"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



lunedì 12 agosto 2019

RUNAWAY (sparizione e invisibilità)


RUNAWAY
(sparizione e invisibilità)


Premessa.
Questo mio scritto, risalente al 1998-1999, ha due limiti, uno obiettivo e uno soggettivo: all’epoca non esistevano i cosiddetti “social” e, lo preciso, io non ero stato costretto a partecipare ad almeno uno di essi; il testo non è completo e, peggio ancora, ho due volumi sul tema che devo ancora leggere, uno è Filippo D’ARINO, Manuale di sparizione, Roma, Castelvecchi, 2006.
Comunque, siccome mi pare che (con gli aggiornamenti minimi apportati) esso non sia del tutto da buttare, lo pubblico.
Incidentalmente: il titolo è ispirato alla canzone più famosa interpretata da Del Shannon: https://www.youtube.com/watch?v=0S13mP_pfEc.



1. Chi vuole “sparire”.
Si decide di “sparire”: evidentemente non si regge più la vita di tutti i giorni e si vuole porre fine alla routine; si spera (o più spesso ci si illude), anche, che sia possibile cambiare la propria vita.
Sparire vuol dire quindi abbandonare i problemi sedimentatisi in anni e anni di vita nella prospettiva di riuscire ad evitare il riformarsi ([1]) dei problemi; vuol dire provare a rifarsi una vita ([2]) da qualche parte. Lontano perché i chilometri dovrebbero poter eliminare il rischio che i vecchi problemi ritornino.

Dal punto di vista socioeconomico, la voglia di sparire dovrebbe interessare maggiormente i ceti medi: persone che non hanno difficoltà economiche, e materiali in genere, tali da essere schiacciate giornalmente dall’esigenza di far fronte alle necessità di sostentamento, ma che non sono in grado di concedersi pause di relax idonee a combattere efficacemente il loro malessere, spesso frustrazione di non poter fare, appunto ciò che vorrebbero ([3]).
Escludendo dunque il sottoproletariato e persone, più o meno apprezzabili - come la abbientissima e sensibile (sic!) Carla Bruni che, se triste, il giovedì prende(va) il Concorde e trascorre(va) un fine settimana “di spese” a Manhattan -, le quali realisticamente non hanno problemi (di danaro e di tempo) a crearsi un temporaneo spaesamento terapeutico ([4]), la voglia di sparire dovrebbe riguardare prevalentemente la borghesia pensante.

Si potrebbe anche tentare una casistica professionale di chi vuole sparire. Prendendo a prestito il rimario argotique francofono, chi è esposto alla letale trimurti del “metro/boulot/dodo” (tutti con accento sulla “o” finale) ([5]) dovrebbe essere il soggetto ideale. Quindi ben pochi aspiranti sparenti fra i veterinari di campagna (e quando esistevano fra i medici condotti), i rappresentanti di commercio (che una volta a casa sono spariti) e molti che vorrebbero sparire fra casalinghe frustrate e pendolari poco socievoli del ceto alto impiegatizio.
Fra i liberi professionisti può scoccare la sindrome da eccesso di reperibilità a rendere desideroso di sparizione chi, altrimenti, dovrebbe essere per lo meno padrone di con chi trascorrere il proprio tempo (ma fattori esterni schiavizzano il professionista, frequentemente terrorizzato come il negoziante o l’oste dal fatto che gli vengano a mancare i clienti).

Esiste, poi, anche chi sparisce perché deve sparire: è il ricercato in forza di norme giuridiche di natura penale ([6]). Evidentemente costui ([7]) non solo ha un motivo per sparire, ma non ha nemmeno ragioni opposte che lo inducono a restare visibile.


2. Ma davvero ci sono tante persone che vogliono sparire?
Non sono in realtà molti quelli che vogliono sparire.

Osservate le allegre compagnie di pendolari (ancora loro) chiacchieroni sui treni, le letali doppie coppie in vacanza ([8]), le altrettanto onnipresenti tavolate che affollano ristoranti e pizzerie, gli aggrappati al proprio telefono cellulare (magari in compagnia al bar però con l’orror vacui perenne).
Vi renderete conto che, in verità, l’essere umano è manifestamente impreparato alla solitudine, è quasi letteralmente incapace di stare da solo per scelta (figuriamoci quando “ci si trova dentro”), ha paura del letto vuoto e delle lenzuola fredde, chiede conforto anche al dj che gli “parla” dalla autoradio.

