"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



venerdì 31 dicembre 2021

HUGO PRATT: HORA CERO? (Tombstone series – 75)

 

HUGO PRATT: HORA CERO?

(Tombstone series – 75)

 

Quando Hugo Pratt non portava l'orologio.

Ho avuto l'onore di intervistarlo al Napoleon, alla prima colazione. Se ben ricordo, io che arrivavo da Montecatini optai per una cup of tea.

E ricordo una battuta a proposito dell'orologio da polso perché io - che lo porto dalla primavera millenovecentosessantasette - sono un cultore della puntualità come lo era lui”.

(Stefano Galli, Facebook, 30 dicembre 2020)

 

Hugo Pratt […] La telefonata da Londra lo aveva sorpreso mentre stava spogliandosi […], l’orologio fosforescente ancora allacciato” (Alberto Ongaro, Un romanzo d’avventura, Milano, Mondadori, 1970, p. 7 e Casale Monferrato, Piemme, 2008, p. 5).

 

Chissà.

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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giovedì 16 dicembre 2021

DOMANDA: Salò e Berlino sono “culturalmente utili”?

 

DOMANDA: Salò e Berlino sono “culturalmente utili”?

 

Premessa: la domanda del titolo esclude la considerazione sia di romanzi distopici (ve ne sono anche di italiani, come i due firmati da Pierluca Pucci Poppi ([1])), sia di matrice storica.

Qui di seguito la esemplifico, senza conclusioni di sorta.

 

Sto leggendo La lunga notte di Emilio Tadini. Il titolo ricorda Notti e nebbie di Carlo Castellaneta.

Entrambi si fondano su Repubblica Sociale Italiana e (un po’) anche sugli ultimi giorni del Terzo Reich.

 

Ora si considerino tre film: La caduta degli dei di Luchino Visconti; Il portiere di notte di Liliana Cavani; e – egli si professa sicuramente a sinistra – un “bandwagoning” come Salon Kitty di Tinto Brass ([2]). 

Mi pare che l’iconografia nazista sia rampante e fondamentale.

 

Ora torniamo alla letteratura, però un poco più “bassa” (non per il genere, ma per i risultati): La primavera dei maimorti di Piero Colaprico e Pietro Valpreda; Gli “eroi” sono finiti di Andrea Campanella; Questa non è una canzone d’amore di Alessandro Robecchi.

 

E chiudo, per ora, con una storia a fumetti: Pietro Giacomo Rogeri, della serie di Valentina (Rosselli) di Guido Crepax ([3]). 

Ancora Salò.

 

(continua?)

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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[1] Mi riferisco a I giorni del martello e a 1973 Nazisti Rock’n’roll, e Monty Python (questo a quattro mani con Federico Bonadonna).

[2] Secondo le fonti web: “liberamente adattato dal romanzo omonimo di Peter Norden”.

[3] Prima edizione sui numeri 95 e 96 di Linus.

mercoledì 1 dicembre 2021

DELL’ACCAPPATOIO

 

DELL’ACCAPPATOIO

 

In italiano: accappatoio.

In francese: peignoir.

In inglese: bathrobe.

In spagnolo: bata de baño.

In tedesco: bademantel.

 

È un capo ambiguo (e non solo nelle immagini che esso evoca nelle varie lingue), in fondo: si contende una intimità anche sensuale con la vestaglia; combatte sportivamente con quelle – sempre vestaglie – dei pugili; è re delle competizioni natatorie.

 

Poi c’è la spugna e c’è la ciniglia disperata di Quentin Crisp, o di una diva che non può (più?) permettersi le mise de maison (anzi mansion) di Gloria Swanson in Sunset Boulevard.

 

Ma io penso a lembi strappati di accappatoio ed asciugamani lordi di colore sui pavimenti di 7 Reece Mews nello studio di Francis Bacon.

 

L’accappatoio è un simbolo di caduta sociale o artistica, oppure di decadenza mentale.

L’accappatoio può essere insolente e quasi perenne oppure nervoso e discinto.

 

Penso ancora ai brandelli di bathrobe nello studio di Bacon e mi chiedo quanto l’accappatoio abbia trasceso il proprio significato nell’esistenza del pittore.

