"Champagne for my real friends. Real pain for my sham friends" (used as early as 1860 in the book The Perfect Gentleman. Famously used by painter Francis Bacon)



venerdì 4 luglio 2025

I GIURISTI (DI MILANO) - E I MECCANICI DEL DIRITTO (Steg about Steg Series – 10)

 

I GIURISTI (DI MILANO) - E I MECCANICI DEL DIRITTO

(Steg about Steg Series – 10)

 

 

Prologo

Palazzo di Giustizia, Milano, Corso di Porta Vittoria.

Interno.
Anonimo, spaesato: “Scusate, sto cercando xyz, voi siete pratici?”.
Professor Pier Giusto Jaeger, accompagnato: “No, mi dispiace, noi siamo essenzialmente dei teorici”.
Questo aneddoto, vecchio di decine di anni, sintetizza non solo la distanza fra il cittadino che rischia di essere stritolato dagli ingranaggi kafkiani di un luogo buzzatiano (un babau vero e proprio), ma anche quella frattura che negli anni andò a crearsi fra Giuristi e semplici meccanici del diritto.

 

 

 

 

Non è tanto che le cose si dimenticano, è che chi le conosce prima o poi muore.

E siccome due aneddoti divertenti qui li troverete, meglio che ve li racconti.
A costo di essere troppo autobiografico.

 

Qualche volta, come vedrete, sono solo passato al momento giusto, ma se non si passa di lì non si valuta il momento.

 

Sono arrivato alla mia pratica forense dopo la laurea in modo assolutamente indolore: lo studio del padre del mio correlatore di laurea (ora professore Ordinario) cercava, appunto, un praticante.

Lezione uno: non si chiude mai una lettera con “distinti saluti”. Vi sembra poco? Dipende: io stavo iscrivendomi all’Albo, necessitavo una lettera e quindi - con un poco di lungimiranza - quella lettera formalizzò una sostanza che sarebbe arrivata qualche settimana dopo. La lettera chiudeva con “i migliori saluti”.
Lezione due (ma oltre un anno prima): telefono nel primo pomeriggio per parlare con il mio correlatore. Mi risponde suo padre, con molta cordialità mi dice: “sa a quest’ora ci sono solo io, faccio anche da segretaria”. Ovvero: l’umiltà ce la si può permettere quando non è un obbligo, bensì la coscienza di ciò che accade.
Lezione tre: conoscente di mio padre, gli chiede “cosa faccio” io dopo la laurea; mio padre gli dice che sono praticante nello studio xyz: il conoscente retoricamente gli chiede se mi ha fatto entrare lui: mio padre risponde negativamente. Lo studio è uno dei più prestigiosi di Milano nel diritto societario, ma io semplicemente per argomento di tesi ero arrivato lì (e anche divenuto assistente nell’Istituto, sotto la cattedra del mio relatore di tesi).
Lezione quattro: si passa alla lezione sei: la lealtà è merce rara fra persone piccine, è regola di vita fra persone che si rispettano: ovvero come “Stefano” fu elemento di miglior trattativa per il “good-bye fee” di suo padre.
Lezione quattro: “qui ti butti in acqua, se sai nuotare bene, altrimenti anneghi”.
Lezione cinque: “se tieni il muso per più di cinque minuti non hai molto da fare”. Il muso di solito lo tengono le segretarie che magari vincono, ma vincendo uccidono il loro posto di lavoro.

 

Ho cominciato a lavorare quando solo negli studi dei penalisti e negli studi dei civilisti di prestigio si lavorava anche il sabato mattina.

D’altronde, dopo la prima settimana di lavoro anche io uscivo passate le 19.30, sempre.

 

Una mattina, il dominus dello studio, per strada, mi raccontò - non so perché - de les Encroyables e del loro nastrino rosso al collo (in verità il nastrino era appannaggio delle Merveilleuses).
Mi aveva già detto che a me la professione di avvocato evidentemente “faceva schifo”.
Mi aveva anche detto che io ero “affidabile”, e che nella vita pochi sono affidabili (gli ho sentito dire più di una volta: “zzz è inaffidabile”, un marchio a fuoco).
Ricordo, anche, che un giorno - a fronte dell’ennesima messe di atti e contratti e lettere da correggere scaraventata o quasi sulla sua scrivania, tanto “il Professore dorme poco” - egli disse: “ma se io muoio stanotte, voi come fate?”.
Il Professore (così lo chiamavamo, anche se lui premetteva il titolo di avvocato nei rapporti formali) dava del lei solo alla collaboratrice donna, e alle segretarie (lezione non troppo piccola: chi passa al “tu” con le segretarie, non finisce bene).

 

Salto nel tempo.

Quello che doveva essere non era stato, e anche se con reciproca correttezza ...
Prima intervista in un altro studio legale: diciamo che “passavo dal Col Moschin ai Marines”, se ce la avessi fatta. Domanda di chi mi intervistava: “ha visto il nostro annuncio sul Corriere della Sera?”. Mia risposta: “no, ho esaminato gli studi legali di Milano presenti sul Martindale’”. Assunto, ma ... Beh diciamo che si erano affezionati a me nel Col Moschin, il passaggio richiese qualche mese.

 

Nuovo studio, trovo due veri signori, anzi due gentiluomini dandy.

 

 

 

 

Nota tecnica: questo post fu scritto tre anni fa.


In memoriam di (in ordine di apparizione nella mia vita): Professor Pier Giusto Jaeger; Avvocato Professor Mario Casella; Avvocato Aldo Maugeri, Avvocato Giuseppe “Pipetto” Ansaldo; Avvocato Michele Capodanno.

 

 

                                                                                                                      Steg

 

 

 

© 2025 Steg E HTTP://STEG-SPEAKERSCORNER.BLOGSPOT.COM/, Milano, Italia.

Tutti i diritti riservati/All rights reserved. Nessuna parte – compreso il suo titolo – di questa opera e/o la medesima nella sua interezza può essere riprodotta e/od archiviata (anche su sistemi elettronici) per scopi privati e/o riprodotta e/od archiviata per il pubblico senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso scritto dell’autore/degli autori.

 

 


Nessun commento:

Posta un commento