CANI E
CANONE
(ovvero:
ulteriori utilizzi criticabili degli introiti derivanti dal canone RAI)
Ricevo il post che qui di seguito pubblico dall’autore
(autrice), fra l’altro, di una doppia striscia a fumetti che a breve farà il
suo debutto: Vice-Versa.
Lo scritto
potrebbe inaugurare la serie “abbiamo aspettato 40 anni ora basta” (courtesy of Benito Mussolini, non dei
Disciplinatha) oppure la serie “qualcuno non dimentica di essersi rotto le
scatole e ‘siccome in televisione non si muore di silicosi come malattia
professionale i cercatori di talenti potrebbero anche cercarne di veri’”.
Sotto un profilo
di inquadramento dello scritto: il “ristorantello” è un’osteria non distante
dalla Stazione Centrale (ferroviaria) a Milano, la “pittoresca lavorante” pagata
per le sue apparizioni in TV è una pensionata imparentata con i titolari del
medesimo esercizio commerciale.
Le parole in
parentesi quadra sono una mia aggiunta chiarificatrice.
Ah, dimenticavo:
voi che siete abbonati a Sky e non pagate il canone RAI: davvero pensate che
nessuno incroci (o incrocerà mai), appunto, la vostra pay TV con i vostri
insoluti verso l’emittente di Stato (di cui magari fruite via internet)?
Illusi.
Steg
CANI E CANONE
Sono una
contribuente privata del mio diritto di scelta.
A cosa il mio
sudato contributo viene destinato? Scopro che la mia quota del canone RAI,
pagata malvolentieri, è impiegata per remunerare tale “pittoresca lavorante” di
noto ristorantello milanese, che nel [mio] lessico familiare è conosciuto come “cane
Mario”, nome dovuto al fatto che una sera una coppia di avventori aveva un
povero magro cane accucciato sotto il tavolo, e il cane si chiamava Mario.
Porco cane. Non
Mario, ovviamente.
La “pittoresca
lavorante” è ospite pagata a trasmissione sportiva “quelli che aspettano…”, mi
dicono. Pagata sempre [anche] con la mia quota del canone RAI.
Deduco quindi
che tutto il teatro di Shakespeare viene buttato nei cessi delle sedi RAI,
tutto il trasmissibile teatro gioioso di Moliere e tutta la perfezione classica
di Racine mi viene negato per poter remunerare la “pittoresca lavorante”. Io
contribuente senza diritto, ma con il dovere di pagare per un servizio pubblico
che non mi viene fornito, mi dovrei sorbire la “pittoresca lavorante” di “cane
Mario”.
Nei miei sogni,
vorrei che qualcuno mi spiegasse perché il servizio pubblico è così pubblico e
perché io che contribuisco non posso avere un servizio un poco meno pubblico,
ma più utile.
EKS
©
2013 EKS, Milano, Italia
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