“SALVIAMO
MILANO”. NO TROPPO TARDI!
(più
che nostalgia, rabbia)
Il virgolettato
è talmente banale, che forse non sarebbe necessario riconoscere la fonte, in
quanto di per sé la frase non è, appunto, originale.
Siccome oltre a
quelle due parole c’è un’intera canzone, di Enrico Ruggeri contenuta nell’album
Polvere, è giusto citare.
Non so se
“Salviamo Milano” sia ancora a lui gradita, dato un testo non politicamente corretto,
ma essa resta.
La mia città natale
è diventata il covo di idioti (prevalentemente italiani, per le ragioni che
troverete tratteggiate nel seguito) che percorrono in bicicletta i marciapiedi
([1]);
magari con il casco in testa, come se dal 1970 i crani fossero diventati più
molli e le pavimentazioni più dure.
Intanto noi
paghiamo le piste ciclabili che loro non usano o usano contromano, è un dato di
fatto.
Non è un caso se
molti, lettori e scrittori, di romanzi e racconti polizieschi/neri (o
noir/polar se preferite) rimpiangono Giorgio Scerbanenco.
La Milano che
non c’è più è quella degli anni sessanta del secolo scorso ([2]), una
quasi-metropoli, internazionale (come lo era stata sin dall’Ottocento e poi
diventata ancora di più tale grazie al Futurismo).
Poi tutto
comincia a prendere una brutta piega: la crisi energetica con la chiusura dei
locali pubblici anzitempo a rendere la sera desolata, una normativa fiscale che
obbliga anche i milanesi ad andare all’estero con le banconote nelle mutande o
quasi, il terrorismo a desolare ulteriormente ([3]),
l’incapacità (anche per questa autarchia culturale indotta) a rendersi conto di
ciò che succede fuori dai confini, resero la città italiana più europea un
centro urbano coperto di ferite che non si sarebbero mai rimarginate ([4]) e le
fecero perdere, anche, la capacità di trainare la nazione.
Ecco dunque che
essa non è più la “Milano ‘made in Europe’”
che propagandava Umberto Simonetta; o meglio, la città resta “fabbricata in
Europa”, ma è rimasta senza “manutenzione continentale”.
A parte la
letteratura di genere ([5]) e
non di genere ([6]), è certo che si sono mancate
delle occasioni.
Basti pensare a
ciò che non è successo e a quanto invece è successo (anche per agganci
politici?) nella scena musicale milanese, dove i primi punk si defilarono ([7])
dalle luci dei riflettori, mentre la sinistra tradizionale e non stravolse e
sfigurò una “scena” che altrove era già finita per evoluzione (non per
distruzione).
A che serviva
pattinare alla sera nelle strade del centro (parcheggiando ovviamente dove si
poteva) nell’estate del 1980, quando si faticava a trovare un locale aperto per
una bibita?
Nei tanto
bistrattati ottanta, a Milano ([8]) c’era
ancora quel buffo venditore, un po’ ritardato mentalmente ma molto spiritoso,
che vendeva i “giochini” in Galleria o nei locali; locali frequentati ma senza
alcuna ansia di esserci. Residuava anche qualche venditore di cravatte che
passava la sera fra ristoranti e trattorie (con prezzi da trattoria) con la sua
mercanzia stesa su un braccio.
Soprattutto, a
Milano c’erano i milanesi che stavano in città nel fine settimana: come il
Notaio Franco (nato Francesco) Cavallone, ancor più chino del solito perché in
ogni mano teneva una borsa di plastica piena di libri appena comprati ([9]).
Alla fine noi ci
siamo stancati, noi tutti ancora vivi alla fine di quel decennio (ormai trentenni
o giù di lì), perché poi si cominciò a contare qualche “caduto”.
Dei circa venti anni
successivi si è scritto, filmato, registrato troppo e con i soliti canovacci,
così al “due per uno” si riescono anche ad abbinare gli eighties e i noughties,
con in mezzo dei novanta indefiniti a parte sotto un profilo giudiziario anch’esso
notissimo.
Il risultato nel
2013? Qualche istantanea meneghina eccola qui.
Panini imbottiti
del mezzogiorno tagliati in 4 per diventare cibo per aperitivisti serali storditi
([10]);
lustri e lustri di “vietato costruire” e adesso la scommessa è solo quale delle
nuove edificazioni monstre diverrà
per prima terra di nessuno; tariffe dei mezzi pubblici immutate da tempo
immemorabile ed ora, con il Municipio al centrosinistra, una politica dei
servizi che pare di centrodestra, eccetera; la crisi economica che si manifesta
nei modi più disparati (ma ci vogliono 3 mesi e più perché l’ISTAT confermi che
alle casse dei supermarket aspetta meno gente).
