"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



sabato 6 luglio 2013

“SALVIAMO MILANO”. NO TROPPO TARDI! (più che nostalgia, rabbia)


“SALVIAMO MILANO”. NO TROPPO TARDI!
(più che nostalgia, rabbia)
 
Il virgolettato è talmente banale, che forse non sarebbe necessario riconoscere la fonte, in quanto di per sé la frase non è, appunto, originale.
Siccome oltre a quelle due parole c’è un’intera canzone, di Enrico Ruggeri contenuta nell’album Polvere, è giusto citare.
Non so se “Salviamo Milano” sia ancora a lui gradita, dato un testo non politicamente corretto, ma essa resta.
 
La mia città natale è diventata il covo di idioti (prevalentemente italiani, per le ragioni che troverete tratteggiate nel seguito) che percorrono in bicicletta i marciapiedi ([1]); magari con il casco in testa, come se dal 1970 i crani fossero diventati più molli e le pavimentazioni più dure.
Intanto noi paghiamo le piste ciclabili che loro non usano o usano contromano, è un dato di fatto.
 
Non è un caso se molti, lettori e scrittori, di romanzi e racconti polizieschi/neri (o noir/polar se preferite) rimpiangono Giorgio Scerbanenco.
La Milano che non c’è più è quella degli anni sessanta del secolo scorso ([2]), una quasi-metropoli, internazionale (come lo era stata sin dall’Ottocento e poi diventata ancora di più tale grazie al Futurismo).
Poi tutto comincia a prendere una brutta piega: la crisi energetica con la chiusura dei locali pubblici anzitempo a rendere la sera desolata, una normativa fiscale che obbliga anche i milanesi ad andare all’estero con le banconote nelle mutande o quasi, il terrorismo a desolare ulteriormente ([3]), l’incapacità (anche per questa autarchia culturale indotta) a rendersi conto di ciò che succede fuori dai confini, resero la città italiana più europea un centro urbano coperto di ferite che non si sarebbero mai rimarginate ([4]) e le fecero perdere, anche, la capacità di trainare la nazione.
Ecco dunque che essa non è più la “Milano ‘made in Europe’” che propagandava Umberto Simonetta; o meglio, la città resta “fabbricata in Europa”, ma è rimasta senza “manutenzione continentale”.
 
A parte la letteratura di genere ([5]) e non di genere ([6]), è certo che si sono mancate delle occasioni.
Basti pensare a ciò che non è successo e a quanto invece è successo (anche per agganci politici?) nella scena musicale milanese, dove i primi punk si defilarono ([7]) dalle luci dei riflettori, mentre la sinistra tradizionale e non stravolse e sfigurò una “scena” che altrove era già finita per evoluzione (non per distruzione).
 
A che serviva pattinare alla sera nelle strade del centro (parcheggiando ovviamente dove si poteva) nell’estate del 1980, quando si faticava a trovare un locale aperto per una bibita?
Nei tanto bistrattati ottanta, a Milano ([8]) c’era ancora quel buffo venditore, un po’ ritardato mentalmente ma molto spiritoso, che vendeva i “giochini” in Galleria o nei locali; locali frequentati ma senza alcuna ansia di esserci. Residuava anche qualche venditore di cravatte che passava la sera fra ristoranti e trattorie (con prezzi da trattoria) con la sua mercanzia stesa su un braccio.
Soprattutto, a Milano c’erano i milanesi che stavano in città nel fine settimana: come il Notaio Franco (nato Francesco) Cavallone, ancor più chino del solito perché in ogni mano teneva una borsa di plastica piena di libri appena comprati ([9]).
Alla fine noi ci siamo stancati, noi tutti ancora vivi alla fine di quel decennio (ormai trentenni o giù di lì), perché poi si cominciò a contare qualche “caduto”.
 
Dei circa venti anni successivi si è scritto, filmato, registrato troppo e con i soliti canovacci, così al “due per uno” si riescono anche ad abbinare gli eighties e i noughties, con in mezzo dei novanta indefiniti a parte sotto un profilo giudiziario anch’esso notissimo.
 
Il risultato nel 2013? Qualche istantanea meneghina eccola qui.
Panini imbottiti del mezzogiorno tagliati in 4 per diventare cibo per aperitivisti serali storditi ([10]); lustri e lustri di “vietato costruire” e adesso la scommessa è solo quale delle nuove edificazioni monstre diverrà per prima terra di nessuno; tariffe dei mezzi pubblici immutate da tempo immemorabile ed ora, con il Municipio al centrosinistra, una politica dei servizi che pare di centrodestra, eccetera; la crisi economica che si manifesta nei modi più disparati (ma ci vogliono 3 mesi e più perché l’ISTAT confermi che alle casse dei supermarket aspetta meno gente).
Un’annotazione a parte merita la tendenza (non solo politica, ma anche della Curia cattolica) a guardare sempre con un occhio di riguardo e soccorso gli extracomunitari più “evidenti” ([11]), mentre quasi si demonizzano “i Cinesi” e restano invisibili Polacchi, Russi, Ukraini, Georgiani (chiedo scusa se l’elenco non è completo).
 
