"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



mercoledì 9 gennaio 2013

QUALCHE BREVE NOTA SUL DOPOPUNK A MILANO (partendo dalla copertina di Alles ist gut dei D.A.F.)


QUALCHE BREVE NOTA SUL DOPOPUNK A MILANO
(partendo dalla copertina di Alles ist gut dei D.A.F.)

 

La copertina e il suo retro mostrano lucidi di sudore e con capelli corti Gabi Delgado-López e Robert Görl.
“Froci e nazisti”: facile equazione dei compagni al testosterone, ai quali la pantera di copertina di For Your Pleasure avrebbe - se del caso - con una sola zampata orbato mascolinità e certezze intellettuali (poche entrambe). Poveri retrogradi, ancora a domandarsi come inquadrare La caduta degli dei, Il portiere di notte e Salò-O le 120 giornate di Sodoma, dati i loro registi “a sinistra” ([1]).
 
Ecco come si presentano nel 1981 i D.A.F. nella “vaschetta” di Bonaparte Dischi di Via Marghera, Mailand, Europa, qualche settimana prima del loro concerto all’Odissea 2001 con il loro terzo – ma “primo” ([2]) – album: Alles ist gut.
Qualcuno (Andrea V.?) mi loda questi due artisti di cui il New Musical Express mi ha già promesso meraviglie.
 
Allora e per qualche anno ancora – vedi Tape Art – i negozi di dischi sono altresì cenacoli di dibattito e speculazione intellettuale dove, bluffando, in fondo ognuno di noi insegna qualcosa di nuovo agli altri senza pretendere l’onore delle armi.
All’apparenza diffidenti, in realtà noi ci riconosciamo subito: ciascuno unico e ussaro, con la veemenza di dragone ma capace di fare il baciamano alla regina, occorrendo.

 

La Virgin di Richard Branson ai tempi fa prodigi: una inner sleeve in cartoncino pesante sembra quasi una polizza dei Lloyd’s: infallibile.
Finisce che compro sia l’album, sia il singolo “maledetto” ivi contenuto: “Der Mussolini” in formato 12”, roba impegnativa allora ([3]). Natürlicher, di li a poco comprerò anche Für Immer ([4]).
 
Ecco perché non era cambiato nulla.
Nessuna velleità, men che meno necessità, di name dropping per motivare le nostre scelte (non dovevamo motivare nulla a nessuno), ma alla nostra cintura erano già “appesi” Suicide, Magazine, Siouxsie and the Banshees, Public Image Ltd., Human League, Adam and the Antz ([5]), ...
Chi ci contrastava era spesso ancora confuso per la svolta elettrica di Bob Dylan ([6]).
Dove eravamo? Ovviamente ben oltre i cliché punk che, divenuti tali, noi avevamo abbandonato verso la metà del 1978 come ho scritto in altre occasioni ([7]).

 

And so you are, now, afterpunk and punk.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

© 2013 Steg, Milano, Italia.
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[1] O meglio tali da loro definiti. Tre serie monografie su di loro, forse, condurrebbero ad altri risultati.
Sufficie dire che Liliana Cavani diresse un film struggente, forse decadente certo sessualmente totale in quanto uomo e donna si pongono alla pari, assolutamente inconcepibile prima che inaccettabile dalla sinistra.
[2] In quanto album di esordio e successivo, rispettivamente intitolati Produkt e Die Kleine Und Die Bosen, resteranno sempre interesse per pochi. D’altro canto, la formazione storica è quella appunto a due.
[3] Perché se i modesti cervelli limitati da palizzate cercavano ancora di digerire The Clash grazie alle loro (della band, non dei locali militanti a gauche) incontinenze viniliche, beh con quel titolo e cantando in tedesco il nemico non poteva essere scambiato e confuso.
Invece sì.
[4] Due album nell’anno 1981 per i D.A.F.
[5] Mi riferisco a, almeno, i seguenti album in ordine circa cronologico in riferimento al primo: Suicide; Real Life; The Scream e Join Hands e Kaleidoscope; First Edition e Metal Box; Reproduction; Dirks Wears White Sox.
In realtà la storia la facevano spesso i singoli.
[6] In quanto noi, noi, avevamo studiato e quindi eravamo al corrente anche di quell’episodio, ormai vecchio di lustri.
[7] In particolare in “Note sul punk in Italia e a Milano” e in “Tonito memorial”.

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