AYRTON
SENNA: UN ASSO ([1])
Pilade Del
Buono, che ogni anno scrive un necrologio commemorativo per la morte di Gianni
Brera, chiese a mio padre se il necrologio per Ayrton Senna fosse mio (cioè
quello con il mio cognome).
Se si muore di
domenica, difficilmente il Corriere della
Sera pubblicherà il giorno successivo. Cosi accadde anche per il mio
necrologio: redatto il lunedì mattina nell’ufficio-inserzioni del quotidiano
milanese di Via San Pietro all’orto, uscito il giorno dopo.
La casa vuota
come se avessi appena traslocato, in realtà una scelta mia.
Seduto su quella
poltrona da scrivania un poco sfondata ma comoda e con cuoio vero a rivestirla,
passo le ore del pomeriggio di domenica davanti al televisore, poi è l’ora dell’aperitivo
e ancora la notizia della morte non è confermata formalmente: decido di
indossare la maglietta con la doppia S sgommata che celebra le sue 50 pole position ([2]) e
sto seduto a un tavolino all’aperto del Bar Basso a Milano, come se quasi nulla ci fosse
intorno.
Cena. Ancora davanti al televisore. Finalmente alla mezzanotte passata riesco a piangere.
Chissà come mai:
quest’anno saranno 19 anni dalla morte dell’asso brasiliano, usai campionissimo
nel necrologio (come Fausto Coppi), eppure sembra che vogliano farli sembrare
20.
E pensare che
era partito cosi bene dal palo di quel nastro d’asfalto, che sembrava falso
come il nome del Gran Premio che ivi si correva.
Anche per questo
risulta ancora più grottesca la sua morte: il Mago della pioggia, il Re di Montecarlo,
finisce i suoi giorni nella trista Imola in un caldo pomeriggio che sembra
solamente banale.
Gli assi sono
innovativi, e così Ayrton Senna che percorreva il tracciato a piedi alla
vigilia di un Gran Premio dimostrava un’attenzione fuori dal comune.
Molti assi
lasciano fra le ultime loro immagini quella del casco indossato come un elmo,
per poi finire in una nuvola, in una dimensione comunque aerea che nessuno può
penetrare.
Mentre il
dimenticato dai molti Alain Prost, e il fuoriclasse “solo per aver superato il
record di Juan Manuel Fangio” Michael Schumacher in qualche modo beneficiarono della
tragica luce riflessa data dal fatto che Senna morì in quella stupida e modesta
pista il 1° maggio 1994.
Steg
POST SCRIPTUM
Sono quasi trascorsi 20 anni, da quel giorno e un anno esatto (era il 28 aprile 2013) dalle righe qui
sopra.
Io non posso aggiungere niente.
Per chi vuole “qualcosa di diverso” rimando a Giorgio Terruzzi, Suite 200. L’ultima notte di Ayrton Senna.
Per chi è ancora in grado di seguire le voci senza le immagini: http://talksport.com/radio/richard-keys-and-andy-gray/blog/2011-06-02/professor-sid-watkins-death-ayrton-senna.
Metteteci, di vostro, anche un sorriso.
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[1]
L’appellativo di asso è nato per i piloti d’aviazione di guerra, poi è passato
agli sport motoristici.
Per essere un asso occorre
abbattere almeno cinque velivoli avversari (più che “nemici”), questo perché la
stampa francese chiamò “as” René Paul Fonck quando egli abbatté il suo
quinto. Parliamo di prima guerra mondiale.
[2] Il
record di pole position di Jim Clark:
33, durò per vai lustri, sino a quando, appunto, lo eguagliò e superò Ayrton
Senna.
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