Senza dimenticare che intorno alla città ci sono altre giunte comunali, una provincia che fu anche gestita dal PD, quindi le responsabilità sono ben suddivise fra i partiti.
Probabilmente non è così solo a Milano, ma io vedo questo.
 
No, non si salva più niente a meno che non ci salvino gli extracomunitari demonizzati e/o invisibili, ma ci impiegheranno molti anni.
 
 
                                                                                                                      Steg
 
 
 
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[1] Incrociatone uno e quindi sorpassato da un secondo, questo si stupiva che io mi lamentassi.
[2] E l’Autore muore il 27 ottobre 1969, dunque alla fine della decade.
Scerbanenco rimane indissolubilmente legato a quel decennio in quanto le sue opere più riuscite sono di quegli anni: la serie dedicata a Duca Lamberti e la raccolta di racconti Milano calibro 9, essenzialmente. Poi ognuno ha le sue preferenze alternative, io considero molto bello Al mare con la ragazza (del 1950).
[3] Anche in questa sede rammento come il “veto Berlinguer” fece sì che il colore nei programmi televisivi arrivasse tardissimo (tanto che oggi possiamo vedere programmi che furono realizzati a colori, ma trasmessi originariamente in bianco e nero!).
Se la cromoterapia è una scienza seria, allora anche questo incise sul morale.
[4] Mi astengo da analisi politiche, in quanto salvo eccezioni (il sindaco Gabriele Albertini) non vedo differenze.
[5] Rinvio al mio post “L’incapacità di superare Scerbanenco”.
Essendo un post poco letto, forse è il caso di ricordarne diverse righe.
La spiegazione, però, può essere ritrovata non in chi scrive, ma in ciò che di cui si scrive: Milano non è cambiata molto in otto lustri.
Le tre linee di metropolitana non la rendono più europea della sola linea rossa presente negli scorsi anni sessanta; al contrario sono le due attualmente mancanti che la inchiodano, insieme al resto che non c’è, in una dimensione marginale mentre altre città sono cresciute.
Qualche grattacielo in più, finalmente, non la avvicina a una City davvero bifronte come quella londinese.
Assente un fiume che attraversi il capoluogo lombardo.
Ecco quindi che è la città a contribuire a forgiare sempre a sua immagine e somiglianza i personaggi, sebbene in modo quasi perverso essa sia oggi provinciale: senza una sala da tè Alemagna in Via Manzoni, con gli edifici che sono diventati più bassi come le persone quando invecchiano, e il gusto necrofilo per il restauro a tutti i costi anziché la costruzione del nuovo quando ne valga la pena.
Al contempo il mancato rispetto per le tradizioni è concausa: così lo scempio di un Savini dove le Sorelle Giussani oggi non andrebbero più a pranzare a Ferragosto (e poi due film nel pomeriggio nel solo giorno di riposo delle mamme di Diabolik)”.
[6] Rimando ai post “Umberto Simonetta (Ovvero, un post per milanesi non troppo giovani o ‘non troppo regolari’)” e “Beppe Viola”.
[7] Leggete tutto nei post “Note sul punk in Italia e a Milano” e in“Tonito Memorial (To live and die in Milano – note sul punk e oltre)”.
[8] Non sono il più adatto per descrivere la vita notturna; per i dischi, rimando a quanto ho scritto a proposito di Tape Art.
[9] Morto nel 2005, a 73 anni, ironia della sorte a Verona, a causa di un infarto. Era appassionato di lirica.
Soprattutto, fu uno dei primi traduttori in lingua italiana delle strisce dei Peanuts, si dice che inventò lui le “toffolette”. Io lo ricordo anche condurre impeccabilmente in Inglese un’assemblea societaria di quelle grondanti fiele e non solo.
[10] Ma qualcuno mi segnala dalle colonne di Vivimilano (ovvero: Corriere della Sera) che a 40 Euro bevande escluse, in centro c’è un ristorante che propone un ottimo hamburger … non temete, i giornalisti de La Repubblica non sono diversi.
[11] Anche in questo caso è perché in bicicletta saremmo tutti seduti e comodi, e quindi non si pone il problema degli stremati sudamericani e degli stanchissimi Filippini che affollano i posti a sedere del trasporto pubblico a discapito dei pensionati locali che, chissà come mai?, non svernano in French Riviera?

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