"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



lunedì 25 novembre 2019

LA CREDIBILITÀ DI STRADA (E NON) A PAGAMENTO (gli Italiani che vivono – bene, pensano loro – sulla menzogna)


LA CREDIBILITÀ DI STRADA ([1]) (E NON) A PAGAMENTO
(gli Italiani che vivono – bene, pensano loro – sulla menzogna)

Premessa stilistico-formale: scrivo dalla prospettiva maschile ed eterosessuale. Evito quindi ogni declinazione ulteriore quanto a sesso fisico ed orientamento sessuale.

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Persone a me care e non:
  • “donne” altrui (mogli/fidanzate/conviventi) dichiaranti floride forme, doti di cuoche, intelligenze superiori. Relazioni delle medesime tutte finite male e con i loro ex “uomini” che hanno scoperto la verità.
  • Senza nulla riconoscere, uomini che copiano come slacci tu (rectius io) un bottone dei polsini della giacca. Ma io avevo quattordici anni e quindi la memoria infallibile di allora mi portò a sorridere amaro un sette lustri dopo leggendo un passo di un libro peraltro pregevole ([2]).
  • Uomini pretesi arbitri di eleganza ([3]) che si perdono fra cravatta e pochette ([4]).
  • Fini cultori della musica moderna dal 1950 (o magari dalla “birth of cool”) al 1975: non sanno nulla di Smile de The Beach Boys ([5]), ma si attaccano a te e poi cercano di sganciarsi onde non rivelare il loro debito musicale.
  • Uomini e donne che devono avere un certo oggetto non per sentirsi arrivati, bensì per non sentirsi lasciati indietro.

Thankfully depending from this people does not apply, per dirla a contrario come Kevin Rowland ([6]).
Cioè tutte queste persone sono smascherate non appena compaia un non sprovveduto (ogni tanto due negazioni servono) che non cerchi una relazione sentimentale come si sceglie un’auto, un sopravvissuto di epoche che questi figuri non hanno vissuto, una persona che non si vergogna a far risuolare un paio di scarpe, eccetera.

Ma siccome anche i sopravvissuti tengono famiglia, ecco apparire la nuova categoria dei conferenzieri Airfix ([7]) ad uso dei loro tapini spettatori paganti, convinti di uscire con in tasca un pezzo di credibilità non di facile smascheramento.

“E allora?” Direte voi pazienti lettori.
Questo post è figlio del fatto che cerco di non sprecare considerazioni semplificandole ad uso Facebook. Nella sostanza, poi, riordino le idee e magari chiarisco il senso o anche solo il gusto di precedenti post ([8]).


                                                                                                                      Steg



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[1] Quella tanto cara a Joe Strummer.
[2] The Way We Wore di Robert Elms.
[3] Loro declinano in Latino, hanno “fatto il Classico”.
[6]Thankfully Not Living In Yorkshire, It Doesn't Apply” è il titolo di una canzone dei Dexys Midnight Runners contenuta nel loro album d’esordio: https://steg-speakerscorner.blogspot.com/2011/10/still-searching-for-young-soul-rebels.html. La grafia “Dexys” oppure “Dexy’s” varia.
[7] O se preferite “by numbers”.
Sui numeri si potrebbe aprire un’ampia parentesi sul tema mod e forse anche sui Soft Cell, oltre che sulla serie televisiva The Prisoner (e così cito The Clash) ovviamente.

martedì 12 novembre 2019

PUNK A MILANO: ADDENDUM (ovvero delle “avanguardie storiche” non sapeva nulla nessuno)


PUNK A MILANO: ADDENDUM
(ovvero delle “avanguardie storiche non sapeva nulla nessuno)

Nel post che inaugurò il blog ([1]), si fece una fugace citazione del Dadaismo parlando di fanzine italiane: “primogenita nata dai miasmi dei navigli è Dudu H.y.n.d.r.o. Punk News: Dudu per ‘dada + punk’, Hyndro per Montanelli. Meglio delle avanguardie storiche ispiratrici (care ai mastermind della ‘zine medesima)”.

