TRIESTE
Secondo Daniele Del Giudice ([1])
(ne Lo stadio di Wimbledon) Trieste ha un mare che finisce: in effetti
guardandolo, ad esempio dal molo Audace ([2]),
sembra che esso finisca a sinistra, dove si trova quella che una volta era la Jugoslavia.
Ho conosciuto Trieste da scolaro delle
elementari (sette anni e la seconda classe finita: allora c’era l’esame di
ammissione per la classe terza).
Mi ricordo del Pinguino Marco all’Acquario,
post mortem è un simbolo ([3]),
e di questo lungomare in effetti un poco particolare.
C’è Trieste in alcune “storie” di
Giorgio Scerbanenco, due hanno il nome della città nel titolo, ma non ho
censito tutto ([4]).
Non scrivo della città della Bora (il
vento) e di Umberto Saba, Italo Svevo, James Joyce o altri, in quanto non scriverei
miei pensieri.
Ogni tanto affronto Claudio Magris, e allora
magari indico il Caffè San Marco (dove però l’ultima volta quello che per me è
il rito del Martini Dry ([5])
– o Martini Cocktail se preferite – è stato un supplizio pari a quello di chi
vede il chirurgo incapace che lo stato operando, nonostante l’anestesia) che è
il suo preferito.
Cerco di seguire un ordine circa
cronologico per quel che mi riguarda, e quindi cito – sebbene non essenziali –
i romanzi gialli di Veit Heinicken, ambientati solitamente a Trieste, appunto,
da questo expat tedesco un po’ troppo politicamente corretto, cioè sempre
filo-noglobal ([6]),
, ma a casa d’altri dove – non occorre essere Silvio D’Arzo – bisognerebbe essere
più educati.
Per un curioso gioco di “sponde” in un
ideale biliardo intellettuale, da Emilio Salgari sono ritornato a una
presentazione di Giampiero Mughini che già conoscevo e quindi al suo libro, il
cui titolo dice tutto, In una città atta agli eroi e ai suicidi. Trieste e il “caso”
Svevo ([7]).
Ho così scoperto Renzo Rosso, scrittore ([8])
– purtroppo (per le ricerche) omonimo dell’imprenditore – anch’egli nato nel
capoluogo giuliano.
E poi quello “sconosciuto-conosciuto” di
Roberto Bazlen, evocato da Mughini e già romanzato da Del Giudice nel suo Stadio
…, forse soggetto di un numero eccessivo di biografie, che invece da Trieste cercò
sempre di andarsene per sempre ([9]),
riuscì a morire a Milano.
Siccome al lettore medio piacciono le
figurine, troverete la firma di Mauro Covacich, ma non da copia del suo volume su
Trieste ([10]).
Volume che mi fa concludere nel senso
che non serve leggere di Trieste se non ci si è stati, quindi c’è chi non avrebbe
dovuto leggermi.
Steg
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senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso
scritto dell’autore/degli autori.
[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Daniele_Del_Giudice.
Avvertenza: due titoli in
prosa dell’Autore risultano ridondanti: quelli contenuti ne Mania e
quello intitolato Nel museo di Reims sono tutti compresi ne I racconti
che quindi soddisfa i non bibliofili.
Per le opere narrative di
più lungo respiro, ogni critico ha la sua opinione, a parte l’esordio wimbledoniano
(molto ambientato a Trieste, evidentemente) Staccando l’ombra da terra (finta
antologia di racconti) mi pare molto interessante, e evidentemente può far
pensare al pittore Roberto Crippa: https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Crippa.
Per i più curiosi: è poco
citata, ma Ida Zilio Grandi è la vedova di Del Giudice.
[4] Altro
romanzo ha un protagonista friulano (Al servizio di chi mi vuole): non
confondete mai friulani e giuliani.
Scerbanenco, che triestino
non era e italiano di nascita solo per madre, visse negli ultimi anni a Lignano
Sabbiadoro (Udine).
[7] Bompiani, Milano, 2011.
[9] Tutto Bazlen è pubblicato
da Adelphi in un volume intitolato, a scanso di equivoci: Scritti, più
volte ristampato.
Riconoscendogli per una volta merito, rinvio anche a Bobi,
di Roberto Calasso (sempre Adelphi, 2021).
[10] Trieste sottosopra. Quindici passeggiate
nella città del vento, Collana Contromano, Roma-Bari, Laterza, 2006 e poi
ristampato.
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