EFFETTI
COLLATERALI DELLE EXPANDED EDITION
Questo è il
quarto post sull’argomento ([1]) e
credo sarà l’ultimo.
Ma lo reputo
necessario. Il ragionamento non è più culturale o qualitativo, ma culturale e financo sociale.
L’anno scorso la
crisi economica non era ancora un mostro che faceva paura a tutti, eppure nel forum di Forever Delayed non solo c’erano le lamentele per quella messe di
prodotti a caro prezzo proposti ai più devoti sostenitori dei Manic Street
Preachers (cui questa agorà elettronica si rivolge), ma anche la dichiarazione
di alcuni che a malincuore dichiaravano di non potersi permettere tutto o,
peggio (perché gli oggetti hanno valore affettivo), che avrebbero venduto pezzi
della propria collezione per comprarsi il “nuovo”.
Nel 2012 le
edizioni “espanse”, soprattutto quelle più lussuose, ancora prosperano.
Ma quante copie
si producono per ognuna? Sempre meno ([2]).
Poi ci sono
certe gaffe come quella di So di Peter Gabriel (due limited edition in poco più di un anno),
i ripensamenti insensati (spieghino a chi è diretto il cofanetto più o meno
completista dei Roxy Music orbato dei DVD, posto che dopo i primi quattro album
questo gruppo non fu più fondamentale), e così via.
Si arriva quindi
ai tre titoli di prossima uscita che, per un motivo o per l’altro, mi conducono
a queste ultime considerazioni: l’edizione super deluxe del trentacinquennale
di Never Mind The Bollocks Here’s The Sex
Pistols, il cofanetto sestuplo di The
Velvet Underground and Nico, l’edizione del ventennale di Generation Terrorists dei Manic Street
Preachers per la quale si “teme” un cofanetto in aggiunta ad un’edizione in CD tripla.
Incredibilmente, il primo titolo appare il più interessante per contenuti ([3]), ma
si poteva realizzare una versione un poco meno esorbitante; il secondo sembra
destinato ai pigri in quanto il vero fan di The Velvet Underground ha già tutto
quanto è offerto al di là di una “pulizia” delle registrazioni tratte da
acetati; l’ultima uscita per ora appare misteriosa nei contenuti.
Si badi che sono
tre gruppi i quali hanno sempre avuto un seguito molto forte di cui una sua fascia
propensa, appunto, a comprare tutto.
Il fatto è che,
come già accennato, è finita l’epoca delle collezioni di “varianti” e di
edizioni straniere in cui non cambia nulla. È finita perché l’economia privata
dei collezionisti soffre come quella di tutti gli altri.
Chiamo questi
effetti collaterali poiché non credo a “disegni” stile 1984 da parte delle
imprese fonografiche.
Mi spiego:
costretti dal proprio budget, gli
amanti della musica comprano meno.
Logica vorrebbe
che essi eliminassero il superfluo (le nuove edizioni, pur se arricchite, di ciò
che già hanno nella propria discoteca) e privilegiassero l’esplorazione di
artisti a loro ignoti. Ma il fan propende a fare il contrario: sacrifica il “nuovo”
per il vecchio ([4]).
Risultato:
perdita qualitativa nei propri ascolti (siano essi orientati al nuovo o al
semplice non conosciuto) che tenderanno ad aumentare più lentamente o
addirittura a fermarsi; incapacità, anche, di scelte decisionali ponderate.
In altre parole,
perdita di indipendenza intellettuale (o culturale se si preferisce) che, sebbene
conseguente ad un’incosciente incapacità di scegliere (più grave perché si
riferisce a un bene non di mero consumo, o almeno così dovrebbe) non indotta
dall’esterno ([5]), rimane comunque
preoccupante.
Al di là delle logiche artistiche “pure” ([7]), esistono delle economie d’impresa spesso ignorate dall’acquirente: costa meno realizzare una deluxe edition di Funhouse di The Stooges, di cui si ha anche modo di conoscere quanto potrebbe vendere ([8]), che non investire su un artista sconosciuto.
Quindi di rimedi non ne scorgo.
Chiudo con due
titoli di canzoni e una strofa di una terza sulle quali – volendo – potete
meditare (preferibilmente ascoltando, appunto, le relative registrazioni):
- “Ain’t Nothin’ Goin’ On But The Rent” (artista Gwen Guthrie),
- “Money’s Too Tight To Mention” (artista Simply Red),
- “A cheap holiday/In other people’s misery” (da “Holidays In The Sun, artista Sex Pistols).
Steg
©
2012 Steg, Milano, Italia.
Tutti i diritti riservati/All rights reserved. Nessuna parte di questa opera e/o la
medesima nella sua interezza può essere riprodotta e/o archiviata (anche su
sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/o archiviata per il
pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore.
[1] I
precedenti sono “A proposito di ‘expanded
edition’ di album più o meno fondamentali”, “‘The masses against the classes’? Not really (poco distanti dalle ‘expanded edition’)”, quest’ultimo lo
tradussi anche in Inglese, e “All, or nothing? (ancora soffrendo per le ‘expanded edition‘)”.
[2] Se
penso che nel 1977 una edizione limitata in vinile colorato era tirata in
10.000 copie!
[3] Mi
astengo dall’indicarvi quante versioni sono già nella mia collezione.
[4] Si
badi che anche il downloading si orienta nel senso delle expanded edition: quindi il tema non attiene solo a chi compra
ancora musica riprodotta in supporti fisici.
[5]
Chiaramente per chi vende l’ideale sarebbe che l’ascoltatore comprasse tutto.
[6] Ne
trarrebbero giovamento anche le biblioteche evidentemente indotte ad acquistare
non certo edizioni da decine e decine di Euro di prezzo.
[7] Cioè
non dettate semplicemente da ciò che vende come easy listening.
[8] Basta
procedere attraverso prenotazioni o anche solo sondaggi in internet.
Capita, però, che ci siano
degli errori: vedi il modesto riscontro commerciale dell’edizione cofanetto di Raw Power di Iggy and the Stooges, così
come quello non eccelso di un cofanetto comprendente edizioni in vinile e in CD
della discografia di The Smiths.
Nessun commento:
Posta un commento