Gli è che all’epoca: da un lato, ancora non era così sicuro parlare di Futurismo ([2]), ancora tacciato di fascismo come Gabriele d’Annunzio (e il suo alias artistico D'Annunzio).
Dall’altro, forse era comodo evocare il Dadaismo e l’urinatoio di Duchamp e il ferro da stiro chiodato di Man Ray: cose da gente stramba, poi rinsavita. Rinsavita come i giovani quando diventano adulti.
Eppoi su questa linea era anche più semplice far passare gli Skiantos, ad esempio ([3]).

Insomma, con la parola Dada (i dadaisti non amavano molto la parola “Dadaismo”) si addolciva il punk senza dire una parola su futuristi e dadaisti che litigarono: accadde.
Si vendeva una versione del punk “un po’ più a sinistra” di quella reale (vedi sopra Futurismo).
Si diceva poco o niente dei dadaisti non celeberrimi, fra cui Jacques Rigaut di cui dal 1970 circolano i suoi Ecrits per la curatela di Martin Kay ([4]), anche perché probabilmente chi spacciava il dada-punk non la conosceva nemmeno questa figura leggendaria: autentico “too fast to live, too young to die”.

Che poi noi ci si sentisse più futuristi che dadaisti, anche prima di Adam and the Antz ([5])/Ants ([6]) era quasi ovvio: soffiava il post-punk nel 1979 ([7]).

Ecco in questa situazione, con appena un quarantennio abbondante di ritardo vorrei che i Signori Sandro Baroni e Nicola Ticozzi (i succitati “mastermind”) ci porgessero le loro scuse.
E si leggessero la monumentale biografia dedicata a Rigaut da Jean-Luc Bitton che lo apostrofa “suicidato magnifico” ([8]), suona leggero e micidiale quasi come “cane di diamante”.


                                                                                                                      Steg



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[2] Sebbene il volume dedicato a Filippo Tommaso Marinetti risalga al 1968 e poi ebbe la consacrazione nei Meridiani: mi riferisco a Teoria e invenzione futurista.
[3] Gruppo che per me non è più innovativo degli Squallor. Quindi Freak Antoni avrebbe avuto importanza anche senza di loro.

martedì 5 novembre 2019

IL PUNK IN UNA FRASE, IN ITALIANO


IL PUNK IN UNA FRASE, IN ITALIANO

Riascoltavo l’altra sera la produzione originale dei Decibel, e la conclusione, tardiva certo, è che a chi chiedesse cosa fu per “noi” il punk, quello vero, tutto si risolve anche solo in frasi e per una volta, ce ne è una non in lingua inglese: “NON TORNIAMO INDIETRO PIÙ!”.
La trovate in “Figli di …”.



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RING DI CRITICA LETTERARIA (Mari vs. Scaraffia)


RING DI CRITICA LETTERARIA
(Mari vs. Scaraffia)

Non sono persona che rifiuta di cambiare idea. Ma le reiterate mancanze altrui rafforzano una opinione non positiva.
Ricordo che in un post di anni fa avevo usato l’allegoria di quel manifesto che contrapponeva Andy Warhol a Jean Michel Basquiat.
Questa volta mi pare che Michele Mari vinca ai punti contro Giuseppe Scaraffia.

Michele Mari lo ho conosciuto per caso, attraverso – contemporaneamente – gli Ianva e Emilio Salgari; da lì ho letto Tutto il ferro della torre Eiffel ([1]), Tu, sanguinosa infanzia e Rosso Floyd.
Posso eccepirgli, quanto al primo dei tre titoli citati: la mancanza di una nota bibliografica e la confusione fra Pernod e pastis (il primo è un prodotto definito, il secondo la categoria di cui il Pernod è parte, insieme a Ricard, 51, eccetera: tutti i pastis di Francia?) e, forse, anisetta.

Giuseppe Scaraffia continua, inesorabilmente, ad avere una pecca ben più grave: le sue bibliografie sono “tirate via”: citazioni ripetute, titoli accompagnati dalla traduzione italiana oppure no oppure la indicazione della sola versione italiana.
Insomma, ogni suo libro di cui ho copia soffre di una qualche inaffidabilità. L’ultimo forse anche di provincialismo: non inserire infatti l’indirizzo de Le Grand Véfour (anche la terza parola ha la maiuscola siccome cognome) nell’elenco che accompagna il testo de L’altra metà di Parigi fa sospettare che egli non vi abbia messo piede.

Ecco perché vince Mari.


                                                                                                                      Steg



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[1] “t” in minuscolo in originale.