BANSHEEIANA – 1
(Edinburgh
Clouds, 18 agosto 1978)
Non tutti amano gli “occhi come
piscine” ([1]).
Qualcuno, e lo
ringrazio, è arrivato al mio blog
cercando notizie di Siouxsie and the Banshees ([2]).
Quello su di loro è probabilmente uno dei due libri che non scriverò mai.
Però è già
risaputo da chi frequenta il mio blog
che li conosco bene.
Senza richieste
specifiche, scriverò di loro ciò che mi va, anche perché se non avete letto il post su John McGeoch, forse la vostra
passione è non troppo profonda.
Dopo 35 anni
porsi l’interrogativo (che appunto qualcuno aveva nel 1977) se sia più carina
Pauline Murray (dei Penetration) o Siouxsie Sioux è sterile.
Quasi sempre
conoscere i propri “idoli” (non nel senso nietzschiano del termine, ma
dichiararli “dei” non ne cambierebbe il destino: crepuscolo o caduta, importa?)
è una pessima idea.
Vale anche per
molto di quello che è argomento di Speaker’s
Corner e anche di certi altri blog
che cito: artisti che si risolvono in personcine modeste, cui a un certo punto
misuri tutto, poi li abbandoni come un fazzoletto di carta usato e ormai
inutile e ti dici, una volta in più, che sarebbe stato meglio non andare oltre
quello che hanno creato.
L’eccezione è
questa band, anche ma non solo nella
formazione del 1981 in
cui tale è il talento che a fianco di The Banshees appaiono quello stesso anno
The Creatures e poi, nel 1983 anche The Glove.
Questi erano e
sono Siouxsie, Steven, Budgie e John.
Non aspettatevi
sensazionalismi.
Non sarei
arrivato ad avere la loro fiducia se non fossi una persona che vede, ascolta e
non racconta.
Parto da quello che avrebbe dovuto
essere il mio secondo concerto, ma fu il primo, di molti ([3]).
Agosto 1978.
Ho superato l’esame
di maturità con 49/60.
Due settimane a
Londra. Una bella – per un diciottenne che si è portato da leggere Fiesta di Ernest Hemingway, ma compra
numeri arretrati di Zigzag in King’s
Road – camera a mansarda al Vienna Hotel.
La sera, al
Music Machine nella capitale, già suonano “Hong Kong Garden” di Siouxsie and
the Banshees.
Infatti, si
riuscirà a comprare il 7
pollici prima della data di pubblicazione ufficiale, e
al Virgin store di New Oxford Street
avrò anche la fortuna di trovare una copia della prima edizione con copertina
apribile ed etichette beige ([4]).
Leggo sul NME
e/o sul MM che S&TB suoneranno un’unica data (sorta di promozione per il
singolo di debutto) al Clouds di Edinburgh, il 18 di agosto nell’ambito del
festival che annualmente si celebra nella capitale di Scozia ([5]). Una
busta, l’importo del biglietto in contanti e il mio recapito dentro, spedisco
il tutto.
Così semplice
che ricevo il biglietto per posta.
Viaggio in treno
con un paio di tramezzini e quattro lattine di birra da una pinta ciascuna.
Fa cosi freddo
quando arrivo a destinazione che appena apre un pub nelle vicinanze della venue ([6])
ordino insieme una cup of tea e un
doppio scotch.
Adibisco la predetta
casa pubblica a mio quartier generale sino a che comincia a formarsi una
discreta coda per entrare.
Per il folklore:
si alternano canti di “John Travolta is a bastard” a strofe degli Sham 69 fra
gli spettatori.
All’ingresso la
polizia seleziona con un metodo molto semplice: farfugliano qualcosa, tu
rispondi “what?” e se l’alito è
troppo alcolico stai fuori a smaltire.
I britannici
spesso sacrificano al bere e alla compagnia momenti cruciali. Io sacrifico il
bar e opto per una prima fila.
Gli Spizz Oil,
un duo che nel corso degli anni cambierà pseudonimo con frequenza ([7]),
amici dei Banshees e sotto medesimo management (se ben ricordo), aprono con un’esibizione
concisa e veloce, con in testa due caschi di plastica da lavoro: notevoli.
