IL SUO NOME ERA TRAVEN, B. TRAVEN
(a
half sketch)
Credo sia dato
acquisito che io sono un lettore quasi esclusivamente di opere letterarie del
(e dal - in poi) ventesimo secolo (eccezione Salgari. Da leggere ho Il Conte
di Montecristo e il Don Quijote, ambo sugli scaffali. Fuoriclasse
Poe - tutto, dovrei -; Conrad molto; Stevenson abbastanza; e Melville “il
solito”: quindi torniamo a Tu sanguinosa infanzia di Michele Mari).
Ebbene, anni fa
incontrai uno di quei libri che compro siccome so che, nella migliore delle
ipotesi non mi ricorderò il loro titolo, nella peggiore e irreparabile sono
classificati dalla plebe come introvabili (si trova ancora agevolmente).
Il titolo e il
sottotitolo non menzionano Traven.
Se siete già
andati a compulsare Wikipedia, vi conviene interrompere la lettura: dovete
leggere il libro e poi decidere se comprare (che significa avere da qualche
parte da leggere) o meno Traven.
I libri di
Traven in traduzione fra l'altro sono degli oggetti gradevoli da tenere fra le
mani.
Dunque Vittorio
Giacomini si è imbarcato in una impresa disperata come certe tesi di laurea,
che vengono citate nelle più dotte bibliografie di altrettanto dotti e
completisti testi biografici (credetemi: non solo le migliori tesi di
letteratura non diventano libri per tutti. Ma lo divengono invece
certe tesi poveramente compilatorie e prive di spunti nuovi).
Giacomini quindi
offre al lettore
L’arte dell'inganno (
).
È un libro
avvincente, siccome mi sembra di ritrovarci “tutti” quelli che mezzo secolo fa
non interessavano molto, se non a Oreste del Buono e ai suoi sodali: per le
masse forse Traven fu letto da Hugo Pratt, per i solitari forse Traven fu letto
da (o anche da, quando erano amici lui e “Ugo”) Alberto Ongaro.
A voi.
Steg
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