"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



domenica 5 luglio 2020

IL PORTIERE DI NOTTE (Liliana Cavani, e ritorno)


IL PORTIERE DI NOTTE (Liliana Cavani, e ritorno)

Seconda edizione, 1974 -
collezione privata



Quando la mia famiglia era cliente del Ristorante Savini ([1]), il mio cameriere di riferimento era il Signor F. R.: se era lui ad assisterci nulla poteva andare fuori dalle regole ed era un piacere anche vederlo cambiare le tovaglie del tavolo vicino: la stessa modalità ritrovata anni dopo a New Orleans (anche) al bistrot di Brennan’s: Mr. B’s.
Il Signor F. R. era sempre perfettamente pettinato con i capelli corvini all’indietro, con la brillantina, impeccabile nella tenuta di lavoro, scarpe lucide come uno specchio. Rammento di averlo incrociato fuori orario, lui non mi vide, lì in Galleria, all’Ottagono: il suo cappotto aveva un taglio perfetto.  
Mi ha sempre ricordato il miglior Dirk Bogarde.
Ecco, quello che ho appena scritto – come avrebbe detto il Signor F. R. – “una piccola pausa” fra il titolo e la sostanza di questo scritto.

*      *     *

Leggendo le righe introduttive ([2]) e poi il testo pubblicati ([3]) della sceneggiatura de Il portiere di notte di Liliana Cavani ([4]) mi sono reso conto, anno 2020, che quel film ha subìto due travisanti ispirazioni, travisanti per chi, travisato, appunto, ha ascoltato quelle opere musicali apparentemente “ispirate”.
La ragione è semplice e da anteporre al resto. Chi conoscere Il conformista di Bernardo Bertolucci ([5]) ([6]), potrebbe ricordare l’inganno del kimono di seta con cui l’autista (interpretato da Pierre Clementi) attira il giovinetto.
Ebbene: (io,) l’ignaro ex studente di liceo scientifico (di un paio di anni più giovane di Enrico Ruggeri) nonché-e/o privo della sensibilità artistica di The Gags (o devo ritenerlo lo pseudonimo artistico di G.?) per anni (o decenni) non è stato indotto ad andare oltre il film di Liliana Cavani, si fidava, mentre un libro gli avrebbe aperto gli occhi.
Ipotizziamo che nemmeno Ruggeri e The Gags conoscessero quel libro.

La canzone omonima di Enrico Ruggeri ([7]) si risolve, infatti, in una pretesamente dotta lettura del film tramite la sola figura del co-protagonista (ma facendo il verso a “Les Amants d’un jour” ([8])), la cui chiave più leale è forse un ennesimo sforzo ruggeriano, pel vero ammirevole, di contrastare l’ancòra dominante cultura musicale sinistrese dell’Italia di Allora.

Per The Gags – cum The Huns -, il tema è più pregnante.
A parte una generale ispirazione “a Max e Lucia” (nessun ammiccamento manzoniano ([9])) nel campo di concentramento, la strizzata d’occhio del gruppo musicale milanese ad Adam And The Antz si risolve in vari indicatori specifici: la canzone “Maximilian Aldorfer” ([10]), mezza grafica prelevata dalle immagini cinematografiche a partire dalla copertina per l’antologia Criss-Cross (1979-1981) ([11]).
Gli è, però, che manca Vienna, manca il dopoguerra, è tutto decontestualizzato e ridotto a una matrice buona soprattutto per banalizzare – involontariamente – proprio The Gags.  

*      *     *
Oggi quindi rimane intatta l’opera cinematografica, così come quanto scrisse la regista a introduzione della sceneggiatura ([12]) pubblicata in volume.
La vittima, anziché il carnefice, che torna sul luogo del delitto”.
Ebbi l’impressione che [Primo] Levi potesse, o meglio, riuscisse, a parlare solo di un periodo della sua vita, come se fosse rimasto là, nonostante tutto”.
La vittima non vuole dimenticare, torna persino sul luogo del delitto; è come se non volesse più riemergere da un sottosuolo in cui è caduta e che la tiene ancora a sé. Il carnefice invece vuole uscire alla luce, darsi un contegno e cerca nella logica della guerra le sue ragioni e vuole chiudere per sempre la botola del sottosuolo dal quale è riemerso”.
I miei protagonisti svolsero i loro ruoli secondo legge fino al 1945; nel 1957, quando si ritrovano, i loro ruoli sono fuori legge. A questo punto la gente pensa che sono degli psicopatici; invece sono sempre gli stessi, non psicopatici ma tragici”. È tragedia vivere dei ruoli fuori dal momento storico che li ha generati e permessi”.
È orrendamente bella la divisa delle SS”. […] “Consci o inconsci erano legati e devoti ad Hitler da un culto omosessuale”. […] “Nel film la divisa delle SS è un feticcio sessuale”.
Se Mussolini faceva leva sul maschismo mediterraneo, sul gallismo italiano, Hitler fece leva sull’aspetto opposto, più congeniale alla cultura germanica; un aspetto oltretutto molto militare, uno spirito di corpo. È una devozione quella che ebbe Hitler più profonda, più estetizzante, meno campestre di quella toccata al duce” ([13]).
[Eccetera.]
Ho scelto Vienna, perché adoro Vienna” ([14]).

Carta dei cocktail, Loos, Vienna (seit 1908)
collezione privata


E rimane quel barattolo di vetro, infranto, svuotato da dita avide del suo contenuto (confettura?), intorno al minuto 101.


                                                                                                                      Steg


NOTA TECNICA: ho scritto in precedenza su taluni temi nelle seguenti sedi:
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[1] Usualmente nel terzo di quattro del primo box,  in senso orario.
[2] Di cui infra, qualche frammento.
[3] L. CAVANI, Il portiere di notte, Torino, Einaudi, 1974, almeno due edizioni. 
[5] Fra l’altro citato da Liliana Cavani nel documentario che accompagna almeno una versione DVD (Istituto Luce) del suo film de quo.
[7] Pubblicato ne Enrico VIII, del 1986.
[8] Portata la successo da Edith Piaf (testo Claude Delécluse e Michel Senli, musica Marguerite Monnot); ma cercate la versione dei Sex Gang Children.
[9] N.d.A.
[10] Nel film, Maximilian Theo Aldorfer, abbreviato in Max, è interpretato da Dirk Bogarde.
La canzone è datata 1982.
[11] Mi riferisco, innanzitutto, all’edizione in CD, solo promozionale con 24 registrazioni.
[12] Coautore ItaloMoscati.
[13] L. CAVANI, op. cit., pp. da VII a XIII.
[14] Idem, p. XIII.

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