Ma cominciano i
problemi: evidentemente il locale non è uso ospitare concerti e così le
transenne metalliche cominciano a cigolare, le travi di legno poste in perpendicolare
per sostenerle emettono sinistri scricchiolii. Dopo poco un annuncio: o la
gente smette di spingere, o niente concerto; miracolosamente il pushing and showing si arresta quasi
completamente (tanto che riuscirò anche a scattare qualche fotografia in bianco
e nero ([8]) con
una Instamatic prestatami dal mio amico Sergio).
Quando si
abbassano le luci su un palco davvero basso, entrano prima i Banshees, ma Kenny
Morris ha un’acconciatura per cui, per un istante, quasi lo confondi ([9]) con un’improbabile
Siouxsie senza trucco, lei, buona ultima, dopo alcuni lunghi secondi calca le
assi con i suoi sandali con tacchi a stiletto neri che risaltano per via dei
calzini bianchi alla caviglia, pantaloni neri strettissimi, una maglietta
bianca con annodato ai fianchi un foulard nero e quello spencer in raso/lurex
dorato e ampi rever neri già apparso in
altre occasioni ([10]).
La set list del concerto è almeno ([11]) questa: “The Staircase (Mystery)”,
“Mirage”, “Nicotine Stain”, “Switch”, “Hong Kong Garden”, “Metal Postcard”,
“Jigsaw Feeling”, “Suburban Relapse”, “Pure”, “The Lord’s Prayer”, “Helter
Skelter”. In sostanza, il repertorio è già quello di The Scream ([12]).
Concerto
avvincente e coinvolgente.
Ne uscirò con la
mia camicia nera di Boy fradicia, posta ad asciugare sopra l’impermeabile che
indosso a torso nudo come una cappa. Più o meno dormo alla stazione
ferroviaria, la mattina, è sabato, parto per Londra, vado a Portobello ([13]), la
sera sono al concerto degli Ultravox! al Marquee di Wardour Street.
Un’ultima cosa:
“In Aberdeen… No-one Can Hear You Scream”
([14]):
ovvero oggi, 7 settembre 2012, cade il trentatreesimo anniversario
dell’abbandono della banda da parte di John McKay e Kenny Morris.
Steg
©
2012 Steg, Milano, Italia.
Tutti i diritti riservati/All rights
reserved. Nessuna parte di questa opera – compreso il suo titolo – e/o la
medesima nella sua interezza può essere riprodotta e/o archiviata (anche su
sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/o archiviata per il
pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore.
[1] “Make-Up To Break-Up” di Steven
Severin (testo) e Siouxsie Sioux, Steven Severin, Kenny Morris, P. T. Fenton.
C’è da chiedersi se, dato
che ormai i pettegolezzi sono noti, il verso non fosse una dedica di Steven a
Siouxsie.
[2] Pare
anche del concerto di Torino del 26 giugno 1981, c’ero.
[3] A un
certo punto, ho smesso di contarli, non aveva più molto senso.
[4]
Davvero raro: solitamente, le etichette - sempre in plastica - erano argentate
anche per le copie in gatefold sleeve.
[5]
Probabilmente l’evento più noto è il Tattoo.
[6]
Badate che allora gli orari di apertura erano letali, soprattutto nelle Higlands.
[7] Il
loro più grande successo è il singolo “Where’s Captain Kirk” come Spizz Energi.
[8] Le
foto sono piccole, sono leggermente mosse (scattavo con una mano sola), ma se
le guardo mi paiono perfette e a colori.
[9]
Faccio presente che all’epoca le fotografie di Mrs. Ballion che circolavano in
Italia erano nell’ordine di tre.
[10]
Usato anche da Steven Severin: il danaro non abbondava. Tanto che al Clouds la
parte inferiore della manica sinistra era scucita.
[11] Mi
affido alla mia registrazione che, però, è troncata durante “Helter Skelter”.
[12] Che
uscirà ufficialmente il 13 novembre 1978.
[13] Dove
mi dà buca proprio uno che doveva portarmi delle registrazioni di S&TB.
[14] È il
titolo dell’articolo di Sounds del 15
settembre 1979, firmato da Phil Sutcliffe a commento della vicenda. Si tratta
del gioco di parole fra quello di un film di fantascienza e quello dell’album
di esordio della band.
...uau!
RispondiElimina