OF BLUES AND BRUISES
(l’ennesima
strada senza uscita sentimentale
qualche
pensiero sui Neon)
Nell’estate
1984, all’edicola della fermata di metropolitana di Bank, City of London,
compro l’usuale trimurti in una soleggiata mattina di metà settimana: NME, MM
e Sounds, nell’ultimo c’è un’intervista
a Steve(n) Severin nella quale egli spiega all’intervistatore, dato l’incipit, che la musica che ascoltava
quando gli ha aperto la porta sono “ i DAF italiani”: la MC7 gliela ho mandata
io.
Sono i Neon.
Pochissimi sono
gli artisti italiani che io stimo ([1]), per
tutto quel che arriva dalla Toscana poi io nutro un sospetto che si estinguerà
alla mia morte, forse: troppe le energie ivi profuse per darci un Niccolò e un
Leonardo.
Ma ecco questi
fiorentini che, un anno prima di quell’estate albionica per me impareggiabile,
mi portano via: io che piuttosto di incappare nel banale femmineo continuo,
appunto, in quegli anni a schivare il pericolo e a lasciare le mie lenzuola
fredde, fredde ma non in grado di farmi vergognare.
Mi arrovello e
torturo dunque su una nuova lied di
romantica passione: “My Blues Is You”: privilegiate il singolo, purtroppo la
versione inclusa nell’album Rituals
soffre di aggiunte barocche assolutamente leziose e grevi.
Curiosi? Cercate
altresì gli EP dodici pollici precedenti: Obsessions
e Tapes Of Darkness.
A detta di
Sergio di Tape Art nel primo dei due (di cui custodisco anche una rara copia
promozionale) suonava una splendida, oltre che brava, tastierista: Barbara
Big. Forse fu lei – sarebbe bello se leggesse queste righe – a ispirare quei
sentimenti bluastri, dolorosi ma piacevoli, che mi sorpresero dal piatto del
Viridis nel 1983?
L’importante è
che blues and bruises valgano la
pena.
E le drum machine, devono suonare come
maschie automobili che infrangono vetrate piombate di cattedrali tardo
medievali. Senza rimpianti, marinettiane e futuriste.
Steg
©
2013 Steg, Milano, Italia.
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privati e/o riprodotta e/od archiviata per il pubblico senza il preventivo
ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso scritto dell’autore.
[1] La
parola “rispetto” me la hanno sottratta con l’inganno infime e sbiadite figure
di una scena rap locale che nemmeno potrebbero avere il ruolo di comparse
pasoliniane.
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