"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



mercoledì 17 luglio 2013

ANDREA G. PINKETTS (Sketches series - 3)

ANDREA G. PINKETTS

(Sketches series - 3)

 

La mia frequentazione amichevole (come da sua dedica nella mia copia in prima edizione de Il senso della frase) di Andrea G. Pinketts si concluse molti anni fa, quando a fronte di una blanda critica rivolta a lui o al suo sodale di avventura fumettistica Ade Capone nel corso di una presentazione, fui bersaglio del lancio di un accendino di plastica in un locale di Corso Garibaldi (no, non Le Trottoir), a Milano, che non esiste più: era il Post Cafè ([1]) ([2]).

Proseguii nella lettura dei suoi libri per diverso tempo, ma ormai saranno dieci anni che non cerco una sua novità editoriale.

 

Mi piaceva il suo stile (andai persino a cercare un locale in Via Vincenzo Monti citato nel suo prenominato capolavoro: Il senso della frase): storie ambientate essenzialmente a Milano quando la mia città non era ancora oggetto di tentativi di revival giallistici, meno pesante nelle atmosfere di altri, insomma godibile.

I primi cinque libri che ha scritto da solo valgono la pena ([3]) entro una letteratura di genere che però ha anche un taglio parzialmente cronistico.

 

Poi il calembour ha sostituito the meaning of the phrase, ed è diventato maniera. Peccato.

Probabilmente, dopo aver letto queste righe Pinketts deciderà di tirarmi qualche altro oggetto.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

ADDENDUM

 

Dopo queste righe del 2013 ho scritto ancora di Andrea G. Pinketts nell’anno 2016, in un post piuttosto articolato, nel quale lui faceva da trait d’union letterario; tanto che non è nemmeno menzionato nel titolo del post ([4]).

 

Negli anni poi mi era capitato di incrociarlo per strada, e la domenica a Le Trottoir (nella sede primigenia di Corso Garibaldi) quando si andava a bere l’aperitivo, ed allora lui aveva la stilografica sul tavolo.

Più tardi a qualche presentazione di libri in cui spesso sua era la prefazione.

 

Nel frattempo, l’Autore aveva raggiunto una discreta esposizione televisiva, che però rivelava anche la sua forma fisica non più perfetta.

Egli aveva poi altresì una rubrica sulla testata Noir Magazine ([5]), su cui apparve anche il primo capitolo di quello che doveva essere il “davvero ultimo” romanzo con protagonista Lazzaro Santandrea: Ho fatto giardino ([6]). Così non fu, perché la saga si chiuse con La capanna dello Zio Rom.

 

Tralasciando le vicende personali, sono attualmente alle prese con la seconda rilettura de Il senso della frase e mi sono chiesto ([7]) se esso non fu mai intitolato La “Piaga d’autunno”: e la riflessione nasce dal reputare quest’opera letteraria sicuramente “noir”, ma molto meno spiritosa di quanto la si voglia far credere.

 

A Pinketts è stata, all’inizio del 2019, dedicata una biografia, che ho letto e annotato: Per qualche strana ragione io piacevo ([8]). Si tratta di una tesi di laurea che ha fondamentalmente tre mancanze.

La prima è che già come tesi di laurea ha il difetto di essere, anche se l’autrice la chiama “metabiografia”, carente di precisi riferimenti biografici (il che con il passare degli anni si rivela un punto debole per qualsiasi testo “scientifico”, cioè di studio). La seconda è la totale assenza di un suo aggiornamento (e di una rilettura e parziale riscrittura?), con il risultato evidentemente della incompletezza. La terza è che all’autrice manca ogni senso della città di Milano e quindi le sue citazioni appaiono non di rado troppo personali rispetto all’Autore esaminato.

 

 

“SLIGHT RETURN”

 

A fine 2020, novembre, è ripubblicato il primo romanzo del suo alter ego Santandrea: con una prefazione di Andrea Cappi e con una mezza dozzina di pagine di appendici consistenti in brevi scritti dell’Autore nato Pinchetti.

Avendo appena terminato di leggerla, mi chiedo se la raccolta di racconti Ho una tresca con la tipa nella vasca non sia il migliore libro autobiografico di Pinketts (con il peggior titolo): ve lo dovete comprare usato o remainder (la mia copia è la numero ottantacinque, di una prima edizione che forse rimane unica).

 

Ne approfitto anche - visto che prima o poi tirerà la bora, senza James Joyce - per indurre qualche lettore alla ricerca di una edizione Garzanti che non ne avrà altre del romanzo di Giorgio Scerbanenco Al servizio di chi mi vuole, prefato da Pinketts.

Una conferma dell’asse Milano/Trieste che ha avuto importanza per questi due grandi scrittori milanesi “di ogni genere”.

Finish? Non esattamente: quella prefazione è pubblicata in appendice alla riedizione de Il vizio dell'agnello (nel 2021).

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

 

 

 

© 2013, da 2020 a 2023 Steg, Milano, Italia.

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[1] Ampia descrizione e “confessione” dell’autore nel capitolo XII de Il conto dell’ultima cena, Mondadori (prima edizione del 1998).

[2] Quando lessi (alla sua uscita) Il conto dell'ultima cena (quarto della trilogia pinkettsiana, come noto) osservai soprattutto che non era - non poteva? - essere all'altezza del romanzo precedente.

Oggi rileggendolo fra morti e locali scomparsi a Milano (regge il solo Bar Magenta fra quelli storici), lo leggo in modo diverso.

Con Pinketts mi faccio delle belle camminate mentali per Milano (senza scomodare Charles Baudelaire o Walter Benjamin, i quali però si scomodano da soli).

Avvertenza: questa nota e la precisazione precedente sono del giugno 2022.

[3] Nel 1995 mi dannai per trovare il primo, poi riedito da Feltrinelli sull’onda del successo: Lazzaro, vieni fuori. Lo comprai alla Libreria del giallo (non esiste più) allora con una sede bella e centrale in Milano.

In sintesi: cercate tutto il pubblicato dal precitato editore e aggiungeteci Il conto dell’ultima cena edito da Mondadori.

[6] Uno stealth editoriale, data la sua rarità. Romanzo tortuoso, e rimpiangente, sebbene non ultimo della saga, come già si è notato.

[7] Senza il volume sotto gli occhi la considerazione ha poco senso, ma una logica invece ce l’ha.

1 commento:

  1. Chiunque dichiari "Quando esco la sera e vado in un locale, la gente mi blocca al banco e mi chede cosa sto scrivendo" è un poveraccio.

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