Comunque si faccia l’ipotesi di un pensante essere umano, seguace del disusato detto “meglio soli che male accompagnati”, che, però, si sia trovato con il passare degli anni a dover scontare la presenza di un numero impressionante (nel senso che sono tanti da far impressione) di facce e voci non più sopportabili, ecco questo essere può arrivare a decidere di voler sparire.


3. Come sparire. Sparizione ed invisibilità.
Associo sparizione e invisibilità poiché i due concetti possono anche essere caratterizzati da identità di risultato; il secondo poi è uno stato che in termini burocratici risulta più facilmente raggiungibile, ma che praticamente richiede maggior impegno e forza di volontà.

In sostanza, cioè, si può evitare il mondo esterno pur non essendo spariti, ma comportandosi come se lo si fosse, divenendo invisibili.
Emblematici i casi di scrittori statunitensi come J. D. Salinger e T. Pinchon. Fra gli autori di libri ci sono anche i reclusi volontari, visibilissimi ma poco accessibili: Hunter S. Thompson era raggiungibile, ma non si poteva escludere che vi sparasse addosso perché non vi vuole vedere ([9]).
Invece, fra i personaggi noti recenti, effettivamente spariti, non posso non ricordare Richey James, mente letteraria dei Manic Street Preachers, band gallese ormai celebre anche fuori dai confini britannici: di lui non ci sono tracce, ma talvolta degli “avvistamenti” ([10]) dopo che egli svanì, senza lasciare alcuna traccia utile, il 2 febbraio del 1995.
Fra quelli di un quasi recente passato, paradigmatica è la sparizione del fisico atomico Maiorana ([11]).
Poiché la burocrazia è poco sensibile alle iperboli della fama, come si vedrà (ragionando a contrario) è più semplice raggiungere l’invisibilità piuttosto che lo stato di sparito effettivo. Su questo dato occorre meditare.

Vero è che l’invisibilità ha poco a che fare con il ceto medio reale (solo astrattamente capace di sparire; sarà forse ceto mediocre?), che ancora una volta non può permettersi (non è capace di permettersi?) l’isolamento territoriale, la spesa nel supermarket del paese a qualche chilometro di distanza da casa, l’assenza di vita sociale ([12]).

Come si fa ad essere un invisibile con coniuge e figli? Difficile, difficile ([13]).
Si può sparire in due? Sembra poco praticabile anche questo, a tacere del fatto che si può voler sparire non solo dalla società ma anche dalla famiglia, di origine ovvero costituita con matrimonio o convivenza.
In conclusione, la sparizione collettiva richiede un invidiabile affiatamento ([14]), tale da far dubitare che ci siano effettive necessità di sparizione poiché è probabile che, essendovi una concordanza in argomento, si stia già seguendo la strada della ridotta visibilità mediante l’abbassamento massimo del proprio profilo sociale e di relazione.


4. Qualche consiglio per essere poco visibili.
Viste le difficoltà, è forse preferibile andare per gradi, e cominciare cercando quindi di ridurre la propria esposizione al prossimo.
D’altra parte, chi scrive opta per la scelta della invisibilità ([15]).

Innanzitutto occorre sdoppiare la propria vita.
Minore è la identità fra frequentazioni lavorative e frequentazioni nel tempo libero, maggiore dovrebbe essere la capacità di rendersi invisibili a quella parte del mondo esterno che rende la vita sempre meno sopportabile.
Ciò, dunque, implica la capacità di evitare la pigrizia nello scegliere amici ed amori: tenete a bada la solitudine ed evitate cene aziendali, feste natalizie sul posto di lavoro, bar-b-q con il vostro direttore di filiale (mi rivolgo ai bancari e agli assicuratori). Evitate anche, se qualche volta proprio dovete fare un poco di pubbliche relazioni e quindi di frequentare colleghi in occasioni non dichiaratamente lavorative, di invaghirvi della/del collega, di innamorarvi del medico conosciuto al seminario a Capri ([16]); perché poi tutto ciò fa sì che voi siate “al lavoro” anche al cinema, al ristorante, in vacanza (il che vi rende più esposti alla necessità di diventare almeno invisibili).

