned, The Stranglers, Ramones, magari
Ultravox! e altri … (
) e
all’orizzonte 1978 compaiono P.I.L., Siouxsie and the Banshees e poi i
ritardatari Adam and the Ants.
Senza
dimenticare che la prima Human League che apre a The Rezillos nell’estate 1978
è voluta quell’autunno da Steven Severin cum
Banshees nel tour di questi ultimi.
Fummo
indubbiamente dei privilegiati casuali alla nascita.
Ma poi ci
conquistammo tutto: ogni
pass, ogni
free drink, piccoli segni di fiducia che
ci portavano ad essere i lontani componenti di famiglie di sfamigliati. Ognuno
ha la sua storia …: io l’Italiano che quanto a Siouxsie and the Banshees si
vedeva presentare ciascun chitarrista successivo a John McGeoch (
), ho
incrociato madre e fratello di Siouxsie in camerino e parlato a lungo con sua
sorella prima di un concerto.
P. M. con Adam
Ant.
Un altro
milanese di cui nemmeno ricordo il nome (lo incrociavo con il suo pastore
tedesco; dovrei scartabellare libri) che probabilmente conciliava le
incompatibilità di Joey e Tommy “da brudders” Ramone.
Senza il punk noi non varremmo quanto valiamo,
non sarei potuto andare al concerto dei Damned al Teatro Orfeo di Milano nella
primavera 1980 indossando la parka e alla fine di quello stesso anno preferire
“To Cut A Long Story Short” a Sandinista!.
E quindi tutte
le successive strade di ognuno di noi sono rispettabili; e tentativi di
stupirci, ad esempio, gli 808 State rovinavano perché tanto i miglior Depeche
Mode ci avevano fatto mordere i Front 242 mentre gli Electribe 101 li avevano
recensiti sulla stampa Siouxsie e Budgie.
Noi, così
individualisti che a costo di lesa maestà una sera dell’agosto 1981 snobbavamo
The Altered Images per preferire i Ludus al London Heaven (ci sarebbero voluti
altri due anni per il primo singolo di The Smiths, ma forse è meglio che mi
fermi qui).
Nota di
chiusura: questo post
nasce dal mio
avere, finalmente, sintetizzato perché non capisco coloro i quali “seguono” un
solo artista e – nel migliore dei casi – devono dire “David Bowie” (o peggio
“David”
tout court) per farsi piacere
The Idiot di Iggy Pop (
).
Steg
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