"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



mercoledì 3 luglio 2013

PERLE MEDIATICHE 24 – IN DIFESA, LEGITTIMA, DEL MARTINI


PERLE MEDIATICHE 24 – IN DIFESA, LEGITTIMA, DEL MARTINI

 

Da settimane quel ritaglio è sulla scrivania, quasi dimenticato, ma leggendo una stroncante recensione scritta da Antonio D’Orrico su La lettura ([1]) del 30 giugno 2013 a proposito di un romanzo di Carlo Lucarelli, ho dovuto riprenderlo.

 

Tre premesse, in diritto.
La causa di non punibilità penale della “legittima difesa” è contenuta nell’articolo 52 del Codice Penale (appunto).
Fra le forme di colpa che si possono riferire ad una persona rispetto ad un illecito (mi limito al diritto civile, anche in quanto si tratta, appunto, di colpa) commesso da altra si annovera la culpa in eligendo e la culpa in vigilando.
Ben so che, nello specifico, Antonio D’Orrico non è direttore responsabile, e quindi a lui non si applica la legge 8 febbraio 1948, n. 47 (cosiddetta legge sulla stampa).
Quindi qui di seguito certe espressioni siano intese in senso non strettamente tecnico.

 

Tornando al ritaglio, esso consiste nella rubrica “Cammeo”, del Signor D’Orrico, pubblicata a pagina 115 di Sette ([2]) del 15 marzo 2013.
Il titolare della colonna giornalistica, intitolando “Il Martini secondo Bond”, lascia voce a un suo lettore affezionato, tale Giorgio Persichelli che fra l’altro scrive: “Come lei aveva correttamente rilevato, sembrava molto strano che il famoso Martini cocktail semisecco preferito da Bond si preparasse con il Martini rosso! Tutti gli adepti della fede (in Fleming) sanno che insieme al gin ci dev’essere il Martini dry. […] si evince chiaramente che la mistura è composta da gin e Martini & Rossi e non quindi da Martini Rosso!”.

 

Per chi volesse la storia del cocktail Martini, rinvio anche in questo caso a Ed è subito Martini (titolo originale Martini Straight Up) di Lowell Edmunds nella edizione del 1998, tradotta nel 2000 e pubblicata per i tipi di Archinto.
Ivi è ben documentato come il Martini non si chiami così a motivo di una marca di vermouth.
Infatti, non mi risulta che una tesi del genere sia mai stata sostenuta seriamente negli ultimi anni.

 

Il Signor Persichelli critica ulteriormente il traduttore (Flavio Santi) per aver tradotto “Fifth Avenue” con “Quinta Strada”, anziché con “Quinta Avenue”.
Ora credo che in Italia per anni e anni si sia tradotto, invece, proprio come ha tradotto Santi.
Né si comprende perché sino alla “decima” Avenue sarebbe possibile elidere “Street” (o via), come fa Giorgio Persichelli (pur se riferendosi alla 55th), appunto per identificare le vie che solcano orizzontalmente Manhattan ([3]).
Ma questo diventa un minor detail.

 

Culpa in eligendo o in vigilando di Antonio D’Orrico?

 
In legittima difesa del Martini, per il quale, quanto a vermouth, il Noilly Prat non è trascurabile.
Sui beveraggi bondiani, stante anche una recente sponsorizzazione cinematografica da parte di un marchio di birra, mi astengo. Fra l’altro io mescolo, non scuoto.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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[1] Supplemento letterario del Corriere della Sera.
[2] Periodico settimanale abbinato al Corriere della Sera.
[3] Per la “grid” manhattanita rinvio a Jerome Charyn, Metropolis; per l’arteria meno disciplinata dell’isola si veda Nik Cohn, The Heart of the World, libro dedicato alla Broadway.
Per completezza: potrebbe essere, in astratto, angolo con la 55th  est oppure ovest, dato che la Fifth Avenue funge da spartiacque fra oriente e occidente.

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