“SPRANGA
IL MACCHINISTA O CANTA IN FALSETTO?”
Fra maggio e
giugno 1978 a
Milano si poteva essere un bersaglio intellettuale (solo apparentemente
musicale) che era a rischio soccombenza. Sconfitti si sarebbe finiti come molti
altri, la maggioranza, appunto.
La radio in FM
dichiarava Rolling Stones (“Miss You”) e nel ghetto fuggevole della discoteca
(la dance culture la massa non la
conosceva ([1])) una voce in falsetto che
non avrebbe dovuto avere futuro: Sylvester con “You Make Me Feel (Mighty Real)”
([2]) ([3]).
Poi c’era la
stampa musicale britannica: lì stava il mezzo gimmick del quinto singolo dei Sex (già ex?) Pistols, che doveva
intitolarsi appunto “Cosh The Driver” salvo un ripiego su due titoli diversi,
ma anche il pivotale quinto singolo ufficiale di The Clash, con copertina (o
senza? Decidete voi) ([4]) e di
nuovo una parte del titolo fra parentesi, e poi stava arrivando tutto il “dopo-/növo-”
che sarebbe stato digerito (ma non assimilato) molti anni dopo.
Le orecchie a
Londra avrebbero continuato a macinare reggae nei locali prima dei concerti,
anche se la stagione del Roxy con Don Letts come DJ era finita.
Diciotto mesi
dopo chi aveva abbastanza personalità aveva già lasciato le categorie della
politica musicale (“the politics of
dancing” recita una vecchia canzone), anche perché nemmeno gli USA erano
stati con gli allori a seccarsi: No New
York insegna.
Diventa da allora
in poi impossibile tentare una qualsiasi classificazione. Per fortuna.
Passati anche
gli eroi da club ([5]), ecco l’aria che davvero tirava
quando nel settembre del 1982 The Face
usci con la famosa copertina nella quale persino dei jeans blu potevano essere
un capo di nuovo capace di parlare per chi li indossava ([6]).
Ma l’Italia
evidentemente dava Sylvester per morto, non concepiva l’eventualità di
abbandonare il cliché del punk che essa
aveva fatto così fatica a accettare, mentre fra oratori e sezioni di partito
non c’era spazio per un “fuck art let’s
dance” che era comunque un’espressione individuale e che, udite udite, era
anche una categoria di umano divertimento dove non si discriminavano gli
omosessuali (e neanche gli eterosessuali, perché no) anche se magari qualche
locale non era esattamente una bocciofila.
Purtroppo, una
grande malattia dal piccolo nome avrebbe nel giro di qualche anno ucciso l’unicità
vocale di Sylvester, che sarebbe così andato a raggiungere il suo sodale di
qualche avventura alle porte dell’elettronica Patrick Cowley (morto nel 1982).
Ma per noi alla
fine ha vinto il falsetto sulla spranga.
Steg
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consenso scritto dell’autore/degli autori.
[1]
Illuminante in punto è “Indigestione disko” dei Decibel.
[2] Si
noti la curiosa inversione della parte fra parentesi rispetto ai titoli di
alcuni classici degli anni sessanta.
[3]
Storcerà il naso qualche purista sapendo che in una sua top ten radiofonica
Siouxsie inserì questa canzone. I ben informati sanno che Mrs. Ballion ballava al
Bangs, al Chaguaramas e al El Sombrero.
[4] Tutte
informazioni rinvenibili altrove.
[5]
Rinvio al mio post “Out in clubland
and having fun” di cui questo forse è una stripped
down version.
[6] Per
chi non possiede quel numero, una seconda possibilità di leggere l’articolo di
Robert Elms intitolato “The New Young Soul Rebel” risiede nel volume Nightfever (a cura di Richard Benson) a
pagina 26, ma senza immagini.
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