Siate meno umani (cioè deboli) e meno opportunisti, insomma! Cercatevi amici inutili dal punto di vista lavorativo (e quindi veri) e innamoratevi o invaghitevi ([17]) di persone diverse da voi (altrimenti è solo “va’ dove ti conducono il tuo apparato genitale e il tuo terrore di morire solo/a”).

Casa vostra deve essere vostra. Riducete al minimo le possibilità di invasione, prima di tutto telefonica: se non siete degli schiavi del “devo richiamare”, la segreteria telefonica è un buon modo per essere meno visibili. Altrimenti abolitela e lasciate suonare il telefono quando siete in casa. Inutile mettervi in guardia sui danni derivanti dal telefono mobile, se non li capite forse avete sbagliato a leggere queste pagine.
Siate parchi anche con l’e-mail, di questi tempi!

Fate poche feste (è meglio se non ne fate) ([18]) a casa vostra. Andate fuori - nei locali pubblici preferibilmente - così potrete sempre avere sonno salutare tutti ([19]) e tornare invisibili.

Attenzione anche alle avventure galanti se esse si trasformano nell’occupazione poco a poco dei vostri spazi. Cambiare frequentazioni spesso continua, lo ho già scritto, a significare che non volete restare soli, salvo che siate dei playboy o delle playgirl di sicure capacità e resistenza.

In vacanza evitate accuratamente i connazionali, se incontrate qualcuno che conoscete mentite e dichiarate amicizie in luogo che, ahimè, non vi permettono di andare assieme in un ristorante (al vostro ritorno evitate anche di dare i nomi dei ristoranti che avete frequentato, pena il vicino o il collega che uccide lo spaesamento della vacanza).

Seguendo questi consigli la vita dovrebbe migliorare. Non sarà perfetta (ma neanche se sparirete lo potrà essere: “conoscenze invadenti in Australia” non è meglio di “conoscenze invadenti a Milano”) ma un po’ meglio sì ([20]).
Ancora un caveat: la ridotta visibilità non si alimenta da sola: è un delicato stato che si fatica a mantenere.


5. Istruzioni per gli aspiranti sparenti e futuri consolidati spariti.
a) Sparizione e luogo di residenza.
Se pensate di dover proprio sparire, perché nemmeno gli accorgimenti che vi ho indicato bastano, dovete prima di tutto considerare le persone che vi lasciate indietro.

Con spirito ineguagliabile, per esempio, gli istituti previdenziali dei liberi professionisti continuano a tampinare i congiunti superstiti con i versamenti dovuti all’istituto di turno. Caveat all’avvocato defunto: puoi morire, ma devi pagare la previdenza nel tuo anno di morte.

Chi sparisce, allora, dovrebbe preoccuparsi di ridurre al minimo, a meno di non voler rovinare economicamente quelli che si lascia indietro, le proprie pendenze. Ma naturalmente senza insospettire troppo chi resta.
Dunque occorre ricordarsi di chiudere la propria partita IVA, disdire le polizze assicurative e gli abbonamenti che si rinnovano automaticamente (certi canali televisivi tematici, per esempio), e così via.
Il conto corrente: qui cominciano i problemi veri. Perché dovete contemporaneamente non destare sospetti, prosciugando il conto, e costituirvi delle disponibilità economiche, spesso all’estero. Nel dubbio, in caso di conto cointestato, apritene uno presso una banca estera del paese dove intendete trasferirvi e operate piano piano su quello.


b) Sparizione e mantenimento della propria condizione.
Per uomini e donne il convento è forse l’ideale.
Per gli uomini ancora giovani, c’è altresì la Legione Straniera, come già scritto.
Entrambe le scelte però non sono a senso unico, richiedendo il consenso anche di chi concede detta invisibilità (l’ordine religioso o il corpo militare scelto).


