"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



domenica 28 aprile 2013

AYRTON SENNA: UN ASSO


AYRTON SENNA: UN ASSO ([1])

 

Pilade Del Buono, che ogni anno scrive un necrologio commemorativo per la morte di Gianni Brera, chiese a mio padre se il necrologio per Ayrton Senna fosse mio (cioè quello con il mio cognome).
Se si muore di domenica, difficilmente il Corriere della Sera pubblicherà il giorno successivo. Cosi accadde anche per il mio necrologio: redatto il lunedì mattina nell’ufficio-inserzioni del quotidiano milanese di Via San Pietro all’orto, uscito il giorno dopo.

 

La casa vuota come se avessi appena traslocato, in realtà una scelta mia.
Seduto su quella poltrona da scrivania un poco sfondata ma comoda e con cuoio vero a rivestirla, passo le ore del pomeriggio di domenica davanti al televisore, poi è l’ora dell’aperitivo e ancora la notizia della morte non è confermata formalmente: decido di indossare la maglietta con la doppia S sgommata che celebra le sue 50 pole position ([2]) e sto seduto a un tavolino all’aperto del Bar Basso a Milano, come se quasi nulla ci fosse intorno.
Cena.
Ancora davanti al televisore. Finalmente alla mezzanotte passata riesco a piangere.

 

Chissà come mai: quest’anno saranno 19 anni dalla morte dell’asso brasiliano, usai campionissimo nel necrologio (come Fausto Coppi), eppure sembra che vogliano farli sembrare 20.

 

E pensare che era partito cosi bene dal palo di quel nastro d’asfalto, che sembrava falso come il nome del Gran Premio che ivi si correva.
Anche per questo risulta ancora più grottesca la sua morte: il Mago della pioggia, il Re di Montecarlo, finisce i suoi giorni nella trista Imola in un caldo pomeriggio che sembra solamente banale.

 

Gli assi sono innovativi, e così Ayrton Senna che percorreva il tracciato a piedi alla vigilia di un Gran Premio dimostrava un’attenzione fuori dal comune.

 

Molti assi lasciano fra le ultime loro immagini quella del casco indossato come un elmo, per poi finire in una nuvola, in una dimensione comunque aerea che nessuno può penetrare.

 

Mentre il dimenticato dai molti Alain Prost, e il fuoriclasse “solo per aver superato il record di Juan Manuel Fangio” Michael Schumacher in qualche modo beneficiarono della tragica luce riflessa data dal fatto che Senna morì in quella stupida e modesta pista il 1° maggio 1994.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

POST SCRIPTUM

Sono quasi trascorsi 20 anni, da quel giorno e un anno esatto (era il 28 aprile 2013) dalle righe qui sopra.
Io non posso aggiungere niente.

Per chi vuole “qualcosa di diverso” rimando a Giorgio Terruzzi, Suite 200. L’ultima notte di Ayrton Senna.


Metteteci, di vostro, anche un sorriso.

 

 

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[1] L’appellativo di asso è nato per i piloti d’aviazione di guerra, poi è passato agli sport motoristici.
Per essere un asso occorre abbattere almeno cinque velivoli avversari (più che “nemici”), questo perché la stampa francese chiamò “asRené Paul Fonck quando egli abbatté il suo quinto. Parliamo di prima guerra mondiale.
[2] Il record di pole position di Jim Clark: 33, durò per vai lustri, sino a quando, appunto, lo eguagliò e superò Ayrton Senna.

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