IGGY POP
O DEL CERCARE DI INVECCHIARE
(note a
margine di un film documentario e altro)
Due premesse: una generale e una personale.
Se Iggy Pop non avesse instradato
Johnny Thunders all’eroina, forse la storia musicale sarebbe stata almeno cronologicamente
diversa, anche per Sid Vicious.
Avevo in progetto, per
una testata online un lungo post dedicato a The Stooges, avevo anche
il titolo: “Il tappeto di Fun House”,
ma non ho nemmeno iniziato a scriverlo.
Da alcuni anni mi
contrappongo a coloro i quali dicono che gli ultimi album di Iggy Pop sono
blandi: in particolare le critiche sono rivolte a Après e a Préliminaires.
A parte alcune
interessanti conferenze fra cui una canadese del 2016 ([1]), io
sono partito da due sue canzoni: “The Departed” ([2]) e “American
Valhalla” ([3]), per considerare un po’ il
senso della vita che ti rimane. Una disamina che prima o poi arriva ad essere
quasi naturale, almeno per alcuni, quando si invecchia.
Il romanzo di Michel Houellebecq
La Possibilité d'une île ([4])
resta ancora da leggere ([5]), ma
nel frattempo ho visto il film To Stay Alive
– A Method ([6]), che mi pare un’opera cinematografica
meno angosciante di quanto sia dipinta, e che presenta Iggy Pop anche al di
fuori del suo ruolo di narratore.
E torniamo alla
vecchiaia.
Iggy Pop che guida una Rolls-Royce
in cui quasi si perde: vuol dire qualcosa?
Iggy Pop che ha una gamba
vistosamente più corta di qualche centimetro dell’altra.
La voce di Pop la trovo
sempre rassicurante, anche quando nella sua collaborazione con gli Underworld ([7])
canta di certe situazioni, ormai impossibili, come in “Bells & Circles”.
Ma nella stessa sede
troviamo riflessioni su età e amici nella canzone “I’ll See Big”.
Questo artista è diventato
un saggio cui rivolgersi? Oppure anche solo un riferimento con cui dissentire ([8]) ma
da trattare con rispetto?
Meglio che non tenti
nemmeno dei paragoni con l’Italia, dove mi pare che alla età anagrafica degli
artisti siano da aggiungere 20 anni per capire perché non riescono mai a incuriosire
il pubblico ([9]).
Ecco, se questa fosse una
relazione da convegno, avrei potuto intitolarla “Attualità intellettualmente stimolante
di Iggy Pop”.
[Forse questo post sarà riveduto nel tempo]
Steg
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pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore/degli autori.
[1] A Montreal:
per la Red Bull Music Academy: https://www.youtube.com/watch?v=Y0C6FkGrsWw.
[2]
Contenuta in Ready To Die, album
attribuito a Iggy And The Stooges.
[3] Contenuta
in Post Pop Depression.
[4] Del
2005, titolo pressoché identico nella traduzione italiana apparsa nel 2006: La possibilità di un’isola.
[5] Cui fa
compagnia anche una copia di Serotonina
del 2019 nell’ammasso cartaceo personale.
Sarebbe poi interessante
sapere se qualcuno dei critici del più recente Iggy Pop sono appassionati del
letterato francese o, più probabilmente, del suo più recente romanzo.
[6] Restare vivi – Un metodo, per l’edizione
italiana che peraltro è sottotitolata dall’originale.
[7] Si
tratta dell’EP Teatime Dub Encounters
del 2018.
[8] Io,
ad esempio, ancora non ho trovato la unicità degli Sleaford Mods. Ma d’altronde
nemmeno quella di The Fall di Marc E. Smith.
[9] Mi
permetto di rimandare a un mio post
recente: https://steg-speakerscorner.blogspot.com/2019/02/e-pensare-che-non-volevamo-alcunche.html.
Ivi illustro cosa ancora significhi essere cresciuti anche culturalmente con punk
e post-punk.
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