BILLIE
RAY MARTIN
Billie Ray
Martin mi ha brutalmente criticato: le avevo scritto un messaggio di posta
elettronica senza la dovuta etichetta: aveva ragione: anche io ero caduto in un
eccesso di immediatezza che avrei certamente evitato scrivendo una lettera
secondo i canoni tradizionali ([1]).
Billie Ray
Martin è la dimostrazione che avere molto talento non serve per avere successo,
anzi può risultare deleterio.
Sto scrivendo di
una grande artista, una cantante con una voce che colpì – quando lei fronteggiava
la Electribe 101 ([2]) – Siouxsie Sioux e
Budgie.
Certo se
avessero creduto di più nella Tribù Elettrica Centouno coloro che li posero
sotto contratto...: al tempo, quando si cercava di uccidere il vinile ([3]),
acquistai la versione negletta e deperibile, nera e ingombrante (12 pollici ) del loro
unico album, Electribal Memories,
perché quella in formato CD con tracce in più a Milano giunse in qualche (due,
tre?) copie.
Molto vinile lo
accumulai ex post ([4]):
Poi questa
sirena dai natali incerti nel luogo (Germania, probabilmente Hamburg) e nel
tempo (ma a una Signora non si chiede mai la data di nascita, mai) cominciò una
carriera solista tortuosa con qualche EP, l’album Deadline For My Memories e i “suoi” singoli.
Prima uscite
indipendenti, anche un paio non autorizzate dall’artista, e quindi solo
autoproduzione o quasi, come testimonia il suo sito internet ufficiale.
Billie Ray Martin rimane, dunque, una artista di culto senza certo volerlo ad ogni costo, roba da
dancefloor slavati dalla stanchezza e
cerchiati dalle occhiaie di coloro che ancora li calcano a tardissima ora.
L’opposto della
discoteca del disimpegno ([5]).
Difficile
aggiungere altro senza diventare personale e quindi noioso, oppure
semplicemente essere una discografia.
Se potete,
cercate anche il DVD con i suoi promo
clip, e ivi fustigatevi con “Imitation Of Life”: dove il playback soccombe alla voce, ma le
immagini smantellano ogni residua resistenza scettica.
Steg
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senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso
scritto dell’autore.
[1] Non è
sempre buono il progresso, soprattutto nei media.
[2] Electribe è il nome di una
“linea” di strumenti della nipponica Korg, Inc. (Kabushiki-gaisha Korugu):
sintetizzatori e drum machine.
[3] Altro
che Record Store Day, allora!
[4] I 12” avevano delle versioni
monumentali rispetto a quella “originale”.
Rammento una record fair
all’Electric Ballroom di Londra (quando a Camden Town la prima lingua non era
l’Italiano): trovai un raro mix della Electribe 101, il numero 1 di i-D, un
clamoroso CD non ufficiale dei Soft Cell e, se non ricordo male, anche una
copia di Anarchy in the UK (la
fanzine): il tutto per qualche decina di sterline.
[5]
Soliti gli esempi: dal Northern Soul alle gay
disco del popolo Bowie (e Bowie stesso?) che arrivò al punk: dico Marc
Almond e “John, I’m Only Dancing”.