QUALCHE
BREVE NOTA SUL DOPOPUNK A MILANO
(partendo
dalla copertina di Alles ist gut dei
D.A.F.)
La copertina e
il suo retro mostrano lucidi di sudore e con capelli corti Gabi Delgado-López e
Robert Görl.
“Froci e nazisti”:
facile equazione dei compagni al testosterone, ai quali la pantera di copertina
di For Your Pleasure avrebbe - se del
caso - con una sola zampata orbato mascolinità e certezze intellettuali (poche
entrambe). Poveri retrogradi, ancora a domandarsi come inquadrare La caduta degli dei, Il portiere di notte
e Salò-O le 120 giornate di Sodoma,
dati i loro registi “a sinistra” ([1]).
Ecco come si
presentano nel 1981 i D.A.F. nella “vaschetta” di Bonaparte Dischi di Via
Marghera, Mailand, Europa, qualche settimana prima del loro concerto all’Odissea
2001 con il loro terzo – ma “primo” ([2]) –
album: Alles ist gut.
Qualcuno (Andrea
V.?) mi loda questi due artisti di cui il New Musical Express mi ha già
promesso meraviglie.
Allora e per
qualche anno ancora – vedi Tape Art – i negozi di dischi sono altresì cenacoli
di dibattito e speculazione intellettuale dove, bluffando, in fondo ognuno di
noi insegna qualcosa di nuovo agli altri senza pretendere l’onore delle armi.
All’apparenza
diffidenti, in realtà noi ci riconosciamo subito: ciascuno unico e ussaro, con
la veemenza di dragone ma capace di fare il baciamano alla regina, occorrendo.
La Virgin di
Richard Branson ai tempi fa prodigi: una inner
sleeve in cartoncino pesante sembra quasi una polizza dei Lloyd’s:
infallibile.
Finisce che
compro sia l’album, sia il singolo “maledetto” ivi contenuto: “Der Mussolini”
in formato 12” ,
roba impegnativa allora ([3]). Natürlicher, di li a poco comprerò anche Für
Immer ([4]).
Ecco perché non
era cambiato nulla.
Nessuna
velleità, men che meno necessità, di name
dropping per motivare le nostre scelte (non dovevamo motivare nulla a
nessuno), ma alla nostra cintura erano già “appesi” Suicide, Magazine, Siouxsie
and the Banshees, Public Image Ltd., Human League, Adam and the Antz ([5]), ...
Chi ci
contrastava era spesso ancora confuso per la svolta elettrica di Bob Dylan ([6]).
Dove eravamo?
Ovviamente ben oltre i cliché punk
che, divenuti tali, noi avevamo abbandonato verso la metà del 1978 come ho
scritto in altre occasioni ([7]).
And so you are, now, afterpunk and
punk.
Steg
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privati e/o riprodotta e/od archiviata per il pubblico senza il preventivo
ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso scritto dell’autore.
[1] O
meglio tali da loro definiti. Tre serie monografie su di loro, forse,
condurrebbero ad altri risultati.
Sufficie dire che Liliana
Cavani diresse un film struggente, forse decadente certo sessualmente totale in
quanto uomo e donna si pongono alla pari, assolutamente inconcepibile prima che
inaccettabile dalla sinistra.
[2] In
quanto album di esordio e successivo, rispettivamente intitolati Produkt e Die Kleine Und Die Bosen, resteranno sempre interesse per pochi.
D’altro canto, la formazione storica è quella appunto a due.
[3]
Perché se i modesti cervelli limitati da palizzate cercavano ancora di digerire
The Clash grazie alle loro (della band,
non dei locali militanti a gauche)
incontinenze viniliche, beh con quel titolo e cantando in tedesco il nemico non
poteva essere scambiato e confuso.
Invece sì.
[4] Due album nell’anno 1981
per i D.A.F.
[5] Mi
riferisco a, almeno, i seguenti album in ordine circa cronologico in
riferimento al primo: Suicide; Real Life; The Scream e Join Hands e Kaleidoscope; First Edition e Metal Box;
Reproduction; Dirks Wears White Sox.
In realtà la storia la
facevano spesso i singoli.
[6] In
quanto noi, noi, avevamo studiato e quindi eravamo al corrente anche di
quell’episodio, ormai vecchio di lustri.
[7] In
particolare in “Note sul punk in Italia e a Milano” e in “Tonito memorial”.
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