                                                                                                                                                                                                                                                                                Steg



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[1] È chiaro che chi fallisce l’impresa si troverà i vecchi problemi, magari divenuti più grandi, e qualche altro grattacapo conseguente alla fallita sparizione volontaria.
[2] O a farsi meglio la vita che si sta conducendo.
[3] Esistono due orientamenti: chi ritiene di poter fare un lavoro che gli piace e chi, invece, reputa la dimensione lavorativa (cioè tesa alla remunerazione per il sostentamento, più o meno agiato) di per sé incompatibile con quella dell’ideale di vita.
[4] Ciò non significa, peraltro, che non siano comunque soggetti frustrati e propensi a stati di patologia esistenziale. Se vale il detto che il danaro non rende felici ma aiuta nell’infelicità, diffidate da chi dice “hai tutto come fai ad essere triste”: si tratta di persone invidiose ovvero insensibili (molto, molto raramente, è qualcuno che vi è amico o chi vi ama: allora vuol dire che voi siete troppo complicati e probabilmente dovreste cambiare vita).
[5] Contrazione della definizione della Internazionale Situazionista della dimensione esistenziale del proletariato: “metro/boulot/TV/dodo”.
[6] Si pensi al “fermo di indiziato di delitto” (articolo 384 cpp) ovvero alla cattura dell’evaso (chi evade commette un delitto aggiuntivo rispetto al reato per cui era detenuto).
[7] Per praticità scrivo al maschile, ma anche le signore possono voler sparire per motivi legati o meno alle leggi penali vigenti.
[8] Non saranno mica tutti sessualmente frustrati, e dunque terapeuticamente “scambisti”?
[9] Thompson potrebbe essere forse classificato fra gli intangibili, che nulla hanno a che fare con spariti ed invisibili. Enrico Cuccia è sempre stato visibile ma anche intangibile per il pubblico (non aveva nemmeno bisogno di scorta).
Fra gli ibridi possiamo ricordare il wunderkind della musica pop Phil Spector: recluso ma talvolta indotto a scendere fra i mortali; ora invece poco raggiungibile siccome detenuto per condanna (omicidio).
[10] Celebre quello a Goa e, nel 1998, quello in un’isola delle Canarie.
[11] Sparito nella seconda metà degli anni trenta del novecento, i libri su di lui sono molti, anche uno, romanzato, di Sciascia.
[12] Attingo dalla casistica di Salinger. H. S. Thompson frequentava poco, ma frequentava, persone.
[13] La famiglia Carretta, padre madre e due figli, scomparsa nel 1989 da Parma senza lasciare tracce sembrava esserci riuscita (sempre che si tratti di sparizione volontaria). Poi nel novembre 1998 viene ritrovato a Londra uno dei due figli, Ferdinando e tutto si riapre, egli fra l’altro dice di essere stato dimenticato o addirittura “mollato”; quindi si arriva alla sua confessione ed alla sua messa in stato d’accusa per omicidio plurimo, per cui non si può arrivare ad una conclusione su ragioni e modi di questa sparizione, ma forse varrebbe quanto osservato alla precedente nota 6 e testo ivi.
[14] Praticamente o oggettivamente impossibili poi sono per una coppia o un gruppo certe forme di sparizione concesse all’individuo: impossibile per definizione l’eremitaggio o il ritiro in convento, altamente improbabile anche il finire a fare il clochard (convento e clochard sono due delle ipotesi avanzate per il fisico Maiorana).
Analogamente è scelta tendenzialmente a senso unico anche quella della Legione Straniera: https://it.legion-recrute.com/mdl/info_seul.php?id=26&block=0&article_theme=1&titre=La-durata-del-Contratto.
[15] Anzi per quella spiccatamente a senso unico. Difficile da coltivare, ma talvolta riuscita.
[16] Non è ancora chiaro se siano peggio i matrimoni fra giornalisti, quelli fra avvocati o altro; sembra abbiano tenuta discreta quelli fra medici di settori totalmente diversi, dentista e pediatra per esempio
[17] Se c’è una certa incostanza negli affetti, forse non volete sparire, perché siete poco selettivi nello scegliere la compagnia, e condizionati dall’esigenza di essere accoppiati.
[18] Concettualmente la festa non ha molto senso per chi non ama il prossimo, ma mettiamo che dobbiate farne una o due nella vita. Per esempio, niente rinfresco pre/post nozze (altro argomento interessante).
[19] Evitando di lasciare aperto e a vostro carico il conto delle bevande oltre il limite del buon gusto.
[20] Talvolta è solo “meno peggio”, va bene anche quello.

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