IL
PORTIERE DI NOTTE (Liliana Cavani, e
ritorno)
Seconda edizione, 1974 - collezione privata |
Quando la mia famiglia era cliente del Ristorante Savini
([1]),
il mio cameriere di riferimento era il Signor F. R.: se era lui ad assisterci
nulla poteva andare fuori dalle regole ed era un piacere anche vederlo cambiare
le tovaglie del tavolo vicino: la stessa modalità ritrovata anni dopo a New
Orleans (anche) al bistrot di Brennan’s: Mr. B’s.
Il Signor F. R. era sempre perfettamente pettinato con i capelli corvini all’indietro,
con la brillantina, impeccabile nella tenuta di lavoro, scarpe lucide come uno
specchio. Rammento di averlo incrociato fuori orario, lui non mi vide, lì in
Galleria, all’Ottagono: il suo cappotto aveva un taglio perfetto.
Mi ha sempre ricordato il miglior Dirk Bogarde.
Ecco, quello che ho appena scritto – come avrebbe detto il Signor F. R. –
“una piccola pausa” fra il titolo e la sostanza di questo scritto.
* *
*
Leggendo le righe introduttive ([2]) e
poi il testo pubblicati ([3]) della
sceneggiatura de Il portiere di notte di Liliana Cavani ([4]) mi
sono reso conto, anno 2020, che quel film ha subìto due travisanti ispirazioni,
travisanti per chi, travisato, appunto, ha ascoltato quelle opere musicali apparentemente
“ispirate”.
La ragione è semplice e da anteporre al resto. Chi conoscere Il
conformista di Bernardo Bertolucci ([5]) ([6]),
potrebbe ricordare l’inganno del kimono di seta con cui l’autista (interpretato
da Pierre Clementi) attira il giovinetto.
Ebbene: (io,) l’ignaro ex studente di liceo scientifico (di un paio di anni
più giovane di Enrico Ruggeri) nonché-e/o privo della sensibilità artistica di
The Gags (o devo ritenerlo lo pseudonimo artistico di G.?) per anni (o decenni)
non è stato indotto ad andare oltre il film di Liliana Cavani, si fidava, mentre
un libro gli avrebbe aperto gli occhi.
Ipotizziamo che nemmeno Ruggeri e The Gags conoscessero quel libro.
La canzone omonima di Enrico Ruggeri ([7]) si
risolve, infatti, in una pretesamente dotta lettura del film tramite la sola
figura del co-protagonista (ma facendo il verso a “Les Amants d’un jour”
([8])), la
cui chiave più leale è forse un ennesimo sforzo ruggeriano, pel vero
ammirevole, di contrastare l’ancòra dominante cultura musicale sinistrese dell’Italia
di Allora.
Per The Gags – cum The Huns -, il tema è più pregnante.
A parte una generale ispirazione “a Max e Lucia” (nessun ammiccamento
manzoniano ([9])) nel campo di
concentramento, la strizzata d’occhio del gruppo musicale milanese ad Adam And
The Antz si risolve in vari indicatori specifici: la canzone “Maximilian
Aldorfer” ([10]), mezza grafica prelevata
dalle immagini cinematografiche a partire dalla copertina per l’antologia Criss-Cross
(1979-1981) ([11]).
Gli è, però, che manca Vienna, manca il dopoguerra, è tutto
decontestualizzato e ridotto a una matrice buona soprattutto per banalizzare – involontariamente – proprio The Gags.
* *
*
Oggi quindi rimane intatta l’opera cinematografica, così come quanto
scrisse la regista a introduzione della sceneggiatura ([12]) pubblicata
in volume.
“La vittima, anziché il carnefice, che torna sul luogo del delitto”.
“Ebbi l’impressione che [Primo] Levi potesse, o meglio,
riuscisse, a parlare solo di un periodo della sua vita, come se fosse rimasto
là, nonostante tutto”.
“La vittima non vuole dimenticare, torna persino sul luogo del
delitto; è come se non volesse più riemergere da un sottosuolo in cui è caduta
e che la tiene ancora a sé. Il carnefice invece vuole uscire alla luce, darsi
un contegno e cerca nella logica della guerra le sue ragioni e vuole chiudere
per sempre la botola del sottosuolo dal quale è riemerso”.
“I miei protagonisti svolsero i loro ruoli secondo legge fino al 1945;
nel 1957, quando si ritrovano, i loro ruoli sono fuori legge. A questo punto la
gente pensa che sono degli psicopatici; invece sono sempre gli stessi, non
psicopatici ma tragici”. È tragedia vivere dei ruoli fuori dal momento storico che
li ha generati e permessi”.
“È orrendamente bella la divisa delle SS”. […] “Consci o
inconsci erano legati e devoti ad Hitler da un culto omosessuale”. […] “Nel
film la divisa delle SS è un feticcio sessuale”.
“Se Mussolini faceva leva sul maschismo mediterraneo, sul gallismo
italiano, Hitler fece leva sull’aspetto opposto, più congeniale alla cultura
germanica; un aspetto oltretutto molto militare, uno spirito di corpo. È una
devozione quella che ebbe Hitler più profonda, più estetizzante, meno campestre
di quella toccata al duce” ([13]).
[Eccetera.]
“Ho scelto Vienna, perché adoro Vienna” ([14]).
Carta dei cocktail, Loos, Vienna (seit 1908) collezione privata |
E rimane quel barattolo di vetro, infranto, svuotato da dita avide del suo
contenuto (confettura?), intorno al minuto 101.
Steg
NOTA TECNICA: ho scritto in precedenza su taluni temi nelle
seguenti sedi:
Tutti questi post sono confermati.
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reserved. Nessuna parte – compreso il suo titolo – di questa opera e/o la medesima
nella sua interezza può essere riprodotta e/od archiviata (anche su sistemi
elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/od archiviata per il pubblico
senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso
scritto dell’autore/degli autori.
[1] Usualmente
nel terzo di quattro del primo box, in
senso orario.
[2] Di
cui infra, qualche frammento.
[3] L. CAVANI, Il portiere
di notte, Torino, Einaudi, 1974, almeno due edizioni.
[5] Fra l’altro
citato da Liliana Cavani nel documentario che accompagna almeno una versione
DVD (Istituto Luce) del suo film de quo.
[7] Pubblicato
ne Enrico VIII, del 1986.
[8]
Portata la successo da Edith Piaf (testo Claude Delécluse e Michel Senli, musica Marguerite Monnot); ma cercate la versione dei Sex
Gang Children.
[9]
N.d.A.
[10] Nel
film, Maximilian Theo Aldorfer,
abbreviato in Max, è interpretato da Dirk Bogarde.
La canzone è datata 1982.
[11] Mi
riferisco, innanzitutto, all’edizione in CD, solo promozionale con 24
registrazioni.
[12]
Coautore ItaloMoscati.
[13] L.
CAVANI, op. cit., pp. da VII a XIII.
[14] Idem,
p. XIII.
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