Un’annotazione a
parte merita la tendenza (non solo politica, ma anche della Curia cattolica) a
guardare sempre con un occhio di riguardo e soccorso gli extracomunitari più
“evidenti” ([11]), mentre quasi si
demonizzano “i Cinesi” e restano invisibili Polacchi, Russi, Ukraini, Georgiani
(chiedo scusa se l’elenco non è completo).
Senza
dimenticare che intorno alla città ci sono altre giunte comunali, una provincia
che fu anche gestita dal PD, quindi le responsabilità sono ben suddivise fra i
partiti.
Probabilmente
non è così solo a Milano, ma io vedo questo.
No, non si salva
più niente a meno che non ci salvino gli extracomunitari demonizzati e/o
invisibili, ma ci impiegheranno molti anni.
Steg
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sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/od archiviata per il
pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore.
[1]
Incrociatone uno e quindi sorpassato da un secondo, questo si stupiva che io mi
lamentassi.
[2] E
l’Autore muore il 27 ottobre 1969, dunque alla fine della decade.
Scerbanenco rimane
indissolubilmente legato a quel decennio in quanto le sue opere più riuscite
sono di quegli anni: la serie dedicata a Duca Lamberti e la raccolta di
racconti Milano calibro 9,
essenzialmente. Poi ognuno ha le sue preferenze alternative, io considero molto
bello Al mare con la ragazza (del
1950).
[3] Anche
in questa sede rammento come il “veto Berlinguer” fece sì che il colore nei
programmi televisivi arrivasse tardissimo (tanto che oggi possiamo vedere
programmi che furono realizzati a colori, ma trasmessi originariamente in bianco
e nero!).
Se la cromoterapia è una
scienza seria, allora anche questo incise sul morale.
[4] Mi
astengo da analisi politiche, in quanto salvo eccezioni (il sindaco Gabriele
Albertini) non vedo differenze.
[5]
Rinvio al mio post “L’incapacità di
superare Scerbanenco”.
Essendo un post poco letto, forse è il caso di
ricordarne diverse righe.
“La spiegazione, però, può essere ritrovata
non in chi scrive, ma in ciò che di cui si scrive: Milano non è cambiata molto
in otto lustri.
“Le tre linee di metropolitana non la rendono
più europea della sola linea rossa presente negli scorsi anni sessanta; al
contrario sono le due attualmente mancanti che la inchiodano, insieme al resto
che non c’è, in una dimensione marginale mentre altre città sono cresciute.
“Qualche grattacielo in più, finalmente, non
la avvicina a una City davvero bifronte come quella londinese.
“Assente un fiume che attraversi il capoluogo
lombardo.
“Ecco quindi che è la città a contribuire a
forgiare sempre a sua immagine e somiglianza i personaggi, sebbene in modo
quasi perverso essa sia oggi provinciale: senza una sala da tè Alemagna in Via
Manzoni, con gli edifici che sono diventati più bassi come le persone quando
invecchiano, e il gusto necrofilo per il restauro a tutti i costi anziché la costruzione
del nuovo quando ne valga la pena.
“Al contempo il mancato rispetto per le
tradizioni è concausa: così lo scempio di un Savini dove le Sorelle Giussani
oggi non andrebbero più a pranzare a Ferragosto (e poi due film nel pomeriggio
nel solo giorno di riposo delle mamme di Diabolik)”.
[6]
Rimando ai post “Umberto Simonetta
(Ovvero, un post per milanesi non
troppo giovani o ‘non troppo regolari’)” e “Beppe Viola”.
[7]
Leggete tutto nei post “Note sul punk
in Italia e a Milano” e in“Tonito Memorial (To
live and die in Milano – note sul punk e oltre)”.
[8] Non sono il più adatto per
descrivere la vita notturna; per i dischi, rimando a quanto ho scritto a
proposito di Tape Art.
[9] Morto nel 2005, a 73 anni, ironia
della sorte a Verona, a causa di un infarto. Era appassionato di lirica.
Soprattutto, fu uno dei primi traduttori in lingua
italiana delle strisce dei Peanuts, si dice che inventò lui le “toffolette”. Io
lo ricordo anche condurre impeccabilmente in Inglese un’assemblea societaria di
quelle grondanti fiele e non solo.
[10] Ma
qualcuno mi segnala dalle colonne di Vivimilano
(ovvero: Corriere della Sera) che a
40 Euro bevande escluse, in centro c’è un ristorante che propone un ottimo
hamburger … non temete, i giornalisti de La
Repubblica non sono diversi.
[11]
Anche in questo caso è perché in bicicletta saremmo tutti seduti e comodi, e
quindi non si pone il problema degli stremati sudamericani e degli stanchissimi
Filippini che affollano i posti a sedere del trasporto pubblico a discapito dei
pensionati locali che, chissà come mai?, non svernano in French Riviera?
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