 

Penso infine, e con licenza di sbagliarmi, che nella stanza di Elisabeth e Paul de Les Enfants terribles sicuramente sta almeno un peignoir maltrattato e abusato.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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domenica 28 novembre 2021

STRANEZZE EDITORIALI (in Blightly) (Tombstone series – 74)

 

STRANEZZE EDITORIALI (in Blightly)

(Tombstone series – 74)

 

È da segnalare una tendenza ormai consolidata in Gran Bretagna: l’antologizzazione – in edizioni più o meno anastatiche o in volume – di fanzine storiche o seppur recenti di certo interesse.

Appare allora curioso che libri storici non abbiano una seconda vita e stiano diventando piccole e costose gemme per bibliofili del modernariato.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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martedì 23 novembre 2021

MAIDA VALE: un romanzo “rimuovibile” (Bambaataa series – 1)

 

MAIDA VALE: un romanzo “rimuovibile”

(Bambaataa series – 1)

 

Comincio con un aspetto positivo: nasce, forse, questa nuova serie – che si riferisce a una nota “canzone” di Africa Bambaataa: “Looking for the Perfect Beat” – per recensire delusioni.

 

Nota lirica: non uso il termine “rimuovibile” nel senso anglosassone e in particolare in riferimento a una precisa canzone ([1]).

 

Premessa: il libro di cui scriverò lo ho comprato (come peraltro per me è regola), quindi non solo non ho vincoli, ma sono deluso che questo romanzo non mi sia proprio piaciuto: il romanzo è Maida Vale di Michele Benedello ([2]).

 

Ho infilato fra le pagine del volume i miei bravi listelli di carta per avere i riferimenti, che però sono riferimenti a contrario rispetto al mio solito, poiché sono negativi.

 

Prima considerazione: questo non è il primo romanzo pubblicato dell’autore, checché se ne dica – per quale ragione, ormai, non mi interessa più – perché esiste già Pimlico ([3]) ([4]).

 

Mi duole davvero essere stato vanamente illuso da questa opera letteraria, perché in questi semestri di Covid ho letto e riletto così tanto che anche solo nel calcolo probabilistico ben circostanziato davo per probabile che le aspettative, almeno quelle minime, di nuovo e piacevole sarebbero state rispettate e, magari, avrei scritto una recensione positiva ([5]).

 

Tutta la narrazione si regge su delle canzoni, di cui peraltro non sono mai citati compositori ed autori, solo gli interpreti (almeno in un caso egli non è quello originale).

 

Un dato banalissimo: in questa storia non c’è nemmeno un personaggio omosessuale o bisessuale o pansessuale (espressione di Morrissey questa, mi pare. Si rinviene una lata citazione mancuniana nel titolo della illustre prefazione al testo, ma a questo punto sembra solo un prestito di parole).

Il fatto che ciò salti all’occhio del lettore eterosessuale e non giovane quale sono io è peculiare.

 

La trama è molto esile, e si anima solo negli ultimi capitoli.

 

È un romanzo minimalista allora? Beh non siamo ai tempi del brat pack di Bret Easton Ellis e Jay McInerney e l’espediente di non dare al protagonista un nome è anche (e prima) nel romanzo d’esordio di quest’ultimo autore ([6]).

 

Tutto si risolve in due realtà – quella del protagonista e quella degli altri – entrambe altrettanto usuali (e perciò ben note), esse quindi ([7]) si sarebbero valorizzate solamente in una loro grande “scrittura”, la quale qui non si trova proprio.

 

Esiste, anche, una sorta di idiosincrasia dell’autore per certi nomi femminili, i quali vengono impiegati in accezione negativa: si tratta di amori finiti e name-dropping di sfogo?

 

Una ultima annotazione, a scanso di equivoci: nella saga salgariana Yanez De Gomera non muore (e neanche Sandokan).

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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[1] Che, peraltro, mi è tornata in mente, ma in essa il termine è utilizzato per il titolo in forma di iperbole pessimistica: “Removables” dei Manic Street Preachers.

[2] Dueville, Ronzani Editore, 2021.

