GRACE
JONES
(il
post punk via Jamaica)
Anni di confusione,
certo.
Anche anni in
cui il danaro era più o meno contato perché eravamo giovani.
Anni in cui “le
radio” (cioè le ancora, anch’esse, giovani emittenti sulla FM) potevano informare
musicalmente ([1]).
Rammento che la
copia di Nightclubbing (nel 1981) mi
costò molto, ma non c’era scelta ([2]).
Mesi dopo,
comprai il precedente Warm Leatherette
(del 1980) a Londra.
Ecco, noi
andavamo avanti anche così: nel cross-over
dei formati in pollici (7 e 12) e delle versioni, in cui magari un dub mix era più ortodosso (sic!) di un Tom Moulton Mix, ancorati come ancora
eravamo a minutaggi minimi delle registrazioni quasi come garanzia della bontà
delle nostre scelte musicali.
Cosi quei due
album “di” Grace Jones si posero come fondamentali ([3]).
Allora si
inciampava sulle versioni originali, cosicché senza sue le interpretazioni,
quelle di una delle rare, vere, dive della musica contemporanea, si sarebbe
persa la matrice di The Normal per “Warm Leatherette” o si sarebbe posticipato
– a proprio scapito – un più attento ascolto di The Idiot di Iggy Pop.
Opinioni
puramente personali, come sempre: andate a scoprire un duo australiano dimenticato
quale è Flash and the Pan; e poi davvero preferite la versione di The Pretenders
di “Private Life”?
Per chi volesse
osare fuori da queste direttrici, consiglio di cercare anche le interpretazioni
(ambo nelle versioni da sette minuti abbondanti ciascuna) di “la Vie en rose” ([4]) e di
“Send In The Clowns” di Miiiss Graaace Jones ([5])!
Steg
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pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore.
[1]
Rimando al mio recente, nel 2012, post dedicato
a Leonardo “Leopardo” Re Cecconi: “LEONARDO “LEOPARDO” RE CECCONI (il Fangio dei D.J. radiofonici)”.
[2] Il
fatto che il New Musical Express lo
votò album dell’anno mi pare un buon indice della correttezza della mia scelta.
[3]
Rendendo perciò il doppio CD Private
Life: The Compass Point Sessions che li racchiude addirittura miliare.
[4] Anche
così si ricorda Edith Piaf.
Penso che Jean Cocteau non
mi biasimerebbe troppo.
[5] Che
mi fregio di aver ammirato in concerto verso le 03.00 del mattino, il 1°
gennaio 1988 al Roseland Ballroom di Manhattan.
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