YVES ADRIEN
(il giornalismo “musicale” è tale, oppure o è giornalismo o non lo è?)
La, più o meno voluta (nel senso che non pare si cercò di evitarla), incapacità italiana di avere una dimensione rock e pop internazionale ([1]) si evidenzia anche – può discutersi se il consumatore dipenda dal recensore, o viceversa – nello stato di isolamento del giornalismo musicale nazionale a cavallo fra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta del secolo scorso.
Infatti, non mi risultano cronache eclatanti, o prese di posizione dirompenti, sulle colonne di Ciao 2001 o Big, o ….
Tanto che Renzo Arbore e Gianni Boncompagni (“I am a DJ I am what I play” oppure “I am a DJ, YOU are what I play” per dirla secondo una canzone di David Bowie, “DJ” evidentemente) o forse la trasmissione “Per voi giovani” di Giaccio e Cascone ([2]) erano i soli che contavano per orientare ed informare. Del resto, per alcuni la inutilità della recensione è un dato acquisito.
Dei giornalisti dell’epoca pre-punk si salva(va) solo Riccardo Bertoncelli, con una prosa talvolta epica nel dipingere la scena della Bay Area, già meno efficace quando andava a scrivere di Genesis. C’è da chiedersi, non si tratta di ironia, come Enrico Ruggeri abbia potuto conoscere il glam rock, ad esempio.
Dunque per il medio ascoltatore italiano l’estero era pochissima cosa ([3]).
In Francia no, come ho già scritto altrove il panorama era ben più esaltante per i ragazzi, ma le quattro facciate che Yves Adrien pubblica su Rock & Folk numero 72 del gennaio 1973 dal titolo “Je chante le rock electrique” sono davvero un avvenimento (non è un articolo usuale, è un corsivo da terza pagina di quotidiano nazionale).
Sorta di manifesto per i non allineati sonici delle terre del giglio bianco o se si preferisce la discografia di studio per l’esame accademico di pre-punkitude ed infatti la parola “punks” compare addirittura nel titolo di un paragrafo.
Poco dopo coloro che hanno superato la prova con almeno un 28/30 andranno a rifornirsi di vinile da Marc Zermati con il suo banchetto nelle malfamate Halles parigine pre-Beaubourg ([4]). Da lui passavano anche Adrien e Alain Pacadis.
Non credo serva più nemmeno la morale.
Steg
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[1] Del resto, i concerti locali di The Beatles e di Jimi Hendrix continuano ad essere descritti con toni di stupore e incredulità che più si addicono ad apparizioni di alieni che ad esibizioni musicali.
[2] Tenete presente che le radio cosiddette libere arriveranno solamente nel 1975 e la stampa estera era appannaggio di forse tre edicole a Milano (non che nel 1979 si superassero le cinque).
[3] Sarebbe bastato chiedere che cover fosse “I giardini di Kensington” interpretata da Patty Pravo per uno sguardo smarrito.
[4] Zermati circa un lustro dopo è il responsabile - finanziatore più che “produttore” - della pubblicazione di Metallic KO di Iggy Pop e i suoi Stooges.
Gloria gloria gloria a Yves Adrien e all'aria di Francia che con una robusta protesi d'ambiente possiamo sentire spirare ancora. Un pochetto di gloria anche a Marc Zermati, con tutti i moooooltissimi difettucci del personaggio e le sue moooolte ambiguità ('Metallic KO' escluso), anche se il Festival a Mont De Marsan '76 poteva anche essere organizzato un po' meglio, Marc -i Damned sotto il sole a picco?
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