[3] Non posso in alcun modo garantire la accessibilità a questa stringa. Io, comunque, non solo ho scaricato l’intero testo dell’opera, ma lo ho anche sistemato (dove ho potuto) eliminando una discreta quantità di refusi più o meno evidenti.

https://www.accademiafelicita.it/life-culture/pimlico-un-romanzo/

Pare curioso appoggiarsi a una organizzazione come questa quando si sbandierano durezza e purezza, ma si sa, autore e protagonista non sempre coincidono.

[4] A pagina 127 di Maida Vale c’è un ammiccamento o una confessione a ciò.

Il terzo – prossimo – romanzo potrebbe intitolarsi Ruislip (che  però si pronuncia, circa, “railip”)?

[5] Peraltro, “the true critic is unfair, insincere, and not rational” (Oscar Wilde, The Critic as Artist).

[6] Senza scomodare i ben più celebri casi di Alessandro Manzoni o Chuck Palahniuk, ex multis.

[7] Sebbene il diritto d’autore tuteli la forma e non l’idea in sé.

lunedì 22 novembre 2021

GARBO (ripensamenti berlinesi)

 

GARBO (ripensamenti berlinesi)

 

Premetto che musicalmente conosco Garbo dal suo album di esordio, e nello scorso decennio ho, come spesso mi capita per curiosità, cercato di mettere insieme una discografia che fosse se non completa almeno rappresentativa.

 

Premetto, anche, che queste righe hanno come fonte di ispirazione un mio post di molti anni fa in cui scrissi che fra Garbo ed Enrico Ruggeri il “vero berlinese” fu il secondo ([1]).

Berlino la avevo già visitata diverse volte all’epoca, tanto che ne scrissi anche separatamente, per lo meno per fissare qualche mio ricordo ([2]).

 

Ma …

Beh, gli anni sono passati e Ruggeri continua ad oscillare: a un guest vocal nella canzone degli Ianva “Canone europeo”, un omaggio a nome Decibel a David Bowie (“Lettera dal Duca” ([3])), la ricostituzione dei Decibel, appunto, si contrappongono tutte le sue scelte nazional-popolari che ormai hanno raggiunto per quel che mi riguarda uno stridio che temo non avrà fine.

Peccato.

 

Garbo, invece, forse meno sulle barricate e meno “sudato” nell’esibizione di Ruggeri, ha una linea quarantennale talmente stabile da sembrare quasi perenne (lui dice di non ambire allo status di highlander).

Eppure i riferimenti musicali di questi due artisti italiani (entrambi anche con profilo autoriale di quanto interpretano) sono molto simili. Però Renato Abate ([4]) è poco attiguo al rock and roll (il che mi fa pensare al fatto che i Velvet Underground siano l’ultimo artista non “moderno” in riferimento alla categorizzazione Des Jeunes Gents Mödernes francofona ([5])).

Ed allora, si arriva alla svolta berlinese di David Bowie il quale letteralmente chiude un capitolo ed affronta “A New Career In A New Town”.

La torre della televisione che guarda su Alexanderplatz: der Berliner Fernsehturm ([6]) è fra le immagini – tutte in bianco e nero – che Garbo ha scelto per le sue esibizioni dal vivo di fine 2021.

 

Forse la stonatura di Enrico Ruggeri è quella di non apparire mai solo nei suoi momenti migliori: lui e la band, lui nei Decibel …, mentre Garbo lo vedo sempre solo.

Ruggeri a colori, Garbo no.

 

Senza allinearli per una gara sul fronte della “decadenza” (di solito attribuita da altri, non scelta dall’artista), a Garbo si attribuisce il “Nevroromanticismo” ([7]). Chissà?

 

A questo punto mi piacerebbe un libro scritto da Garbo, anche di narrativa.

 

NOTA FINALE: mi domandavo chi “avesse messo sotto contratto” in EMI Garbo.

Pensavo a Pierluigi Raimondi Cominesi. Mi sbagliavo: fu Gianpiero Scussel ([8]) direttore artistico, persona per bene che ho conosciuto abbastanza ([9]), con cui però non è mai capitato di parlare di Garbo.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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[3] Contenuta nel loro album L’Anticristo del 2018.

[4] Nato il 25 aprile 1958.

