"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



martedì 11 ottobre 2011

JEFF BECK

JEFF BECK

Se guardi le mani di JB non pensi a un chitarrista, sono le mani forti di chi fa lavori manuali ([1]).
Penso a un vetraio o a un falegname di quelli che vedevo a sei-sette anni: mani che nemmeno la punta del diamante o i denti della sega possono intimidire, erano come dei Vulcano della metropoli, potenti e temibili!

JB che scende in città a comperare le candele (spark plug però suona meglio) per uno dei sui pezzi da collezione su ruote e poi si ferma al pub per un whisky allungato con acqua.
Jeff Beck è come la copertina di Jeff Beck’s Guitar Shop: ama le chitarre come le sue automobili e le guida entrambe con metodo e grandissimo talento; con altrettante perizia e passione le accudisce.

Jeff Beck sale sul palco con pantaloni neri, tank top bianca e gilet nero con scarponi da lavoro che lo terrebbero attaccato alle assi di legno anche se arrivasse un tornado con un AAA pass.
Poi impugna la chitarra Fender Stratocaster (spesso con leva) e tutto si trasforma. Lui non suona degli assolo, lui rende il suono una sorta di stream of consciousness potente ma mai volgare, riesce persino a farmi sopportare “A Day in the Life” ...

Jeff Beck suona, nel senso che trae musica da uno strumento musicale, è un musicista che poco affida alla parola e in questo si distingue sia dagli altri chitarristi che hanno militato ne The Yardbirds, sia da un grandissimo della chitarra quasi per caso come Pete Townshend. Solo Jeff Beck si accontenta di esprimersi con il suo strumento.

Delle due l’una: o già conoscete Jeff Beck o dovrebbe venirvi voglia di conoscerlo.
A me piacerebbe averlo come amico e qualche volta andare in auto con lui, su una MG racing green sapendo di potermi fidare della sua guida.

                                                                                                                      Steg



© 2011 Steg, Milano, Italia.
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[1] Incidentalmente mi ricordano le mani di un altro fuoriclasse di cui ho già scritto in questo blog, ma qualche pensiero lo tengo per me.

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