Con il mio amico
Dxxxxxx c’era una permeabilità sonica: lui, sebbene più giovane di me di
qualche pugno di mesi, aveva in casa dischi che io non avevo ([2]), ma
nel 1977 e nel 1978 ci si misurava sul presente e non sul passato.
Io e lui eravamo
di quelli che andavano a Radio Milano 4 con i dischi, noi i giovani, a
ingozzare le fauci di Sine Ulla
Intermissione.
Ognuno grato
delle scoperte dell’altro o, più semplicemente, delle altrui acquisizioni
perché tutto non potevamo comprare.
Certo che anche
io avevo letto di loro, ma – contrariamente a quanto da un ventennio millantano
le penne musicali – loro facevano paura, ed erano anche descritti da taluni
come una gimmickry di cattivo gusto
(per via del nome).
“Quella” sera
del 1978, in
Via Iommelli, ancora al piano rialzato, probabilmente attraverso una edizione
straniera, sono stato introdotto ai Suicide.
E quella stessa
sera tornai a casa con un nastro del loro primo, eponimo, album. Tardivo eppure
angolare come l’unico LP dei Sex Pistols, ma senza nemmeno il beneficio di
precedenti singoli che ebbe il quartetto londinese .
Ci si sfidava sull’ascolto integrale di “Frankie Teardrop” ([3]),
perché se non sei (eri?) giovane e fresco non
lo reggi di sicuro.
Ma io ho amato
al primo ascolto questo duo oscuro in quanto ero un Marvel reader: la saga si inaugura con “Ghost Rider” e sono io che
devo spiegare a Dxxxxxx chi è il motociclista fantasma.
Meno graditi
saranno i Suicide all’ortodossia del pubblico di The Clash: troppo punk per i
punk?
Poi tutto sarà
in discesa, oppure in salita, dipende.
La mia prima
copia di Suicide è in edizione canadese,
fu comprata (dopo cena) in Times Square da Colony; poi la ristampa USA con il flexidisc 10” abbinato; poi finalmente la
prima edizione statunitense; quindi il CD con i due album insieme ([4]),
etc. - molti etc.
Ogni tanto
apparivano “dei dischi”, anche se il terzo commercialmente disponibile in
realtà è in origine una MC7 (come il quarto): dopo Suicide II ([5]) infatti
c’è 1/2 Alive.
Con devozione
comprammo le successive prove soliste di Alan Vega e Martin Rev, concedendo al
primo delle escursioni in un più tradizionale rock ‘n’ roll e al secondo nel
suo amato jazz.
Il mio secondo loro concerto fu a Londra, ad aprire per Siouxsie and the Banshees il 15
dicembre 1988 alla Brixton Academy.
Poi, tante altre
cose di cui potete leggere, asetticamente, altrove.
Da queste parti
invece ci si muove come cheeta urbane,
sempre.
Chi non possiede
i primi due album dei Suicide è uno storpio per sua scelta: dunque nessuna
Cripple Nation membership ([6])).
A voi scegliere
formati e edizioni, se ci riuscite.
Il club dei
Suicide rimane per nostra fortuna ristretto.
Steg
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riprodotta e/o archiviata (anche su sistemi elettronici) per scopi privati e/o
riprodotta e/o archiviata per il pubblico senza il preventivo ottenimento, in
ciascun caso, dell’espresso consenso scritto dell’autore.
[1] Revega è il nome-crasi
dell’editore musicale di alcune opere dei Suicide.
[2]
Qualcuno mai lo avrei avuto, i gusti sono personali. Oggi custodisco taluni
suoi vinili (lui sa che sono in eccessivamente buone mani).
[3] Certo
ben più radicale di “96 Tears” di ? And The Mysterians.
[4] Per
anni mai si pensò a un possibile loro terzo disco di studio.
[5] In
realtà album privo di titolo, tuttora.
[6] A
buon intenditor …
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