[5] Mi è noto un album di cover di canzoni dei V. U. ad opera di qualche appartenente a queste “giovani genti”.

[6] “Il” torre. “La” muro, …

[9] Morto nel gennaio 2020, il giorno 20 o 21.

mercoledì 17 novembre 2021

“ROSEBUD” E LE SUE SORELLASTRE (Tombstone series – 73)

 

“ROSEBUD” E LE SUE SORELLASTRE

(Tombstone series – 73)

 

Le toppe sul Barbour del (e indossato dal) Principe Carlo di Galles.

Ovvero: se hai più di uno “slittino” visto che continui a ricordarti “le cose che hai comprato e ti sono care”: non sei William Randolph Hearst, ma un vorrei non posso.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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lunedì 8 novembre 2021

IMMAGINI GOYANE (Tombstone series – 72)

 

IMMAGINI GOYANE

(Tombstone series – 72)

 

A causa del Covid ho ormai due immagini del viso della persona a me più cara: con e senza mascherina.

Un po’ come le “Maja” di Francisco Goya.

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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mercoledì 27 ottobre 2021

CORTO È MENO “SCONTO” (note minime a margine di un libretto) (Prattiana Series)

 

CORTO È MENO “SCONTO”

(note minime a margine di un libretto) (Prattiana Series)

 

“Corte Sconta detta Arcana” è il titolo di una storia lunga di Corto Maltese, di Hugo Pratt ([1]).

La parola “sconta” significa “nascosta” in veneziano ([2]).

 

Partendo da un poco più lontano, ricordo un mio messaggio alla fine di dicembre 2019, che non ebbe risposta, via Facebook al Professor Antonino Saggio in risposta a un suo bell’articolo, trovato online, in cui si citava da un libro pubblicato privatamente da sua madre, la signora Milena Guarda ([3]).

Tema dell’articolo era la giovinezza di Hugo Pratt.

 

Ogni tanto gli algoritmi di ricerca automatica sono cortesi: ecco quindi che giorni fa mi compare un libro, circa cinquanta pagine, autore il Professor Saggio dal titolo Sopra i tetti di Venezia – Alla ricerca di Corto Maltese.

Il libro è molto godibile, con il solo difetto della qualità “da fotocopiatrice del mezzanino del metro circa 1975” delle fotografie di Leone Frollo – molte – che sono la spina dorsale del volume.

Compratevi il libro.

 

Tesi del volume, condivisibile, è che Hugo Pratt si ispirò a Gian Carlo Guarda, suo amico di gioventù, per la figura di Corto Maltese e, financo, per il nome di battesimo del massimo eroe creato dal Maestro di Malamocco. Gli elementi a conferma di questa tesi ci sono tutti.

 

L’altro connotato contenutistico del volume è che Gian Carlo Guarda era molto più alto di Pratt.

E qui mi permetto due considerazioni: la prima mi vede autocitarmi. Scrivevo, infatti – QUOTE – Quel fumettaro che avevo scoperto quando ancora non era, per fortuna, un idolo delle masse di lettori e a cui dissi, con discreta sfacciataggine incontrandolo a Lucca nel 1976: “credevo che lei fosse più alto”, dopo avergli chiesto “Scusi Lei è Hugo Pratt?” ed ottenendo come risposta “Sssi fra le tante cose sono anche Hugo Pratt. – UNQUOTE ([4]).

 

In effetti, pare curioso che: pur citando ([5]) da Un romanzo d’avventura di Alberto Ongaro ([6]) Antonino Saggio abbia dimenticato di ricordare le pagine in cui il libro narra degli sforzi bonaerensi per diventare più alti (di Hugo e Paco, il coprotagonista e amico scomparso a Londra) ([7]).

 

Come credo di aver già scritto, poi, Hugo Pratt oltre a nascere Ugo Prat, si è anche firmato Ugo Pratt (o per lo meno “Pratt Ugo”) ai suoi esordi.

