NIK
COHN (non “Nick”)
(Sketches series - 27)
Sviste a parte,
nella mia biblioteca capita che di certi libri abbia due copie (della stessa
edizione). Per quanto riguarda Nik Cohn tutto si fa più complesso, ma per
quanto qui rileva ho due copie ciascuno del primo e del secondo libro forse
essenziali per chi ha una cultura incentrata sul rock ‘n’ roll e quindi sui
giovani. In realtà si tratta di un libro e mezzo, o di tre. Vedo di spiegarmi.
Al sodo: Arfur Teenage pinball queen è un
romanzo, seppur breve, pubblicato nel 1970 ([1]) che
in qualche modo fissa tutto e potrebbe essere (depurando il secondo da tutte le
parti, molte, esplicitamente erotiche e financo pornografiche) reputato anche
il predecessore di The Wild Boys di
William Burroughs (uscito nel 1971).
Il titolo dice
tutto: la giovane Arfur è una ragazzina fuoriclasse del flipper (“pinball”,
appunto).
Cohn,
giornalista musicale, in qualche modo con una strizzata d’occhio dice che è
lui, ed è vero, l’ispirazione di “Pinball Wizard” di Pete Townshend, contenuta
nell’album Tommy, o meglio nella sua
versione definitiva: del resto è proprio un personaggio di Arfur a dichiararsi il commissionatore dell’opera rock
townshendiana ([2]).
La non facile
reperibilità, per molti anni, di Arfur
o anche solo la non conoscenza della sua esistenza sposta l’attenzione sul
regesto (o antologia) che è Ball The Wall,
uscito direttamente come tascabile nel 1989 ([3]),
sottotitolato Nik Cohn in the Age of Rock,
che contiene sia parti del romanzo del 1970 sia del libro che segue.
Ma la verità è
che non “il” ma “uno” dei libri da comodino di più di una voce autorevole – ad
esempio di Richey Edwards, l’autore di testi più apprezzato dei Manic Street
Preachers – è Awopbopaloobop Alopbamboom:
the Golden Age of Rock del 1970 che è, peraltro, l’edizione britannica di Rock from the Beginning dell’anno
precedente.
Il risultato è
che l’edizione probabilmente più affidabile (sebbene priva di fotografie) è
quella pubblicata nel da Da Capo Press ([4]) con
il titolo dell’edizione inglese e una nuova prefazione dell’autore.
Il volume
consiste in una raccolta di articoli di Cohn che tracciano il ritratto di
alcuni artisti o generi; per tutti valga lo scritto: “England After The
Beatles: Mod”.
L’autore
londinese (classe 1946), cresciuto però nell’Irlanda del nord, non si ferma qui
(oltre ad aver esordito come autore letterario nel 1967 con un altro romanzo,
il cui protagonista è anche menzionato in Arfur:
si tratta di I am Still the Greatest Says
Johnny Angelo).
Almeno altre tre
sue opere sono da citare.
Innanzitutto la,
all’epoca negletta (ricordo copie invendute in un negozio di King’s Road nel
1977-1978), opera visuale di Guy Peellaert Rock
Dreams (1973), per la quale Cohn curò i testi.
Probabilmente
molti conoscono alcune delle immagini dell’artista belga, senza sapere chi egli
fosse e che a lui si devono le copertine, fra l’altro, di un album di David
Bowie (Diamond Dogs), di uno dei
Rolling Stones (It’s Only Rock ‘n Roll)
e di uno di Etienne Daho (Pour nos vies
martiennes).
Una ristampa per
i tipi di Taschen nel 2003 gli ha reso in parte giustizia.
A seguire,
piaccia o meno, senza di lui non sarebbe esistito il film Saturday Nigh Fever.
Tutto, infatti,
trae origine da un suo lungo articolo pubblicato sulla rivista New York nel numero del 7 giugno 1976 ([5]).
Infine – in
ordine cronologico – forse per mio gusto personale, occorre non trascurare The Heart Of The World (1992), libro dedicato
alla arteria stradale non più famosa, ma certamente più significativa sotto un
profilo artistico di Manhattan: Broadway (e aree limitrofe). A quanto mi
risulta, è l’unica opera dell’autore tradotta in Italiano: Broadway – Storie dal cuore del mondo ([6]).
Tendo ad
associarla ad altro pregevole lavoro di ricerca, questa volta a spettro
geografico leggermente più ampio (sebbene il respiro dei due testi non sia
molto differente), di Jerome Charyn: Metropolis: New York as Myth,
Marketplace and Magical Land del 1986 ([7]) dedicato
alla “griglia” manhattanita ([8]).
Cohn ha scritto
poi anche altro e, secondo un articolo del 2 dicembre 2011 di Mark Rozzo
pubblicato dal New York Times, starebbe
(stava?) lavorando a un’opera narrativa che potrebbe arrivare a 5.000 pagine
provvisoriamente intitolata Dirty
Pictures.
Chissà.
NOTA
REDAZIONALE
Con modifiche
minime (note aggiunte e correzione di qualche errore tipografico), il post riproduce quello commissionatomi da
Magazzini Inesistenti (http://www.magazzininesistenti.it/) di cui ignoro la
sorte.
Steg
Dedica su pagina di guardia ai genitori
in copia della prima edizione de I am Still the Greatest Says Johnny Angelo
(sottostante occhieggia Arfur)
Tutti i diritti riservati/All rights
reserved. Nessuna parte – compreso il suo titolo – di questa opera e/o la
medesima nella sua interezza può essere riprodotta e/od archiviata (anche su
sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/od archiviata per il
pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso
consenso scritto dell’autore/degli autori.
[1]
London, Weidenfeld and Nicolson.
[2] Pp.
145-146.
[3]
London, Picador.
[4] New
York, 1996.
[5]
Reperibile qui al momento in cui carico il post:
http://nymag.com/nightlife/features/45933/
[6]
Torino, Einaudi, 1993.
[7]
Esiste più di una traduzione italiana, tutte con Metropolis come prima parola nel titolo, a partire da quella delle
Edizioni e/o.
[8] Charyn qualche anno fa ha
peraltro dedicato anche lui un libro alla Broadway.
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