STYLE WARS
(the right side of my blog series)
Essendo un sostenitore – per (mia) necessità – del “nulla si ottiene senza impegno”, escludo che lo stile lo si ottenga per caso.
Purtroppo molti pensano che sia possibile comperare lo stile, ed aggravano la situazione reputando il prezzo di un oggetto (essenzialmente capi di abbigliamento, ma non solo) il miglior modo per valutare lo stile ([1]).
Peggio del caso, direi, a meno di ammettere in qualche modo la propria incapacità di avere almeno gusto.
Un altro errore interessante e frequente, più grave forse per gli uomini ([2]), è quello di ritenere che chi produce un buon capo possa essere poi affidabile su tutto.
Così si acquistano senza scrupolo cravatte di una marca di camicie affidabile mentre sarebbero da scegliere le cravatte sin dall’acquisto e non solo al mattino.
Nemmeno sullo stesso tipo di capo ci si può sempre fidare: un modello può essere particolarmente ben riuscito, ma altri no: perché comperare i mocassini di chi produce ottime scarpe foderate e stringate? Né un buon fabbricante di modelli “brogue” diviene una garanzia anche per dei “boot” modello militare in quanto entrambe le calzature posseggono lacci.
La maggiore o minore penetrabilità fra gli stili (il punk fu l’apice delle interferenze) non toglie alla qualità di ciascuno di essi.
Quello mod e quello rocker sono entrambi stili.
Lo stile richiede tempo e lavoro. Naturalmente anche qualche imitazione è ammessa soprattutto per i giovani; però poi occorre camminare con le proprie gambe e capire cosa si sta comperando e come lo si abbinerà.
Altro nemico dello stile è l’eccesso di sicurezza in se stessi, spesso conseguente all’invecchiare.
In questo senso trovo che attualmente Lemmy Kilmister abbia più stile di Paul Weller (un pavone non è un dandy).
E` mia opinione, ben nota, che i manuali di stile servano a pochissimo, spesso sono da impiegare a contrario ([3]).
Anche perché chi ha stile ne è geloso, altrimenti è solamente un vanitoso.
Ci sono comunque libri interessanti che trattano di stili senza volerli insegnare, qualcuno è (o sarà) anche da me elencato.
Possono essere spunti, oppure semplicemente un piacere leggerli.
Ad esempio, quello che ho impiegato come titolo per queste righe è di Peter York, autorevole giornalista britannico.
Steg
© 2011 Steg, Milano, Italia.
Tutti i diritti riservati/All rights reserved. Nessuna parte – compreso il suo titolo – di questa opera e/o la medesima nella sua interezza può essere riprodotta e/o archiviata (anche su sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/o archiviata per il pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso scritto dell’autore.
[1] Che lo stile non sia sinonimo di eleganza è altra questione.
[2] Concordo con chi sostiene che l’eleganza è maschile, nel senso che non può essere femminile, dato anche l’assunto per cui si ritiene di norma la donna antitesi del dandy.
Il che non rende immune dal mio disprezzo una donna che compera stivali da motociclista realizzati da una maison di moda francese; né per contro esclude l’eleganza di certe mise – con pantaloni – di Marlene Dietrich o di qualche tailleur della giovane Lauren Bacall.
[3] Non è infrequente incontrare in questi libri perle come “lord” Brummell oppure come – la mia tolleranza appare di poco superiore per il fatto che anche in Francia sia termine, erroneo, invalso – l’espressione giacca da smoking per ciò che correttamente deve indicarsi come dinner jacket o tuxedo.