 

 

                                                                                                                      Steg


 POST SCRIPTUM (del giorno dopo)

Evidentemente non è cambiato niente: la foto che ha dato il via alla ricerca di Antonino Saggio, nel catalogo della mostra Hugo Pratt da Genova ai Mari del Sud (autunno-inverno 2021-2022) continua ad essere riprodotta (a pagina 98) con la data (il solo anno) sbagliata e anonimi sono gli “amici” di Pratt.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

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[1] Prima edizione mondiale sul numero 1 di Linus del gennaio 1974, ma si tratta di una sola tavola. Qualche purista declina “detta” con la maiuscola.

Ci vorranno oltre tre anni per vederla pubblicata per intero.

Quasi contestuale è la sua pubblicazione in Francia con il titolo “Corto Maltese en Siberie”.

Questo episodio della vita del marinaio de La Valletta ha raggiunto presto dignità storica per la comparsa fra i personaggi del Barone Roman Nicolaus von Ungern-Sternberg, in russo Roman Fëdorovič Ungern fon Šternberg.

[2] Ben comprendo perché Giovanni Arpino temesse fra le cause di morte di dialetti e lingue locali le virgolette senza scampo.

[3] Il libro è ancora disponibile – o meglio è di nuovo disponibile – su Lulu Press e si intitola Di padre in figlio, data 2018.

[5] Dalla edizione del 2008 di Piemme.

[7] Si cfr. le pagine 221-223 nella precitata, seconda, edizione.

venerdì 15 ottobre 2021

UPON REQUEST: BANSHEES IN MILANO 1991 (BANSHEEIANA - 4)

 

UPON REQUEST: BANSHEES IN MILANO 1991

(BANSHEEIANA - 4)

 

Questo non è un post, è parte del lavoro fatto per una mia biografia – in lingua inglese – dedicata a Siouxsie and the Banshees (noterete che anche le grafie nel tempo cambiano) che non ho poi “definito” (le pagine sono molte).

Mi viene “richiesto” e come tale lo pubblico, senza pretese letterarie.

 

 

October 10: Milano, City Square (originally scheduled on the 9th at Rolling Stone).

After having opened their European tour in Yugoslavia (Ljubljana), Siouxsie And The Banshees hit Italy.

 

They had no chance to enjoy a rather good (weatherwise) day in Milano, as the venue was reached only hours before the show, this becoming a no-soundcheck-albeit-it-was-necessary gig. Why? Because the concert hall is rather long, with a not very high ceiling and lacks in width: you don't have to be a sound engineer to know that the Banshees music will turn out to be quite booming without a perfect, time consuming, sound adjustment.

 

The support slot is filled by Blue Aeroplanes, not exactly my kind of desert island music, therefore I chat in the foyer with Captain Scarlet and Tony, who is in charge of the merchandising, before reaching my position at the very end of the right balcony aisle, just a few yards from the stage.

 

The show opens with Dazzle and with the most swirling Severin I've ever seen, his tailed purplish suit reminding some of the best Batman villains. Tonight the stage is shared almost equally among him, the Mad Hatter Jon Klein and Siouxsie (clad in a leotard consisting of deep burgundy tights and a black veiled top), as they move from one side to the other, almost restlessly.

The set consisted mainly of Superstition numbers: the audience showed some lack of enthusiasm about Drifter and Softly, while Kiss Them For Me was probably the most cheered new number. The band also plundered Peepshow, most notably the perennial crowd mover Peek-A-Boo and Ornaments Of Gold.

With the big clock in the background (not part of the tour scenography, but a permanent feature of City Square!) inexorably marking the passing of time, the Banshees had little time for those singles which Italians seems to prefer.

Well, I certainly did not mourn because of no Dear Prudence, as we got Obsession (those of you who attended the Dreamhouse tour nine years ago will understand me: this is an almost "lost" classic played live, as far as I know, only once or twice that year), Painted Bird (thanks again Siouxsie), and the concert closed with Monitor.

Even the encores fell victim of the sound curfew: instead of the scheduled ones, El Dia De Los Muertos, Sue's favourite b-side as she confessed to the audience, ended this seventy-five minutes gig in my hometown.

 

Notwithstanding some technical problems, S&TB managed to offer us a very good concert, the band being in a great mood and Talvin Singh being an important addition now that the Banshees are revamping some less known tracks from their always increasing repertoire. I remember some rumours about a new live album earlier this year, well I think that now is the time for it.

 

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

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