LEONARDO
“LEOPARDO” RE CECCONI
(il
Fangio dei D.J. radiofonici)
Se come scrive
David Bowie il disc jockey è ciò che suona ([1]),
allora credo che non poca e sempre crescente sia la frustrazione nelle radio da
diversi (troppi) anni.
I D.J. ormai
sono diventati tutti (o quasi?) conduttori, e possono quindi ritrovare la loro
vera identità solamente se la loro professione la svolgono nei locali pubblici.
La figura del
disc jockey (letteralmente fantino del disco) ha avuto alti e bassi ([2]) e
probabilmente oggi ([3]) salvo
per coloro che davvero amano la musica (penso ai club tematici che poi
rischiano di ridursi a “recinti culturali”) in Italia essa non è molto
considerata; sarà mia opinione personale, ma Bob Sinclair o David Guetta non
possono essere paragonati a Carl Craig (tanto per fare il primo nome che mi
viene in mente).
Va un po’ meglio
all’estero, ed infatti le stelle dei piatti sono quasi sempre degli stranieri
(indipendentemente dalla loro qualità).
Bene, e allora?
Allora in Italia
la radio in FM (non è mai stata MF, anche se per esteso tutti parlavano di
modulazione di frequenza) dal 1975 è stata una rivoluzione culturale di non
poco conto: oso dire che prima di Internet essa ha sconvolto, in meglio, la
vita di molti, soprattutto di teen-ager
e giovani in genere.
Un’esplosione
sonora che comincia dal nord e che, a parte emittenti di cui nessuno ricorda mai
il nome ([4]), è
legata a Radio Milano International, con studi e uffici in Via Locatelli ([5]), in
poco tempo dotata anche di nickname: “Oneoone” dai 101 (circa) megahertz su cui trasmette(va).
La radio è fatta
dai suoi disc jockey, che fra gli scaffali dell’archivio cercano cosa “mettere
e passare” durante le loro trasmissioni e con il pacco di vinile sottobraccio –
quasi tutti 12” ,
ma anche qualche 7”
([6]) – vanno
in studio ([7]).
Non voglio farvi
una storia di Oneoone, bensì farvi capire come funzionavano le cose.
Fra le grandi
voci dei centouno, il gigante (dal 1977) fu sempre e solo una figura più
pallida di un coccodrillo albino newyorkese e magra quanto quei rettili
leggendari: Leonardo Re Cecconi, a tutti noto come Leopardo e che aveva come personal jingle ovviamente un ruggito. Senza
dimenticare il doppio fischio seguito da un “ragazzi!” che lo accompagnava nei suoi intercalare ([8]).
A parte il fatto
che lui era già incredibile quando trasmetteva il soul, fosse esso di plastica
(cioè la disco) o genuino, Leopardo faceva il crossover tentando di allargare i gusti degli ascoltatori.
Ecco che quindi che
riesce ad entrare in classifica d’ascolto ([9]) una
canzone come “Trans Europe Express” (“Europa” nella versione tedesca) dei Kraftwerk.
Nel 1979-80 fa
ben di più: il titolo della trasmissione, pomeridiana, non cambia, ma dentro si
permette di inserire “A Forest” di The Cure e anche i Joy Division e, non meno
significativo, “A Love Supreme” di John Coltrane.
Nei suoi racconti
per gli ascoltatori ci sono anche quelli su WBLS (“In a class by itself”, lo slogan) ovvero la stazione radio più nera
di New York City all’epoca.
Ecco con
Leopardo non si perdeva un minuto, perché tutta la sua trasmissione era uno
show.
D’accordo, ma
che c’entra Fangio?
Juan Manuel
Fangio è stato uno dei rari fuoriclasse dell’automobilismo sportivo ([10]) con
una peculiarità: era poco “fedele” alle case per cui correva.
