“PERLE
MEDIATICHE”: PERCHÉ
Certo che a
nessuno interesserà, spiego la ragione di questa serie di post: “Perle mediatiche”, che ha una qualche presa fra i miei
lettori.
Ho avuto dei
grandissimi maestri: maestri (fra loro eterogenei in tutto) per cinque minuti in
uno scompartimento di treno o per un anno accademico, e per ogni variante
temporale e spaziale intermedia entro i due predetti estremi.
Fra loro molti
mi hanno insegnato in modo da potere, sapendo, poi semplificare.
Ma, appunto,
solo con conoscenze certe è possibile apprendere, capire, raccontare e/o
insegnare ad altri e – essendo in grado di farlo – andare per semplificazioni
in quel raccontare ed insegnare. Una semplificazione può favorire una
intuizione e quindi rendere un successivo approfondimento leggero ed
entusiasmante: anche se, evidentemente (a mio avviso), con l’aumento della
conoscenza di qualsiasi argomento si acquisiscono solo dubbi, non certezze.
Ogni frase
contenente un dato sbagliato è pertanto duplicemente dannosa ([1]).
Ed allora io
devo lottare contro chi crea quello sbaglio per superficialità, superficialità
che si manifesta ogni volta in cui il dato esatto esiste, basta cercarlo ([2]).
Steg
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pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore.
[1] Lo è
una terza volta quando chi la pronuncia si ammanta di autorevolezza.
[2] Mi
piacerebbe se queste righe le leggesse quella studentessa universitaria che, da
me esaminata (non ricordo con che esito) aveva con sé un volume di Valerio
Massimo Manfredi: un divulgatore, sì, ma preciso.
Il libro è a propos di Alessandro Magno e per lei
era una sorta di porto sicuro intellettuale.
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