QUANDO
I CRITICI GASTRONOMICI SI SENTONO UNICI, A TORTO
(Sniper series – 36)
Di ritorno da
una piacevole trasferta a Lyon, inciampo nell’articolo di Allan Bay a pagina
144 di Style Magazine (supplemento
del Corriere della Sera), numero 5 del maggio 2018, intitolato
“Mare caldo” in tema di ostriche.
Mi sono fatto
qualche risata, amara, pensando a chi crede a tutto ciò che legge in questi
deperibilissimi Baedeker utili per scaricare un po’ di pubblicità.
Allan Bay
dichiara 69 anni, 11 più di me.
Ebbene:
Simpson’s In The Strand (London), che ben conosco, dubito avesse un menù
bambini nel 1955. Non lo aveva nel 1984 quando ci andai per la prima volta, da
solo, ed erano già anni più flessibili (sebbene l’acqua minerale ancora non
fosse divenuta popolare e, mi pare, il locale fosse chiuso la domenica e forse
anche il sabato a pranzo).
Il critico parla
di “immancabile roastbeef”: credo che
ci sia qualche confusione. Da Simpson’s – che comunque nacque come club
scacchistico, e non come ristorante – di immancabile c’era e ci sarà ancora (io
non lo frequento più per un motivo personale) al lunch, ma non a cena, il “beef
trolley”: di regola dando una mancia al carver
si aveva diritto a un secondo giro.
Allan Bay quindi
si dichiara eroico (dopo essersi definito “giornalista
di razza”) perché essendo stato colpito da una “crisi da ostriche” le mangiò di nuovo e lo fa tuttora.
Io ho patito una
crisi analoga e ciò che più mi rammaricò fu aver sprecato un pranzo al Grand
Vefour parigino (aspetto Allan Bay in argomento); ma non solo ho continuato a
mangiare ostriche: ho anche scoperto (e patito) che analoghi problemi possono
capitare financo con mitili cotti (continuo a mangiarli dove li chiamano “moule”).
Su tema delle
ostriche cotte, poi, ricordo una buona zuppa di ostriche in un locale di Dublin
(Eire), quasi 20 anni fa.
Quindi anche su
questo punto Allan Bay non mi ha fatto scoprire nulla.
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Steg
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