“McGEOCHISMS”
Conobbi John McGeoch alla fine del concerto del 26 giugno 1981 al Teatro Nuovo di Torino di Siouxsie and the Banshees, era il mio secondo ([1]) loro concerto e nel pomeriggio avevo chiacchierato un bel po’ con Budgie, allora dotato di poco banshee-look e con un giubbotto di jeans blu stinto con diversi badge.
Rammento che a John dissi in battuta che non gli avrei fatto domande tecniche, dato anche che non suonavo e che mi sembrava a quel punto più interessante sapere se andava lui personalmente in lavanderia … Gli chiesi peraltro dove avesse comperato i sui stivali – dei biker boot – e lui così mi introdusse al mondo di Johnson’s allora ubicato solo in King’s Road.
Quando ci salutammo mi disse di cercarlo ai concerti di Londra quella estate e così feci e, un po’ avventurosamente, cominciai a conoscere meglio tutta la band (ma questa è un’altra storia).
John fu sempre molto gentile con me ogni volta che ci si incontrò, forse un poco della mia tenacia lo stupì, comunque da Scotsman era sempre molto socievole.
Rimasi davvero male quando nel pomeriggio del 28 novembre 1982 Billy “Chainsaw” Houlston in un Hammersmith Palais londinese ancora vuoto e rimbombante fra tecnici ([2]) e roadie, dopo avermi apostrofato con “You must be XXX” perché gli avevo scritto non poche volte presso il fan club ([3]) mi disse che avevano dovuto sostituirlo definitivamente, per quel tour ancora con Robert Smith.
Lo vidi anni dopo ad un concerto in cui militava con i PIL, ma non ebbi più occasione di scambiare due chiacchiere con lui.
La morte di John McGeoch il 4-5 marzo 2004 (di notte, nel sonno) lasciò tutti sorpresi e stupiti, poiché non era certo persona dai grandi eccessi, e probabilmente negli ultimi anni nemmeno certe stranezze alcooliche gli erano più congeniali, si era anche diplomato infermiere(!).
Lo descrissi circa così a qualcuno, quando seppi del suo decesso: “Era un tipo davvero curioso, sai? Me lo ricordo in studio di registrazione a Londra, con un boccale da birra pieno di vino, o le correzioni della Guinness con il Fernet Branca.
‘Aveva questo sguardo sornione, non era troppo alto, il ciuffo sugli occhi, magari, eppure alla chitarra estraeva non solo lo “stile [John] McKay” ma tutto il resto che tutti conoscono ma poco collegano a lui: poco più di due album e mezzo, ma monumentali e poi il poco ricordato terzo album dei Generation X e anche nei Visage fece meraviglie.”’.
Ogni tanto, il Grande Scozzese ricompare nelle interviste ad altri chitarristi di talento sottile, cioè meno evidente, da ultimo in quella ai Manic Street Preachers sul numero 174 di Uncut, a pagina 35 James Dean Bradfield a proposito di come voleva suonare in The Holy Bible ricorda: “I really wanted to do a lot of my John McGeochisms, from Magazine, I was getting fed up with trying to ape Slash” ([4]).
Ed allora “McGeochism” è un bella parola di sintesi, non solo musicale.
POST
SCRIPTUM
Se ci riuscite,
cercate in internet il documentario radiofonico “Spellbound: The Story Of John
McGeoch”, per ricordare come egli potesse essere sia sinuoso, sia spigoloso nel
suono: la quadratura del cerchio a sei corde, o quasi.
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[1] Molti ne seguirono ed alla fine smisi di contarli.
[2] E chissà oggi dove è Tony Selinger, pure conosciuto a Torino, che tanti biglietti e pass mi procurò.
[3] Anche Billy una persona davvero notevole.
[4] Avendo già citato in un altro mio post i Magazine, per chi volesse approfondire segnalo Helen CHASE, Magazine The Biography, Newcastle U. T., Northumbria Press, 2009.
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