Cosi anche
Leopardo a un certo punto lascia per la concorrenza e passa a Studio 105: come
dire Rivera che passa all’Inter …
Tornerà “a casa”
qualche anno dopo, ma ormai è incostante ([11]) e –
forse – anche noi non ascoltiamo più la radio come facevamo da ragazzi.
Del resto “le
radio” non sono più le stesse, come ho premesso: cominciano ad apparire strane
figure di “tecnici” e “responsabili della programmazione”: ovvero il D.J. non
va più in archivio a prendere i dischi (o i CD), il D.J. non mette più i dischi
sul piatto e i CD sul lettore, il D.J. non abbassa più la testina del braccio e
non schiaccia il bottone del laser; da qualche anno ce ne sono anche, di questi
che sono solo speaker (cioè
letteralmente “parlatori”) che dicono ciò che gli hanno scritto: che tristezza!
Leopardo muore
di cancro il 22 gennaio 2004, un po’ più che cinquantenne ([12]).
Più che la fine di uno stile, sembra la fine di un’epoca intera.
E del ruggente
ex studente alla Facoltà d’architettura, leggenda vuole scoperto da Cecchetto,
oggi rimane solo qualche “file audio” faticosamente rintracciabile in Internet e
delle foto. Un po’ poco, come se non si riuscisse a realizzare una bella
compilation, magari un doppio CD, dove far vivere le due sue anime ruggenti:
quella più popolare e quella dell’educatore alla buona musica, ovviamente
intervallando il tutto con la sua voce.
Steg
POST SCRIPTUM
Nel novembre 2013 ho trovato, non su You Tube, questa gemma audio: https://soundcloud.com/paoloonline/leopardo-21-11-1979-radio-milano-international . Qui si ruggisce davvero!
Steg
Tutti i diritti riservati/All rights
reserved. Nessuna parte – compreso il suo titolo –di questa opera e/o la medesima nella sua interezza può
essere riprodotta e/o archiviata (anche su sistemi elettronici) per scopi
privati e/o riprodotta e/o archiviata per il pubblico senza il preventivo
ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso scritto dell’autore.
[1] “I am a d.j./I am what I play” (David Bowie, “D.J.” contenuta
nell’album Lodger).
[2]
Considerate quanto è scritto nell’ottimo blog
bowiano Pushing Ahead of the Dame intorno a questa canzone e a questo
professionista: http://bowiesongs.wordpress.com/category/lodger-1979/.
[3] Per
lo ieri prossimo vi rimando al mio post “Out in Clubland Having Fun”.
[4] Un po’
come quei marchi che non superano l’ambito locale, appunto; ma non per questo
sono sinonimo di raffinatezza.
[5] Una
brevissima strada traversa di quella Via Vittor Pisani dove vengono girati
tanti filmati pubblicitari perché probabilmente è l’unica strada italiana a
sembrare … non italiana. Del resto amatori e detrattori dicevano che RMI era la
radio più americana d’Italia.
Oggi la sede è altrove, e
la radio ha anche cambiato nome.
[6] Ovviamente allora si
parlava di disco mix, LP e 45 giri.
[7] Grandi arrabbiature quando
qualcuno non ha rimesso a posto i dischi.
[8] Ad
esempio era uso dire “questi non portano
certo scarpette da ballo” (cito verbatim)
per annunciare i Van Halen (se ben ricordo).
[9] La
trasmissione del sabato diventava “Soul Train Disco Dance” da “Soul Train” che
era nei cinque giorni precedenti. Il titolo era un omaggio ad un classico del
Philly Sound.
[10]
Chiamiamolo Formula Uno per comodità, ma c’erano anche altre corse, come la
Carrera Panamericana o la sempiterna 500 miglia di Indianapolis.
[11]
Cosciente delle proprie capacità da tempo tende a preferire il “miglior
offerente”. È un dato di fatto: del resto la sua presenza è in grado di rendere
popolare anche una discoteca.
[12]
Verosimilmente la data di nascita corretta è 1 settembre 1953 (e non 1954 come
scritto in qualche suo profilo).
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