NIENTE
DI NUOVO, MA PEGGIORA
(il massacro
della lingua italiana)
Sicuramente
qualcuno mi bollerà di essere tardivo perché leggo e scopro Ennio Flaiano nella
mia maturità, certo so come rispondergli: io conosco anche Flaiano, lei/tu
conosci XYZ (inserire a scelta, non necessariamente contemporanei)?
L’asimmetria
culturale non cambia mai.
Ennesima
premessa inutile o quasi.
Se nel dicembre
1967 Flaiano si duole dell’uso fuori luogo di un Italiano forbito, io a più
riprese ho patito e patisco il non uso dell’Italiano, ma anche l’arzigogolo
inutile non aiuta.
Ripeto il
titolo: niente di nuovo, ma peggiora. Sempre.
O, per dirla
come Flaiano ma avendolo letto e non con semplice estrapolazione di altri: “Chiamiamo le cose col loro nome, faremo un
progresso” (21 dicembre 1967, da “Fogli di diario”, in Frasario essenziale - per passare inosservati
in società, Milano, 1986).
Infatti, da
alcuni anni in Italia è tornato in voga (insieme ad altri ugualmente ambigui) il
termine “cialtrone” e il suo derivato “cialtroneria”.
Probabilmente,
chi lo usa spera di non essere querelato. E così vanno sostanzialmente a finire
nel nulla i ragionamenti anche se buoni, perché anche le parole con cui essi si
esprimono sono importanti.
Steg
Tutti i diritti riservati/All rights
reserved. Nessuna parte – compreso il suo titolo – di questa opera e/o la
medesima nella sua interezza può essere riprodotta e/od archiviata (anche su
sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/od archiviata per il
pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore/degli autori.
Nessun commento:
Posta un commento