SVANITI
A MILANO – ovvero oltre la “Punta dell’Est”
(Steg about
Steg Series - 6)
Oltre la Punta dell’Est, fra miti e ricordi.
Il luogo, per qualche simil giovane sede di un pugno di
concerti ([1]),
è la parte che riassume il tutto, cioè la Punta dell’Est si risolve(va) in una
specie di centro di svago balneare con qualche campo di tennis anche, che si specchia appunto su quel bacino d’acqua
artificiale che è l’Idroscalo di Milano, dove dopo gli aerei sui pattini
presero a ruggire i motoscafi (tribune in cemento antistanti la PdE, remavano
fidanzati vis-a-vis con le fidanzate su barche a noleggio, i costumi da bagno
sfidavano “la buoncostume”, al dancing passò a cantare Fred Buscaglione.
Lo stradone (“stradun”) per andarci è quello della
canzone dove – fateci caso – le scarpe da ginnastica (solo Superga e blu)
diventano “scarp del tenis”: il barbone è nobilitato.
E dopo? Lo stradone si fa dritto e ([2])e
dopo l’altra curva per tutti gli anni sessanta si gioca a pallone, gli adulti.
Mio padre giocava portiere, ma non aveva un soprannome buffo. Quindi penso a
Luciano “il bughista” ([3]),
i due Fratelli Karamazov (Giancarlo e Walter), l’Achille Tosi con la sua
Giulietta verde inglese sempre impeccabile, il Tomas(sini), Oregon (in ragione
di una felpa con scritta), Iena, il Luis in bicicletta perché non poteva permettersi
un’auto, lo Herrera (vero cognome Ghibellini, al figlio avuto in tarda età
diede il nome di Guelfo), il Francone, il Lollo decano del folber e d’estate
spesso scalzo a calciare il cuoio cucito, … Con poi i giovani che portarono
anche la pallavolo.
Tutte le attrezzature erano fra l’approssimativo e l’artigianale.
Un pugno di quei giovani morì di fame e sete nel Sahara,
ne scrissero anche i giornali: dall’attesa del ritrovamento alla tragedia
formalizzata con i poveri resti ritrovati mesi dopo.
A Ferragosto si faceva un grande picnic, dove certo non
terminava nulla: dall’insalata di riso, ai salumi, alle birre, al vino nelle
bottiglie spesso senza etichetta (“dov’è il cavatappi?”) però di qualità (a noi
piccoli al più due sorsi di frizzante bianco. Non siamo morti).
Ma voglio chiudere con me: anni un 9-10, uno dei giovani
(mi spiace non ricordo il nome) chiede ai miei genitori se poteva portarmi a
fare un giro: zero casco entrambi, zero tutto. Sono seduto fra sellino e
serbatoio di una Laverda 750 a gas aperto in andata e in ritorno su quel
rettilineo che ancora mi pare infinito.
E voi?
Steg
PS: se “il bughista” da Gatttullo ([4])
avesse un conto aperto per le consumazioni non lo so. Avrei dovuto chiederlo al
mio “zio” ([5]) Cesare Massa che in quel
bar era di casa e – commerciante di preziosi – a fine di quel decennio girava
con una Jaguarmatic ([6]) nel
vano porta guanti della sua Porsche.
Ma qui sento già due retrogusti: Umberto Simonetta ([7]) e Beppe
Viola ([8]), ed
io resto al più mascotte veterana di tutti questi ormai Svaniti a Milano.
Steg
Tutti i diritti riservati/All rights
reserved. Nessuna parte – compreso il suo titolo – di questa opera e/o la medesima
nella sua interezza può essere riprodotta e/od archiviata (anche su sistemi
elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/od archiviata per il pubblico
senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso
scritto dell’autore/degli autori.
[1] Ricordo
anni fa un modesto concerto estivo “per numeri(ni)” di Paul Weller:
dimenticabile o da dimenticare in realtà.
[2] Senza scordare la povera studentessa bionda, un poco impacciata, Olga Julia Calzoni. Ma era il 1976.
[3] Da
boogie-woogie. Amava il ballo. La parola bughista la si rinviene anche in un
articolo di Giancarlo Fusco.
[4] Noto
bar/pasticceria milanese.
[5] Ma
poi lui e la sorella di mio padre non si sposarono.
[6]
Replica giocattolo di una pistola automatica. Ne avevo anche io una.
Nessun commento:
Posta un commento