"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



venerdì 7 settembre 2012

BANSHEEIANA – 1 (Edinburgh Clouds, 18 agosto 1978)


BANSHEEIANA – 1
(Edinburgh Clouds, 18 agosto 1978)

 

Non tutti amano gli “occhi come piscine” ([1]).

Qualcuno, e lo ringrazio, è arrivato al mio blog cercando notizie di Siouxsie and the Banshees ([2]). Quello su di loro è probabilmente uno dei due libri che non scriverò mai.
Però è già risaputo da chi frequenta il mio blog che li conosco bene.
 

Senza richieste specifiche, scriverò di loro ciò che mi va, anche perché se non avete letto il post su John McGeoch, forse la vostra passione è non troppo profonda.

Dopo 35 anni porsi l’interrogativo (che appunto qualcuno aveva nel 1977) se sia più carina Pauline Murray (dei Penetration) o Siouxsie Sioux è sterile.
 

Quasi sempre conoscere i propri “idoli” (non nel senso nietzschiano del termine, ma dichiararli “dei” non ne cambierebbe il destino: crepuscolo o caduta, importa?) è una pessima idea.
Vale anche per molto di quello che è argomento di Speaker’s Corner e anche di certi altri blog che cito: artisti che si risolvono in personcine modeste, cui a un certo punto misuri tutto, poi li abbandoni come un fazzoletto di carta usato e ormai inutile e ti dici, una volta in più, che sarebbe stato meglio non andare oltre quello che hanno creato.
 

L’eccezione è questa band, anche ma non solo nella formazione del 1981 in cui tale è il talento che a fianco di The Banshees appaiono quello stesso anno The Creatures e poi, nel 1983 anche The Glove.
Questi erano e sono Siouxsie, Steven, Budgie e John.
 

Non aspettatevi sensazionalismi.
Non sarei arrivato ad avere la loro fiducia se non fossi una persona che vede, ascolta e non racconta.
Parto da quello che avrebbe dovuto essere il mio secondo concerto, ma fu il primo, di molti ([3]).
 

Agosto 1978.
Ho superato l’esame di maturità con 49/60.
Due settimane a Londra. Una bella – per un diciottenne che si è portato da leggere Fiesta di Ernest Hemingway, ma compra numeri arretrati di Zigzag in King’s Road – camera a mansarda al Vienna Hotel.
 

La sera, al Music Machine nella capitale, già suonano “Hong Kong Garden” di Siouxsie and the Banshees.
Infatti, si riuscirà a comprare il 7 pollici prima della data di pubblicazione ufficiale, e al Virgin store di New Oxford Street avrò anche la fortuna di trovare una copia della prima edizione con copertina apribile ed etichette beige ([4]).
 
Leggo sul NME e/o sul MM che S&TB suoneranno un’unica data (sorta di promozione per il singolo di debutto) al Clouds di Edinburgh, il 18 di agosto nell’ambito del festival che annualmente si celebra nella capitale di Scozia ([5]). Una busta, l’importo del biglietto in contanti e il mio recapito dentro, spedisco il tutto.
Così semplice che ricevo il biglietto per posta.
 

Viaggio in treno con un paio di tramezzini e quattro lattine di birra da una pinta ciascuna.
Fa cosi freddo quando arrivo a destinazione che appena apre un pub nelle vicinanze della venue ([6]) ordino insieme una cup of tea e un doppio scotch.
 
Adibisco la predetta casa pubblica a mio quartier generale sino a che comincia a formarsi una discreta coda per entrare.
Per il folklore: si alternano canti di “John Travolta is a bastard” a strofe degli Sham 69 fra gli spettatori.
 

All’ingresso la polizia seleziona con un metodo molto semplice: farfugliano qualcosa, tu rispondi “what?” e se l’alito è troppo alcolico stai fuori a smaltire.
I britannici spesso sacrificano al bere e alla compagnia momenti cruciali. Io sacrifico il bar e opto per una prima fila.

