HAMBURGER
E ALTRO
(Steg about
Steg Series - 1)
Titolo decettizio
per questo primo post, inizio di un tentativo di una autobiografia per temi.
Nello specifico,
qui è Londra estate 1978.
Ma gli hamburger
mi sono balzati alla mente quando ai primi di maggio 2019 mi si è stretto il
cuore vedendo che a breve apriranno un “certo” locale vicino a Piccadilly
Circus, mentre sul legno delle palizzate si invitano i turisti a visitare “the
original”. Durerà l’originale?
Steg Question: come arrivi a Londra nel
1978?
Steg Answer: con un diploma di maturità
in tasca, 49/60 al Liceo Scientifico Alessandro Volta. Ma soprattutto con le
stimmate del punk, lasciatemi l’estate precedente dal mio soggiorno a Edinburgh
e qualche puntata a Londra; però i famosi quattro singoli in valigia li avevo
comprati tutti nella capitale delle Higlands: esordio de The Rezillos “I Can’t
Stand My Baby”, “Something Better Change” di The Stranglers, “Prove It” dei
Television – in vinile verde formato 12”, “God Save The Queen” dei Sex Pistols
([1]).
SQ: e dopo quei
quattro singoli?
SA: Beh a
memoria arrivarono primo e terzo singolo dei Sex Pistols, sicuramente “White Riot”
di The Clash, “New Rose” di The Damned, … e a seguire gli album che si
trovavano e compatibilmente con i propri budget ([2]).
SQ: tornavi a
Londra dopo circa un anno?
SA: non
esattamente: ero stato di nuovo là a novembre 1977 (un lavoretto di accompagnatore
che mi fruttò abbastanza sterline per tornare con in valigia altri singoli e
altri album comprati una mattina allo HMV di Bond Street e al Virgin di Marble Arch
([3]));
poi di nuovo dopo il Natale del medesimo anno: partii imbottito di Aspirina
(influenza mai dichiarata in famiglia) e tornai con anche fanzine e due libri “sul”
punk, i primi due quelli di Caroline Coon (prima, e dico prima) edizione e di
Julie Davis (una unica edizione) nonché con sulla schiena la scimmia della
visita per il servizio militare ([4]).
SQ: dunque parti
a testa alta e…
SA: “e” niente
di preciso: concerti cui assistere, dischi da comprare, fanzine da scovare e quell’ibrido editoriale fantastico che era Zigzag; una
lista di negozi e di indirizzi di “etichette” ([5]).
Tutto in base
alle nostre “Baedecker” (Record Mirror in Italia non ha mai avuto grande
presa): New Musical Express
e Melody Maker. Sounds era meno “affidabile” diciamo così e tre settimanali
incidevano su quante sterline avevamo in tasca.
Ma soprattutto,
io avevo diligentemente conservato gli inserti della NME Guide comparsa nei
numeri faticosamente recuperati nei mesi a precedere: divisa per argomenti, forse
ispirò addirittura quelle di Time Out
(ancora a venire, credo), rivista settimanale che magari in una occasione anche comprai.
SQ: e gli hamburger?
SQ: e gli hamburger?
SA: ecco in quella
guida compariva il nome di un locale che in Italia non conosceva quasi nessuno,
e ancora nell’estate 1984 ([6]) lo
feci scoprire agli amici milanesi. Lo Hard Rock Cafè.
Da soli si
mangiava al banco, e sopra le teste nostre e delle cameriere (le due più famose
Rita e Regina: rispettivamente la più brava e la più bella) stavano le due
insegne di una impresa di pompe funebri ([7]).
Quell’estate, o
ci arrivavi in taxi (certo non io) oppure dovevi quasi scoprirlo, per la
semplice ragione che l’indirizzo civico non era proprio evidente rispetto alla
sua ubicazione.
Dopo la prima
volta, decisi che potevo permettermelo una volta ogni 7-10 giorni; menu sempre
il medesimo: hamburger (cheese o bacon-cheese) e, in alternanza, o pannocchia
di antipasto oppure apple-pie di dolce, Coca-Cola o birra, fra le 3,50 e le
4,00 Sterline. Insomma il doppio circa di una catena dove altrimenti mi cibavo
([8]).
Un altro mondo,
sebbene di punk sound nemmeno l’ombra.
SQ: mentre il cosiddetto
“altro”?
SA: beh,
materiale per post separati in certi
casi, a partire dal concerto di Siouxsie and the Banshees allo Edinburgh Clouds
([9]). Tornai
decidendo che avrei avuto le registrazioni di tutti i loro concerti: non fu
così, ma mi applicai abbastanza alla materia, direi.
Un altro concerto
cui sono molto affezionato fu quello de The Slits al Music Machine di
Mornington Crescent, ancora con Palmolive alla batteria. Incontrai prima degli Svedesi
e, mesi dopo, mi inviarono una foto scattata dalla galleria: in prima fila ci
sono anche io, le mani aggrappate al palco.
Ma le sorprese
non mancavano: andai a vedere The Rezillos ([10]) e
per loro apriva The Human League ([11]).
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consenso scritto dell’autore/degli autori.
[2] Quelli
che dicono di avere dal 1976 l’album di eponimo esordio dei Ramones raccontano
qualche storiella, a meno che non si chiamino Maurizio Bianchi, forse.
E quelli che lo hanno dal
1977 si chiamano Paolo Mazzanti e Klaus e forse Daniele Petrini.
[3] Il
primo dei due credo sia stato l’ultimo negozio di musica a chiudere lungo Oxford Street.
[4] La
seconda mi lasciò a maggio 1978, mentre preparavo la maturità.
[5] Ringrazio
Paolo Mazzanti per qualche dritta, ricambiata con Damned memorabilia.
[6] Già a
dicembre 1979 le code cominciavano a divenire quasi critiche.
[7]
Quelle con “Love all/serve all” arrivarono anni dopo.
[8] I pub
con cibo, diverso da crisp e
noccioline, erano molto di là da venire.
[9] Eccone
qui un resoconto: https://steg-speakerscorner.blogspot.com/2012/09/bansheeiana-1-edinburgh-clouds-18.html.
[10] Nel frattempo era uscito
il loro album di esordio: copia autografata, al Virgin di New Oxford Street, se
ben ricordo.
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