LA
MORTE DEI LUOGHI PER SOTTRAZIONE
La morte per sottrazione di un
luogo è quella del togliere senza sostituire.
Qualche volta l’eliminazione è non evidente,
anche solo per ragioni generazionali.
A Milano,
cominciamo prendendo il Ristorante Savini: esiste ancora, ma non c’è più.
Sparita ogni vestigia
del bar di prua, quello dei Futuristi ([1]);
sparita ogni traccia dei box di sinistra (oltrepassato il guardaroba) e soprattutto
del primo di essi ove il più saltuario dei clienti era il più potente: Enrico Cuccia
([2]).
Ma non esistono
più neanche le trattorie toscane, soprattutto di Via Fiori Chiari (sempre
Milano) ([3]), e
quindi di riflesso sono estinti anche il venditore – zoppo – di rose; quello di
cravatte portate su un braccio sinistro rigido che a uno scolaro poteva
ricordare un pirata; l’anziano strillone delle “ultimissime” dei quotidiani del
pomeriggio (dure e poi uno solo); il contrabbandiere di sigarette nella borsa
di cuoio ([4]).
Eccetera.
Ricordo ancora
bene, io, ma fino a quando?
Steg
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consenso scritto dell’autore/degli autori.
[1] Che si bevevano bicchieri di
acqua da caraffe colme di ghiaccio.
[2] Cfr. Giancarlo Galli, Il
padrone dei padroni.
[3] Cfr. Luciano Bianciardi, La
vita agra.
[4] Cfr. Renato Olivieri, 99
casi di ordinaria criminalità.
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