Gli Spizz Oil, un duo che nel corso degli anni cambierà pseudonimo con frequenza ([7]), amici dei Banshees e sotto medesimo management (se ben ricordo), aprono con un’esibizione concisa e veloce, con in testa due caschi di plastica da lavoro: notevoli.

Ma cominciano i problemi: evidentemente il locale non è uso ospitare concerti e così le transenne metalliche cominciano a cigolare, le travi di legno poste in perpendicolare per sostenerle emettono sinistri scricchiolii. Dopo poco un annuncio: o la gente smette di spingere, o niente concerto; miracolosamente il pushing and showing si arresta quasi completamente (tanto che riuscirò anche a scattare qualche fotografia in bianco e nero ([8]) con una Instamatic prestatami dal mio amico Sergio).
 

Quando si abbassano le luci su un palco davvero basso, entrano prima i Banshees, ma Kenny Morris ha un’acconciatura per cui, per un istante, quasi lo confondi ([9]) con un’improbabile Siouxsie senza trucco, lei, buona ultima, dopo alcuni lunghi secondi calca le assi con i suoi sandali con tacchi a stiletto neri che risaltano per via dei calzini bianchi alla caviglia, pantaloni neri strettissimi, una maglietta bianca con annodato ai fianchi un foulard nero e quello spencer in raso/lurex dorato e ampi rever neri già apparso in altre occasioni ([10]).

La set list del concerto è almeno ([11]) questa: “The Staircase (Mystery)”, “Mirage”, “Nicotine Stain”, “Switch”, “Hong Kong Garden”, “Metal Postcard”, “Jigsaw Feeling”, “Suburban Relapse”, “Pure”, “The Lord’s Prayer”, “Helter Skelter”. In sostanza, il repertorio è già quello di The Scream ([12]).
Concerto avvincente e coinvolgente.

Ne uscirò con la mia camicia nera di Boy fradicia, posta ad asciugare sopra l’impermeabile che indosso a torso nudo come una cappa. Più o meno dormo alla stazione ferroviaria, la mattina, è sabato, parto per Londra, vado a Portobello ([13]), la sera sono al concerto degli Ultravox! al Marquee di Wardour Street.

 

Un’ultima cosa: “In Aberdeen… No-one Can Hear You Scream” ([14]): ovvero oggi, 7 settembre 2012, cade il trentatreesimo anniversario dell’abbandono della banda da parte di John McKay e Kenny Morris.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

© 2012 Steg, Milano, Italia.
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[1] “Make-Up To Break-Up” di Steven Severin (testo) e Siouxsie Sioux, Steven Severin, Kenny Morris, P. T. Fenton.
C’è da chiedersi se, dato che ormai i pettegolezzi sono noti, il verso non fosse una dedica di Steven a Siouxsie.
[2] Pare anche del concerto di Torino del 26 giugno 1981, c’ero.
[3] A un certo punto, ho smesso di contarli, non aveva più molto senso.
[4] Davvero raro: solitamente, le etichette - sempre in plastica - erano argentate anche per le copie in gatefold sleeve.
[5] Probabilmente l’evento più noto è il Tattoo.
[6] Badate che allora gli orari di apertura erano letali, soprattutto nelle Higlands.
[7] Il loro più grande successo è il singolo “Where’s Captain Kirk” come Spizz Energi.
[8] Le foto sono piccole, sono leggermente mosse (scattavo con una mano sola), ma se le guardo mi paiono perfette e a colori.
[9] Faccio presente che all’epoca le fotografie di Mrs. Ballion che circolavano in Italia erano nell’ordine di tre.
[10] Usato anche da Steven Severin: il danaro non abbondava. Tanto che al Clouds la parte inferiore della manica sinistra era scucita.
[11] Mi affido alla mia registrazione che, però, è troncata durante “Helter Skelter”.
[12] Che uscirà ufficialmente il 13 novembre 1978.
[13] Dove mi dà buca proprio uno che doveva portarmi delle registrazioni di S&TB.
[14] È il titolo dell’articolo di Sounds del 15 settembre 1979, firmato da Phil Sutcliffe a commento della vicenda. Si tratta del gioco di parole fra quello di un film di fantascienza e quello dell’album di esordio della band.

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